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venerdì 31 maggio 2019

Accordo tra ministero e avvocati, la sospensione della prof Dall'Aria sarà annullata

Accordo tra ministero e avvocati, la sospensione della prof Dall'Aria sarà annullata

Palermo Today
"Abbiamo individuato una soluzione percorribile giuridicamente e che eviterà il ricorso al Tribunale del Lavoro". 

A parlare i legali della docente del Vittorio Emanuele III che presto potrà dimenticare questo capitolo della sua carriera professionale.

Presto la sospensione della prof Rosa Maria Dall’Aria potrà diventare solo un brutto ricordo che non lascerà alcuna "macchia" sulla sua carriera. I dirigenti del ministero dell’Istruzione e i legali della docente del Vittorio Emanuele III avrebbero individuato una "via d’uscita": un documento da firmare presso l'Ufficio provinciale del lavoro che dichiari illegittimo il provvedimento e che ne annulli tutte le conseguenze.

La professoressa Dall’Aria era stata sospesa su decisione del provveditorato che le ha contestato l’omesso controllo su un lavoro di gruppo eseguito dai suoi studenti, che avevano realizzato un’analisi confrontando le leggi razziali del fascismo e il Decreto sicurezza dell’attuale governo. L’episodio ha sollevato un polverone che in poco tempo è rimbalzato in tutta Italia.

L’insegnante, ormai tornata dopo la pausa forzata durata due settimane, ha incontrato il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e il ministro dell’Interno Matteo Salvini che, a margine della commemorazione per la strage di Capaci, l'hanno rassicurata sul futuro della vicenda. “Si sta lavorando tecnicamente - ha detto il titolare del Viminale - come è il mio compito, perché tutto torni a posto".

"Abbiamo individuato una soluzione percorribile giuridicamente e che eviterà il ricorso al Tribunale del Lavoro. Bisogna ancora definire i dettagli del verbale - spiega all'agenzia Dire Alessandro Luna, legale dell'insegnante - che sarà firmato da entrambe le parti e individuare la figura più adatta alla sottoscrizione, ma si tratterà di un atto formale che dovrà dichiarare illegittima la sospensione e che annullerà le conseguenze della stessa".



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Algeria. Morto in carcere attivista per i diritti umani Kamel Eddine Fekhar dopo 3 mesi di sciopero della fame.

askanews.it
L'attivista algerino per i diritti umani, Kamel Eddine Fekhar, 54 anni, è morto ieri dopo circa tre mesi di detenzione e quasi due mesi di sciopero della fame. 

Il decesso è stato annunciato su Facebook dal suo avvocato, Salah Dabouz, precisando che è avvenuto nell'ospedale di Blida, circa 40 chilometri a Sud di Algeri, dove era stato "trasferito con urgenza a seguito di un peggioramento delle sue condizioni di salute".

Il legale ha accusato le autorità giudiziarie di Ghardaia, circa 480 chilometri a Sud di Algeri, per "questa morte programmata": "Avevo lanciato l'allarme, per tre settimane Kamel Eddine è stato detenuto in condizioni disumane nell'ospedale carcerario di Ghardaia, non è stato fatto nulla".

Come ricorda il quotidiano algerino El Watan, l'attivista era stato arrestato il 31 marzo con l'accusa di "attentato alle istituzioni", a seguito di un'intervista diffusa su Facebook, e aveva deciso di fare lo sciopero della fame per denunciare la sua detenzione "ingiusta". 

"Un omicidio! Un abietto omicidio politico", hanno denunciato cittadini e attivisti politici e per diritti umani, secondo El Watan, che parla di "persecuzione giudiziaria contro un uomo che esprimeva le sue idee pacificamente".

giovedì 30 maggio 2019

Nave militare italiana soccorre gommone in difficoltà con 90 migranti. A bordo una bambina è morta

La Repubblica
L'ennesima tragedia nelle acque a largo della Libia. Appello per i soccorsi raccolto dal pattugliatore Cigala Fulgosi.



Il pattugliatore 'Cigala Fulgosi' della Marina Militare è intervenuta in soccorso dei migranti a bordo del gommone che da ieri si trova in difficoltà al largo della Libia.
Il recupero dei circa novanta a bordo è in corso.
L'intervento, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, è stato deciso perché le condizioni meteo sono in peggioramento, l'imbarcazione si trova senza motore e in precarie condizioni di galleggiamento. Al momento non ci sono conferme di eventuali vittime a bordo.

In precedenza, lanciando e rinnovando la richiesta di soccorso alla Marina militare italiana, le Ong avevano affermato che a bordo del gommone sarebbe morta una bambina di 5 anni. Nelle ore precedenti l'intervento del pattugliatore 'Cigala Fulgosi', le Ong avevano denunciato come, pur essendo la nave nelle vicinanze, nessuno fosse ancora intervenuto in soccorso del gommone. Una denuncia che faceva seguito a quella, documentata da un video, secondo cui il 23 maggio un migrante era annegato senza che una nave italiana in navigazione a poche miglia di distanza intervenisse.

USA - Arizona - Il volontario Scott Warren: quando la solidarietà diventa un reato. Rischia 20 anni di carcere.

Today
Diverse e allo stesso tempo incredibilmente simili le vicende di Cédric Herrou, l'agricoltore simbolo dell'aiuto concreto ai migranti in Europa, e Scott Warren, un volontario che in Arizona sarà processato per traffico di esseri umani


Se leggi le storie di Scott Warren e Cédric Herrou capisci subito che a volte la solidarietà è un reato. Come raccontato su Today: "Il primo, volontario di Ajo, in Arizona, sarà processato per traffico di esseri umani: è stato persino arrestato per aver dato "acqua, cibo, vestiti puliti ed un letto" ai migranti entrati dal deserto di Sonora. A raccontarlo è lo stesso Scott Warren, spiegando che "questa settimana sarò processato" e che se condannato "potrei essere condannato fino a 20 anni di carcere".


In un lungo reportage sul 'Washington Post', Warren racconta che "residenti e volontari organizzano delle spedizioni per offrire assistenza umanitaria, e lasciare contenitori di acqua, cibo in scatola, calzini ed articoli di pronto soccorso" lungo il percorso dei migranti nel deserto dove le temperature di giorno superano i 48 gradi e precipitano di notte. "Lungo quello che ormai è noto come il corridoio di Ajo, decine di corpi vengono trovati ogni anno, e si ritiene che siano molti di più quelli che non vengono scoperti".

Per decenni, aggiunge il volontario, c'è stata una pacifica coesistenza se non una collaborazione con il Border Patrol e ricorda che un giorno un agente gli disse: "Sono felice che siate qui oggi, la gente ha bisogno di acqua". Con il cambio di amministrazione a Washington la situazione è cambiata: "Sono stati negati i permessi per entrare nel Cabeza Prieta National Wildlife Refuge, distrutte le riserve d'acqua lasciate nel deserto e hanno cominciato a perseguire i volontari". Diversi membri della Ong No More Deaths in passato hanno rischiato condanne e multe fino a 10mila dollari, ma ora il caso di Warren rappresenta un salto di qualità dal momento che il volontario è stato incriminato per traffico di esseri umani e questo: potrebbe segnare "un pericoloso precedente", ammette lui stesso.

La solidarietà non è "un'invenzione recente" nella zona. E' storia. "Ad Ajo la mia comunità offre cibo ed acqua a chi attraversava il deserto da decenni, da generazioni - conclude - qualsiasi cosa succederà nel mio processo, il giorno dopo qualcuno si troverà a camminare nel deserto e busserà ad una delle nostre porte per rispondere ai bisogni del viaggiatore. Se avrà sete gli daremo da bere e non gli chiederemo i documenti. Il governo non dovrebbe criminalizzare questo comportamento".

mercoledì 29 maggio 2019

Guerra in Libia che sta diventando la nuova Siria, più vittime e più sfollati. Haftar in rotta con l'Onu.

Il Manifesto
Conflitto senza soluzioni a breve termine. Si combatte sempre più intensamente a Tripoli. E l'Unhcr allestisce grandi campi profughi oltre il confine tunisino. 


Il generale della Cirenaica accusa l'inviato speciale Salamé di imparzialità e rilancia le voci sulla presenza di miliziani Isis provenienti dalla Siria nelle file di Serraj. "Sta iniziando sulla costa Sud del Mediterraneo una lunga e sanguinosa guerra". 

Pur premettendo di "non essere Cassandra", l'inviato speciale Onu Ghassam Salamè aveva lanciato l'avvertimento una settimana fa. È stato facile profeta, in Libia le speranze di arrivare in tempi brevi ad un cessate il fuoco e a un ritorno al dialogo si fanno sempre più fioche.

I combattimenti nelle ultime ore si stanno di nuovo avvicinando al centro della città e le vittime civili negli ultimi giorni sono raddoppiate, mentre l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha appena finito di approntare enormi campi profughi - da 25 mila persone di capienza - al di là della frontiera tunisina per ospitare i libici in fuga dalla guerra, che evidentemente anche l'Unhcr non prevede risolta a breve. 

L'autoproclamato Esercito nazionale libico del generale Haftar che dal 4 aprile ha lanciato l'offensiva per "liberare la capitale dalle milizie e dai terroristi che combattono tra le loro fila" ora sta avanzando lungo la strada del vecchio aeroporto, chiuso dal 2014, a Salah al Din, dove sta ingaggiando una violenta battaglia a base di missili Grad a pochi di chilometri in linea d'aria dalla centralissima piazza dei Martiri. Le milizie a libro paga del premier Serraj per contrastare l'avanzata hanno richiamato rinforzi dalla città di Misurata, che già fornisce il grosso delle forze di difesa di Tripoli. Oltre all'aviazione, che nel fine settimana ha concentrato i raid sulla zona di Qasr bin Ghashir, dove dovrebbe essere l'acquartieramento delle truppe della Cirenaica.

La luce elettrica e i collegamenti internet sono stati ripristinati solo ieri in tutto il quadrante meridionale della periferia cittadina, dopo un'interruzione di giorni a causa dei danneggiamenti. E due ospedali nell'area più calda sono finiti sotto tiro. L'Organizzazione mondiale della Sanità che soltanto lunedì scorso contava ancora solo una ventina di vittime civili, ha aggiornato il bilancio, raddoppiandolo, mentre i combattenti morti sono ora 562, i feriti 2.855 (106 i feriti civili) e gli sfollati oltre 82 mila. Haftar al quotidiano francese Le Journal du Dimanche ha ribadito che non intende fermare le operazioni militari per un cessate-il-fuoco né tanto meno ritirarsi. E ha anche accusato l'inviato Onu Salamé di "imparzialità". Ciò che probabilmente lo ha infastidito di recente è stata la richiesta di Salamé al Consiglio di sicurezza di istituire una commissione d'inchiesta sulle forniture estere di armi che continuano ad affluire in Libia, su entrambi i fronti, in violazione dell'embargo Onu.

A completare il quadro che sempre più fa somigliare la Libia a una nuova Siria, distante però solo poche decine di miglia marittime dalle coste meridionali italiane, c'è poi l'annuncio dell'arrivo in massa di combattenti qaedisti in fuga proprio dalla Siria. 

Giorni fa un membro libico della missione Unsmil dell'Onu, Medhi al Mijrabi, in una lettera al ministro degli Esteri di Tripoli, Mohamed Taher Siala, ha rivelato come lo stesso Salamé in una comunicazione riservata al Consiglio di sicurezza avesse accreditato l'ingaggio di combattenti provenienti da Idlib tra le milizie a difesa del governo Serraj. L'Unsmil ha poi smentito via Twitter la rivelazione. Ma ieri il comando di Haftar ha ribadito e precisato l'informazione: "Da alcuni giorni la brigata Abu Obeida dello Stato islamico è arrivata nella città di Zawiya". Sarebbe guidata da un marocchino, Shaban Hadia, chiamato Abu Obeida, che in passato ha fatto parte anche del Fronte al Nusra. I jihadisti sarebbero arrivati in Libia tramite la Turchia, alleata di Serraj.

di Rachele Gonnelli

Fratellanza tra credenti al servizio degli immigrati in carcere. Presentazione del libro "Liberi dentro" nella Moschea della Magliana a Roma

Blog Diritti Umani - Human Rights
La collaborazione e l'amicizia tra cristiani e musulmani trova un suo frutto nella vicinanza a chi è più povero ed in difficoltà.

Da molti anni all'interno delle carceri il sostegno e l'aiuto agli immigrati privati della libertà che professano la fede musulmana è svolto da rappresentanti di fede islamica sostenuti da volontari della Comunità di Sant'Egidio e del Movimento Genti di Pace.

Uno dei risultati è la realizzazione, in collaborazione, dal 1998 della festa dell'Aid al Fitr, per la fine del mese santo di digiuno del Ramadan all'interno di alcune carceri del Lazio.

Tratti di questa realtà la troviamo raccontata nel libro di recente pubblicazione: "Liberi dentro - cambiare è possibile anche in carcere" di Ezio Savasta - Infinito Edizioni

La presentazione del libro all'interno della Moschea della Magliana, con l'Imam Sami Mohamed Salem Ali, e il regista  e scrittore Gualtiero Peirce, che si svolgerà venerdì il 31 maggio, è un nuovo passo che vuole costruire questa amicizia, nell'attuale clima sociale.


Scheda del libro >>>


martedì 28 maggio 2019

Sull’Iraq ritorna lo spettro di Camp Bucca. Migliaia di foreign fighters nelle carceri che sono centri di radicalizzazione

Il Manifesto
Stato islamico e foreign fighters. Migliaia di miliziani iracheni e stranieri nelle prigioni di Stato e dei servizi segreti. Che ora rischiano di diventare i nuovi centri della radicalizzazione. 20mila i foreign fighters, 8mila già condannati a morte o all’ergastolo.L’allarme delle ong: processi farsa e torture


Sono trascorsi cinque anni da quando lo Stato islamico prese Mosul, in Iraq, e Abu Bakr al Baghdadi annunciò la nascita del “califfato”. Cinque anni in cui milioni di iracheni sono finiti a vivere sotto il controllo amministrativo e militare di Daesh, intere città sono state rase al suolo e le istituzioni irachene hanno mostrato una volta di più di non essere in grado di garantire sicurezza e stabilità a un paese già collassato.

Nel dicembre 2017 l’allora premier iracheno Al-Abadi annunciava con malcelata soddisfazione la sconfitta dello Stato islamico, ma da allora con cadenza regolare cellule di Daesh fanno saltare in aria kamikaze imbottiti di esplosivo nel paese, a cominciare dalla capitale Baghdad.

Presente con il sangue, l’Isis lo è anche nelle insufficienti e già stracolme prigioni di Stato con decine di migliaia di miliziani già condannati a morte o in attesa di giudizio. Tra loro almeno 20mila foreign fighters che i paesi di origine non vogliono indietro.

Ma i rischi sono consistenti: processi farsa, pena di morte, evasioni e il pericolo concreto di ricreare un nuovo Camp Bucca, il famigerato centro di detenzione statunitense che durante l’invasione dell’Iraq divenne la culla di Daesh, il centro di organizzazione, reclutamento e radicalizzazione del futuro Stato islamico.

Qui era detenuto al Baghdadi, insieme ad altri otto futuri leader del “califfato”, tra cui colui che poi sarà chiamato alla gestione dei foreign fighters, Abu Qasim. Secondo le stime affidate nel decennio scorso al Washington Post dal capo di polizia Saad Abbas Mahmoud, il 90% dei detenuti rilasciati sarebbero tornati a combattere sotto la bandiera del jihad qaedista.

Eppure il rischio non sembra preoccupare i paesi di origine dei foreign fighters. Per una Gran Bretagna che ha revocato la cittadinanza a oltre 100 miliziani per non doversene prendere carico, c’è una Francia che sotto banco tenterebbe accordi con Baghdad, i miliziani francesi dietro le sbarre in cambio di sostegno economico e militare.


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lunedì 27 maggio 2019

Nigeria - Lo stato di Katsine immette la pena di morte per ladri di bestiame e seguestratori

Blog Diritti Umani - Human Rights
Lo stato di Katsina nel nord della Nigeria prevede di applicare la pena di morte contro qualsiasi ladro di bestiame e per chiunque si sia reso colpevole di sequestro di persona.

Una grave modifica della legge per ladri di bestiame e rapitori che operano nello stato della Nigeria settentrionale. D'ora in poi, chiunque venga giudicato colpevole di uno di questi reati verrà condannato a morte.

Questo è in ogni caso quello che emerge dalla legge recentemente promulgata dal governatore di questo stato Aminu Bello Masari modificando così il codice penale. Per quanto riguarda gli stupratori, saranno soggetti all'ergastolo oltre alle multe, mentre le vittime saranno risarcite.
Katsina, stato di origine del presidente Buhari, ha appena seguito l'esempio in altri stati, tra cui Lagos, che ha anche una legge simile in cui i sequestratori sono punibili con la morte. Queste riforme vengono dopo l'attacco che ha ucciso diverse persone all'inizio di questa settimana.
Nonostante il dispiegamento di importanti forze militari e di polizia nel nord-ovest e in parti della Nigeria centro-settentrionale, i rapimenti e il banditismo dilagano. L'insicurezza ha causato, pochi mesi fa, la sospensione dell'estrazione dell'oro nello stato di Zamfara .

E S

Fonte: Africa News FR

domenica 26 maggio 2019

Giudice Usa sospeso sei mesi per aver criticato Donald Trump (come la prof italiana)

Globalist
Sospeso sia in tribunale sia sui social network. Ecco cosa significano i populisti al potere.

Tutto il mondo (populista e fascista) è paese. Questa storia ci ricorda quella della prof sospesa in Italia per non aver censurato i suoi studenti che avevano fatto un lavoro di analisi e confronto tra il periodo delle leggi razziali degli anni '30 e il decreto Salvini sugli immigrati di oggi. 

Un giudice statunitense è stato sanzionato con una sospensione di sei mesi per aver criticato Donald Trump in tribunale e sui social network. È quanto emerge da una decisione della Corte Suprema dello Utah di cui la France Presse ha potuto prendere visione.

Secondo questo documento, il giudice Michael Kwan, che è stato in carica per più di 20 anni, ha iniziato a pubblicare, tramite i suoi account Facebook e LinkedIn, commenti sprezzanti su Donald Trump nel 2016, quando era solo candidato per le elezioni presidenziali.

Aveva proseguito dopo la vittoria di Trump, bollandolo ad esempio di "incapacità di governare e incompetenza politica" il giorno stesso della sua investitura alla Casa Bianca il 20 gennaio 2017. Qualche settimana dopo, il giudice Kwan aveva parlato di una "presa di potere fascista", chiedendo la vigilanza nei confronti dei parlamentari repubblicani, il partito di Donald Trump, al Congresso per paura che trasformassero il parlamento americano in "Reichstag".

Papua Nuova Guinea - Nell'isola di Manus impennata dei tentati suicidi tra i richiedenti asilo abbandonati dall'Australia

Corriere della Sera
Dal 2013 l'isola di Manus, appartenente allo stato di Papua Nuova Guinea, è utilizzata dall'Australia come "parcheggio" di richiedenti asilo: le politiche di esternalizzazione della gestione delle domande d'asilo prevedono infatti che le persone dirette via mare verso l'Australia per chiedere protezione vengano trasferite in luoghi remoti (un altro è l'isola di Nauru) dove rimangono spesso a tempo indeterminato. 



La situazione a Manus è drammatica: l'80 per cento dei richiedenti asilo presenta acuti problemi di salute mentale. I tentativi di suicidio (12 dei quali portati a termine dal 2013) sono frequenti e hanno conosciuto un'impennata negli ultimi giorni: dal 19 maggio altre 12 persone hanno cercato di togliersi la vita e almeno cinque sono state ricoverate in ospedale.

Un anno e mezzo fa il governo australiano ha sospeso le terapie per le vittime di traumi e torture. Il primo ministro Scott Morrison, fresco vincitore delle elezioni, ha annunciato l'abolizione del "Medevac bill", la legge sull'evacuazione medica entrata in vigore appena tre mesi fa, che prevede il trasferimento in Australia dei richiedenti asilo di Manus e Nauru che hanno urgente bisogno di cure mediche.


Riccardo Noury e Monica Ricci Sargentini

sabato 25 maggio 2019

Pietro Bartolo da Lampedusa: «Fermiamo chi semina paura, mi candido per aprire corridoi umanitari»

Globalist
Il medico corre alle Europee per il Pd in quota Demos: «Voglio che nessuno veda cosa ho dovuto vedere io». Ha salvato tanti migranti ed era in “Fuocoammare”


Il medico di Lampedusa che ha soccorso e visitato centinaia di migliaia di migranti arrivati a terra, che ha dovuto certificare troppe morti di donne, bambini, uomini, Pietro Bartolo, viene comunemente descritto come persona di fortissima umanità e grande professionalità. 

Da trent’anni esercita un mestiere diventato molto altro, diventato ragione di vita. Tocca temi cruciali dell’esistenza e del convivere. Adesso il medico siciliano pone il suo sapere sul banco europeo: si candida all’europarlamento nelle liste del Pd nell’Italia centrale e nelle isole come esponente della recente formazione politica Demos (www.votobartolo.eu).
Di Bartolo si è occupato Gianfranco Rosi nel suo profondo e toccante documentario Fuocoammare premiato con l’Orso d’oro a Berlino. Il medico candidato è in campagna elettorale in Sicilia e risponde alle domande via email per una doppia ragione: l’affastellarsi di impegni e, occorre registrarlo, le comunicazioni telefoniche spesso difficili e ballerine.

Come europarlamentare quale sarà la sua priorità, il primo impegno?
“Proporrò una revisione della convenzione di Dublino, per dare alle persone in arrivo la possibilità di raggiungere i Paesi in cui desiderano vivere. Chi arriva in Italia molto spesso non desidera restare nel nostro Paese, ma spostarsi altrove. È necessario garantire la libera circolazione all’interno della Comunità Europea, nel rispetto degli accordi tra Stati membri”.

Perché il medico che ha visitato qualche centinaio di migliaia di migranti sbarcati a Lampedusa, e ha ispezionato chissà quanti cadaveri, si candida nel Pd?
“Perché bisogna arginare questa deriva populista, sovranista e xenofoba. Perché il nostro Paese non merita di essere rappresentato da chi semina paura, ma da chi costruisce speranza. Non merita di essere rappresentato da chi alza muri, ma da chi costruisce ponti. Serviva un segnale. E il Partito Democratico mi ha dato la possibilità di lanciare con forza quel segnale”

Quale bagaglio, quale “dote”, può portare la sua esperienza personale nell’europarlamento?
“La mia carriera di medico, vissuta dalla prospettiva del poliambulatorio di Lampedusa, mi ha messo a contatto in questi trent’anni davanti ai crimini più grandi che si possano commettere contro l’umanità intera. Perché quando violenti una donna, stai violentando l’umanità intera, quando torturi un uomo, stai torturando l’umanità intera. Ecco, la mia “dote”, se così possiamo definirla, è che nessuno debba più vedere quel che sono stato costretto a vedere io. Che si aprano subito i corridoi umanitari. E il Mediterraneo torni ad essere un mare di vita, non di morte”.

Il contrasto all’immigrazione è la bandiera issata da Salvini e dalle forze di estrema destra nella campagna elettorale. Secondo lei va fermata, regolamentata, va canalizzata verso altri paesi europei, chi emigra va rispedito in Libia o confinato nel paese di transito nordafricano, o i migranti vanno accolti?
“Ancora una volta, l’unica risposta sono i corridoi umanitari. Non si può fermare un flusso di gente che vuole migrare e ricostruirsi una vita altrove, fa parte della natura umana. Va regolamentata, quello è chiaro. Ma bisogna fermare questa strage costante che si protrae nel Mediterraneo. E si può fare soltanto attraverso i corridoi umanitari”.

Il ministro degli Interni chiude i porti alle navi che soccorrono migranti in mare: come giudica la politica del governo su questo tema?
“Guardi, fino a stanotte, alle 3, sono sbarcate a Lampedusa 56 persone. E, come sempre, sono state accolte e visitate dal personale del poliambulatorio. Facciamo attenzione a non confondere la propaganda con la realtà. L’umanissima vocazione alla migrazione e al cambiamento non si frena con un hashtag”.
In più località corrono alle elezioni comunali anche forze che si richiamano esplicitamente al fascismo (possiamo citare a titolo esempio Casa Pound a Recanati, la città di Leopardi). È un fenomeno diffuso non solo in Italia. Ritiene che queste formazioni mettano in pericolo una o più democrazie europee?
“Io penso che queste siano forse le elezioni comunitarie più importanti da quando i cittadini europei sono stati chiamati a eleggere i loro rappresentanti, proprio perché oggi stiamo disegnando il volto dell’Europa di domani. Stiamo scegliendo se continuare ad avere un’Europa di pace e di civile convivenza tra popoli, anche profondamente diversi tra loro. Oppure un’anacronistica Europa arginata da muri e fili spinati”.
Un tema centrale è il lavoro che manca o è sottopagato e lo sfruttamento, soprattutto a livello giovanile. Al riguardo cosa proporrebbe, in Europa?
“Io sono siciliano, la Sicilia è una delle regioni che ha avuto più fondi europei in assoluto. Ma troppo spesso sono stati sperperati, scoprendo a posteriori truffe clamorose e infiltrazioni della mafia. Abbiamo, insomma, perso ancora una volta la possibilità di creare sviluppo e lavoro vero. Ed è un fenomeno riscontrato purtroppo in Sicilia come nel resto d'Italia. Io credo che sulle tante risorse che l’Europe mette a disposizione dei territori, siano necessari maggiori controlli, per garantire che quelle risorse inneschino realmente nuove economie e nuove opportunità lavorative”.

di Stefano Miliani

"Relazioni in gioco". La personale di Isabella Monari. In mostra l'opera, copertina del libro: "Liberi dentro, cambiare è possibile, anche in carcere"

AgCult
Riflessioni su vizi e virtù della società di oggi emergono dai quadri di Isabella Monari, in mostra a partire dal 22 maggio fino al 5 giugno nei Musei di San Salvatore in Lauro a Roma (piazza San Salvatore in Lauro n. 15).





Tra le opere in mostra è di particolare interesse “Amici oltre i muri” (2018), un quadro realizzato dall’artista per diventare la copertina del libro “Liberi dentro, cambiare è possibile anche in carcere” di Ezio Savasta, volontario della Comunità di Sant’Egidio. Il volume tratta di storie di amicizia, vissute in carcere, che aiutano a riflettere sulla situazione carceraria in Italia.
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Venezuela: rivolta in carcere, 30 morti. Gli scontri dopo la morte di un detenuto.

Ansa
E' di almeno 30 morti il bilancio di una rivolta scoppiata nel carcere di Acarigua, nella zona occidentale di Caracas. 

Secondo quanto riferito dall'Ong "Observatorio Venezolano de Prisiones", la rivolta, alla quale sono seguiti pesanti scontri tra detenuti e polizia, sarebbe stata scatenata dalla morte di un detenuto un giorno fa. 

Durante gli scontri, sottolinea l'ong, sono rimasti feriti anche altri 7 detenuti e 18 agenti di polizia.

Mauritania. Da tre mesi in carcere, Cheikh Ould Jiddou e Abderrahmane Weddady, due blogger che denunciarono la corruzione

Articolo 21
Cheikh Ould Jiddou e Abderrahmane Weddady hanno terminato oggi il loro secondo mese di detenzione e non è chiaro quanto altro tempo dovranno trascorrere in cella.

Cheikh Ould Jiddou e Abderrahmane Weddady
I due famosi blogger, esempio e fonte d'ispirazione per molti giovani della Mauritania, sono stati arrestati il 22 marzo nella capitale Nouakchott dal reparto Crimini economici della polizia per aver fatto "accuse calunniose". 

La colpa di Cheikh Ould Jiddou e Abderrahmane Weddady è di aver pubblicato su Facebook una serie di post sulla corruzione all'interno del governo.

Nessun reato dunque. Per di più, i due blogger si sono limitati a riprendere articoli della stampa internazionale secondo i quali gli Emirati Arabi Uniti avevano congelato conti bancari su cui persone vicine al governo mauritano avevano depositato circa due miliardi di dollari. 

Le organizzazioni per i diritti umani continuano a chiedere che Cheikh Ould Jiddou e Abderrahmane Weddady siano rilasciati.

venerdì 24 maggio 2019

La UE alla Cina: rilasci l'avvocato Yu Wensheng e gli altri avvocati difensori dei diritti umani

Corriere della Sera
L'Unione Europea si aspetta dalle autorità cinesi l'immediato rilascio dell'avvocato Yu Wensheng, così come di altri difensori dei diritti umani detenuti e condannati tra cui Wang Quanzhang, Qin Yongmin, Gao Zhisheng, Ilham Tohti, Huang Qi, Tashi Wangchuk, Li Yuhan, Wu Gan e Liu Feiyue.
L'avvocato Yu Wensheng
Lo ha dichiarato il Servizio europeo per l'azione esterna (Seae). L'organismo ha sottolineato come il noto avvocato cinese per i diritti umani, Yu Wensheng, che per diversi anni ha difeso i diritti umani, promosso lo stato di diritto in Cina e rappresentato attivisti e avvocati per i diritti umani, è stato processato a porte chiuse il 9 maggio presso il tribunale popolare intermedio della città di Xuzhou.

In questo contesto, secondo il Seae, non sono stati rispettati i suoi diritti ai sensi della legge sulla procedura penale cinese né gli obblighi della legge internazionale per un processo equo, senza indebito ritardo, per la difesa adeguata e l'accesso a un avvocato di sua scelta. Poiché la data del processo non è stata annunciata pubblicamente in modo tempestivo, né la sua famiglia né l'avvocato nominato erano in grado di partecipare al processo.

"In linea con il loro dichiarato obiettivo di rafforzare lo stato di diritto, le autorità cinesi dovrebbero rispettare gli obblighi di legge internazionali della Cina, inclusa la Dichiarazione universale dei diritti umani, e rispettare i diritti di tutti i cittadini come garantito dalla Costituzione cinese. L'Unione europea si aspetta l'immediato rilascio di Yu Wensheng, così come di altri difensori dei diritti umani detenuti e condannati e avvocati tra cui Wang Quanzhang, Qin Yongmin, Gao Zhisheng, Ilham Tohti, Huang Qi, Tashi Wangchuk, Li Yuhan, Wu Gan e Liu Feiyue".

giovedì 23 maggio 2019

Cinquantaduemila migranti detenuti alla frontiera USA. Molti in isolamento ingiustificato da mesi

L'Osservatore Romano
Sono 52.000 gli immigrati detenuti dall'Immigration and Customs Enforcement (Ice) degli Stati Uniti. A darne notizia ai media locali sono stati alcuni funzionari, secondo i quali si riscontra un numero record, che ha registrato un picco rispetto a due settimane fa, quando erano circa 49 mila. Si tratta di persone che tentando di entrare nel paese, bloccate in alcuni casi per settimane o mesi anche in celle di isolamento.




Il sovraffollamento delle strutture di detenzione temporanea insieme alle lentezze nelle pratiche burocratiche per esaminare le richieste di asilo comportano notevoli disagi e sofferenze per i migranti. 


Ma a preoccupare sono soprattutto le misure di isolamento a cui sarebbero sottoposti. Numerosi i casi registrati di persone colpite da ansia, rabbia, depressione e impulsi suicidi. 

Secondo un rapporto della piattaforma informativa sul web 7he Intercept, specializzata sul tema, migliaia di immigrati sarebbero stati costretti a stare in isolamento anche per reati minori. "I funzionari dell'immigrazione - si legge stanno usando l'isolamento come punizione standard invece che come ultima risorsa, costringendo le persone a stare 23 ore al giorno da sole anche per mesi".

A denunciare questo dramma è anche il rapporto pubblicato negli ultimi giorni dal consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (con sede a Washington), nel quale si evidenzia che migliaia di immigrati di diverse nazionalità detenuti dalle autorità statunitensi hanno trascorso più di quindici giorni e, in decine di casi, fino a un anno, o anche oltre, in isolamento.

Più della metà dei detenuti provengono da Messico, El Salvador, Honduras e Guatemala. 

L'Ice, rivela il rapporto, utilizza l'isolamento come strumento per perseguire e punire "anche i detenuti più vulnerabili per settimane e mesi", nonostante le proprie linee guida mettano in guardia che "si tratta di una misura seria che richiede un'attenta valutazione delle alternative".

mercoledì 22 maggio 2019

Si discrimina anche tra i poveri: bocciato il reddito di cittadinanza ai senzatetto

Globalist
La proposta veniva da un deputato di Fratelli d'Italia, Walter Rizzetto, che ha annunciato che presenterà ricorso.


Contrariamente alla proposta del Presidente dell'Inps Pasquale Tridico, il reddito di cittadinanza non sarà esteso ai senzatetto. L'emendamento era stato presentato dal deputato di Fratelli d'Italia Walter Rizzetto ed è stato dichiarato inammissibile. 

Nell'emendamento si prevedevano due elementi che rendevano possibile l'estensione ai senza fissa dimora: la residenza fittizia o la residenza in base al luogo di nascita.

Pasquale Tridico sosteneva che "il problema della residenza è superabile" in quanto esiste una legge del 1953 che “consente a tutti gli italiani di avere la residenza nel luogo di nascita. Molti cittadini italiani quindi hanno la possibilità di installare la residenza in una via fittizia dove l'individuo viene registrato”. 

Rizzetto, ideatore dell'emendamento, aveva dichiarato: "l'idea mi era venuta già prima perché i senza tetto – in quanto senza residenza – non possono accedere, nonostante siano i poveri tra i più poveri”. 

Rizzetto ha annunciato di aver presentato ricorso e che ripresenterà lo stesso emendamento in Aula alla Camera se si dovesse rendere necessario.

martedì 21 maggio 2019

Porti aperti alle armi, chiusi agli umani

Il Manifesto
Nella visione del governo la guerra è da tempo diventata "umanitaria" e l'accoglienza umanitaria è tout-court "criminale". Quando dovrebbe essere evidente che chi apre i porti ai mercanti di armi e li chiude al soccorso umanitario e all'accoglienza, distrugge la civiltà, cancella il futuro e prepara il campo aperto dell'odio. 


Se volete avere una rappresentazione tangibile e concreta della natura del governo in carica, quello del "contratto" tra sovranismo razzista della Lega e populismo giustizialista del M5S, guardate il Belpaese da nord a sud, nei suoi due porti di Genova e di Lampedusa.

Da una parte, nella capitale ligure, è attraccata la nave saudita Bahri Yanbu, tradizionalmente carica di armamenti; dall'altra nell'estrema isola siciliana rimaneva fino a 48 ore fa confinata al largo la Sea Watch, la nave di soccorso umanitario ai profughi. Porti aperti, per decisione del governo italiano, ai carichi di armi per un paese in guerra come l'Arabia saudita e per il conflitto sanguinoso in Yemen; porti chiusi, sempre per decisione del governo italiano e in particolare del ministro dell'odio Matteo Salvini, invece per i carichi di esseri umani disperati.

Ma per entrambi, ecco la novità, di fronte ai silenzi, alle ambiguità, alla tracotanza del governo che ora si rimpalla le responsabilità, in crisi con se stesso e con la coscienza della società civile italiana, sul fronte dei porti è scesa in campo la protesta. Di chi a Genova, attivisti e sindacalisti, non vuole più contribuire ad insanguinare il mondo con i traffici di armi e blocca una nave la Bahri Yanbu di fatto militare - appartiene infatti alla società saudita che gestisce il monopolio della logistica militare di Riyadh.

A Lampedusa è scesa in strada una lenzuolata di civiltà che vuole accogliere invece che respingere chi fugge disperato dalle troppe nostre guerre e dalla miseria prodotta dal nostro modello di rapina delle risorse energetiche, in Africa e non solo.

È una sintonia di avvenimenti con la quale irrompe nell'Italietta ripiegata su se stessa, la questione internazionale. Perché entrambe le vicende sono casi internazionali e chiamano in causa subito l'Europa, significativamente alla vigilia del voto per le europee. Infatti la nave saudita, che porta armi e/o strumentazioni comunque destinate alle forze armate della monarchia saudita infatti, è partita dagli Stati uniti, passata per il Canada prima di arrivare in Europa, ha come destinazione Gedda e, dopo avere caricato munizioni di produzione belga nel porto di Anversa, ha visitato e cercato di approdare nel Regno unito, in Francia e in Spagna. Sempre accolta dalla protesta dei pacifisti, degli attivisti dei diritti umani e dei portuali locali.

E l'Italia non è un attracco qualsiasi: qui su licenza tedesca sono prodotte bombe dalla Rwm Italia (con sede a Ghedi, Brescia, e nello stabilimento a Domusnovas, in Sardegna) che vengono utilizzate contro la popolazione civile yemenita. È un traffico di morte con il concorso dell'intera Europa: secondo i rapporti della stessa Ue sulle esportazioni di armi, gli Stati membri dell'Ue hanno emesso nel solo 2016 almeno 607 licenze per oltre 15,8 miliardi di euro in Arabia saudita. Ieri il porto di Genova è stato bloccato dalla manifestazione degli attivisti e dei camalli, ma il governo ha aggirato la protesta e fatto attraccare la nave lo stesso.

Anche a Lampedusa alla fine, la nave Sea Watch confinata al largo per giorni è stata fatta approdare e sono stati fatti scendere i migranti. E con l'accoglienza popolare, quasi festosa allo sbarco dei 47 profughi, è andata in onda l'alternativa del "modello Mimmo Lucano", l'ex sindaco di Riace ora al bando ed esiliato perché ha dimostrato che l'integrazione è possibile, è concreta ed è fattore produttivo, di nuovo lavoro e di nuova civiltà. Subito si è scatenata la reazione rabbiosa del ministro dell'Inferno, sponsor di quel "Decreto sicurezza bis" che le Nazioni unite accusano apertamente di "violare di diritti umani". Così la nave umanitaria è stata sequestrata e il comandante è stato denunciato per "favoreggiamento dell'immigrazione clandestina".

Ecco che le due anime del "contratto di governo" si ritrovano unite negli intenti finali, anche elettorali. Non dimentichiamo però che la loro forza, sempre più fragile, deriva dai disastri provocati dai governi precedenti italiani ed europei, di centrodestra e di centrosinistra, sia per l'accoglienza dei migranti che per le guerre infinite in corso. È così. Questo governo gestisce nient'altro che una vergognosa eredità, quella delle decine di muri eretti alle frontiere di ogni paese europeo e, nel Mediterraneo, della esternalizzazione dei confini alle presunte autorità della Libia.

Che, nonostante sia travolta da mesi da una guerra intestina e per procura, continua ad essere chiamata in causa ogni giorno dal ministro degli interni Salvini perché, con la sua milizia che si chiama "guardia costiera libica", tenga ben aperti ai migranti le carceri e i campi di concentramento. Mentre nella grammatica corrente, la guerra è da tempo diventata "umanitaria" e l'accoglienza umanitaria adesso è tout-court "criminale". Quando dovrebbe essere evidente che chi apre i porti ai mercanti di armi e li chiude al soccorso umanitario e all'accoglienza, distrugge la civiltà, cancella il futuro e prepara il campo aperto dell'odio.

Quella sospensione uno spropositato avvertimento. Il caso di Palermo, questione cruciale per scuola e democrazia

Avvenire
La sospensione della professoressa di Palermo con la motivazione di non aver vigilato sul lavoro degli studenti intorno alle leggi razziali, accostate ai decreti “anti-immigrati” di oggi, presenta molti aspetti paradossali. Uno fra questi è il rischio che migliaia di insegnanti possano in futuro ricevere le stesse sanzioni. 


Il provvedimento – inaudito e sproporzionato, senza la gradualità prevista – sembra infatti un avvertimento a tutta la scuola. L’accostamento tra le leggi razziali e il decreto sicurezza, che ha provocato la sospensione della docente da parte dell’Ufficio Scolastico Provinciale, è stato infatti proposto dai ragazzi stessi, che hanno liberamente espresso la loro opinione. 

Se il dovere degli insegnanti è quello di far pensare criticamente gli studenti, in che cosa avrebbe sbagliato la professoressa che ha dichiarato di non aver nessun intento politico? La ricerca degli studenti per il Giorno della memoria era stata preceduta dalla lettura dei libri di Lia Levi e di Liliana Segre, oltre che dei giornali dell’epoca. Riflettere sulle leggi razziali porta a capire che toccare i diritti fondamentali delle persone significa incrinare la dignità umana, la convivenza sociale e la stessa vita democratica. 

Non si tratta di paragonare in modo improprio eventi incomparabili, ma di discutere sulla morale che deve orientare le norme, la legge della coscienza come base del diritto positivo e delle scelte dei governi.

Il tema del respingimento di chi bussa alle frontiere si presta al dibattito, non perché la storia si possa ripetere automatica-mente, e tanto meno perché i giovani africani di oggi possano essere paragonati in blocco agli ebrei in fuga dalla persecuzione di allora, ma per riflettere sul rapporto tra “noi” e gli altri, tra lo straniero come nemico oppure come fratello in umanità e soprattutto sul nostro coinvolgimento nelle vicende degli altri: indifferenza o impegno? 
Accogliere o respingere? Ci sono analogie o differenze col passato? Le leggi di oggi sono veramente giuste o no? 

Il miglior modo di preservare la memoria, come insegna Primo Levi, è proprio individuare i meccanismi – di discriminazione, indifferenza, esclusione – che possono ripetersi e colpire singoli e gruppi togliendo loro diritti.
La professoressa di Palermo ha fatto leggere, riflettere e discutere gli studenti, che hanno espresso il loro pensiero con la semplificazione dei quattordicenni. A questo serve la Storia, e a questo dovrebbe servire l’Educazione civica di cui proprio in questi giorni il Parlamento sta approvando la riforma: formare il pensiero critico che fa di noi veri cittadini di una democrazia; a meno che non si voglia, invece, formare dei sudditi che non possono criticare il sovrano. 

L’effetto paradossale di questa punizione “esemplare” è di aver dato l’esempio di come la scuola debba continuare a far pensare gli studenti e lasciarli liberi di andare al nocciolo della difesa dei diritti umani senza cedere alle ipocrisie della politica.

Milena Santerini
Pedagogista, Università Cattolica del S.Cuore

lunedì 20 maggio 2019

Libia, le prove dei crimini di guerra. Oltre 454 persone sono state uccise e 2.154 ferite, tra loro operatori sanitari

Corriere della Sera
A sei settimane dall'inizio dell'offensiva per la conquista di Tripoli, Amnesty International ha denunciato l'esistenza di prove di attacchi indiscriminati contro il quartiere di Abu Salim che potrebbero essere qualificati, di fronte a un tribunale internazionale, come crimini di guerra. 

Il quartiere di Abu Salim - noto soprattutto per il famigerato carcere in cui nel 1996 Gheddafi ordinò una strage di detenuti - è stato attaccato coi missili durante una fase particolarmente aspra di combattimenti, intorno alla metà di aprile. 

A essere colpite sono state soprattutto le zone di Hay al-Intissar, Hay Salaheddin e il complesso residenziale chiamato "Edifici Kikla". Sebbene queste zone siano controllate dalle Forze di sicurezza centrali di Abu Salim, una milizia affiliata al Governo di accordo nazionale di al-Sarraj, le immagini satellitari analizzate da Amnesty International non hanno evidenziato la presenza, al momento degli attacchi, di basi militari, posti di blocco od obiettivi militari nelle aree residenziali colpite o nelle loro immediate vicinanze. 

Non è certo chi abbia effettuato gli attacchi su Hay al-Intissar, Hay Salahaddin e gli "Edifici Kikla". Le forze di al-Sarraj e l'Esercito nazionale libico (Eln) del generale Haftar si sono lanciati accuse a vicenda. Tutti i residenti di Abu Salim sentiti da Amnesty International hanno puntato il dito contro l'Eln. 

Quello che è chiaro è che entrambi gli schieramenti militari sono in possesso di razzi 107mm e lanciatori Grad, le armi impiegate negli attacchi. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità dal 4 aprile, quando è iniziata l'avanzata su Tripoli delle forze del generale Haftar, oltre 454 persone sono state uccise e 2.154 ferite. Tra i morti e i feriti ci sono anche operatori sanitari. Circa 70.000 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, a volte ricostruite dopo il conflitto del 2011. La situazione umanitaria è inoltre resa difficile dalle frequenti interruzioni della corrente e dalla carenza di forniture mediche ospedaliere.

Riccardo Noury

domenica 19 maggio 2019

Sequestrata la Sea Watch dal procuratore Patronaggio, e i migranti scendono. L'ira di Salvini.

Ansa
La nave al largo dell'isola in acque italiane. Intanto le chiese protestanti fanno sapere di essere pronte a ospitare i migranti.



Scatta il sequestro della Sea Watch ferma da due giorni al largo di Lampedusa e i 47 migranti a bordo vengono fatti sbarcare. La svolta arriva nonostante il no ripetuto per tutto il giorno da Matteo Salvini, e ribadito con forza dopo il sequestro: "Sono pronto a denunciare per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina chiunque sia disponibile a far sbarcare gli immigrati irregolari su una nave fuorilegge. Questo vale anche per organi dello Stato: se questo procuratore autorizza lo sbarco, io vado fino in fondo".
 


Il riferimento è al procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio: il blocco dell'imbarcazione, infatti, è finalizzato a fare i necessari accertamenti e a verificare se la condotta del comandante della nave abbia violato la legge. Ma porta con sé anche lo sbarco dei migranti che "messi in salvo saranno affidati a personale della Questura di Agrigento per la identificazione e per i necessari atti di polizia giudiziaria" ha detto Patronaggio.

Matteo Salvini assiste in diretta tv allo sbarco dei migranti dalla nave Sea Watch 3. E' in diretta a L'Arena su La7, quando una telecamera che trasmette immagini in diretta mostra alcuni migranti, con giubbotto di salvataggio, che scendono in porto da un'imbarcazione della Capitaneria di porto. "Qualcuno l'ordine lo avrà dato. Questo qualcuno ne dovrà rispondere", si irrita il ministro. Il M5s fa sapere che non sono stati i suoi ministri. Ma Salvini insiste: "Chiunque sia stato ne risponderà davanti agli italiani".

I 45 migranti rimasti sulla Sea Watch stanno arrivando a piccoli gruppi su gommoni della capitaneria di porto sul molo del porto di Lampedusa. Le prime persone, fatte salire sui natanti con giubbotto salvagente, dopo la procedura di routine saranno portate al centro di accoglienza dell'isola. Due migranti, un disabile e una donna incinta, erano già stati portati sull'isola perché bisognosi di cure.

"Chi è che li ha autorizzati a sbarcare? Io no, non ho autorizzato niente, deve essere qualcun altro. Io sorrido ma è grave. Perché siamo un Paese sovrano con leggi, regole, una storia e nessuna associazione privata se ne può disinteressare. Qualcuno quell'ordine lo avrà dato. Questo qualcuno ne deve rispondere". Lo dice Matteo Salvini a Non è l'Arena, su La7, commentando le fonti M5s che affermano che nessun ministro pentastellato ha autorizzato lo sbarco della Sea Watch 3.


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Le senatrici a vita Segre e Cattaneo invitano prof sospesa Dell’Aria e studenti al Senato.

Askanews
Iniziativa congiunta Segre e Cattaneo: "lavoro meritorio, vogliamo averli ospiti"
“Nei prossimi giorni provvederemo alla formalizzazione dell’invito alla Professoressa Rosa Maria Dell’Aria affinché con i suoi alunni possa essere nostra graditissima ospite. 
Liliana Segre
Insieme saremo felici di riflettere del valore della memoria e della sua attualizzazione che, pur nella semplificazione che può esservi stata, autonomamente e meritoriamente i ragazzi hanno fatto”. 

Lo hanno annunciato in una dichiarazione congiunta le senatrici a vita Liliana Segre e Elena Cattaneo, in segno di solidarietà con la prof siciliana sospesa dal provveditorato per il dibattito su fascismo neo fascismo e post fascismo consentito a scuola fra i suoi studenti su loro iniziativa. 

“Siamo preoccupate – hanno denunciato congiuntamente le due senatrici a vita- per la vicenda della sospensione di 15 giorni della insegnante di Palermo per “omessa vigilanza” sul lavoro dei suoi giovani alunni che per la giornata della memoria, hanno fatto un raffronto tra le leggi razziali e la nuova disciplina in tema di diritto d’asilo introdotto dal cd. decreto sicurezza. Sono, inoltre, del tutto incomprensibili le ragioni che, stando alle notizie di oggi, vedono gli organi di polizia entrare nella scuola per “ricostruire l’accaduto. 

Alla ferita democratica inferta da una articolazione dello stato deputata all’ordine pubblico che entra in una scuola per interessarsi di un lavoro didattico frutto della libera elaborazione di alcuni studenti nell’ambito delle attività per il Giorno della Memoria vorremmo rispondere con l’invito che rivolgiamo alla Prof.ssa e ai suoi alunni presso il Senato per accoglierli nel cuore dell’istituzione repubblicana che sulla costituzione e i suoi valori trova il suo fondamento.

Il video che ha provocato la sospensione delle prof. guardatelo e giudicate ...

Guerre dimenticate, Yemen. Sauditi bombardano la capitale, 6 morti tra cui donne e bambini, 52 feriti.

Il Post
La coalizione guidata dai sauditi nella guerra in Yemen ha bombardato Sana’a, la capitale del Paese in mano ai ribelli houthi, in risposta agli attacchi che avevano compiuto martedì con droni armati contro due stazioni di pompaggio del petrolio in Arabia Saudita. 


Il ministro della Sanità houthi ha detto che i bombardamenti hanno ucciso sei persone, tra cui donne e bambini, e ne hanno ferite 52, comprese due donne russe che lavoravano in ambito medico.

Reuters scrive che gli attacchi a Sana’a hanno preso di mira nove siti militari dentro e attorno alla città. La coalizione, come riportato dalla tv saudita Al Arabiya, ha detto di aver reagito per «neutralizzare la capacità dei miliziani houthi di compiere atti di aggressione».

sabato 18 maggio 2019

Onu, invia lettera atto di accusa al governo italiano: "Il decreto sicurezza bis viola i diritti umani e fomenta la xenofobia"

La Repubblica
L'Alto Commissariato per i Diritti umani delle Nazioni Unite scrive al ministro degli Esteri, chiedendo di ritirare le circolari di Salvini contro la Mare Jonio e di bloccare il provvedimento che multa le Ong

Roma - Con una lettera di undici pagine, l'Onu chiede all'Italia di ritirare le direttive del Viminale sul salvataggio in mare e di interrompere immediatamente l'iter di approvazione del decreto sicurezza bis, che Matteo Salvini potrebbe portare già nel Consiglio dei ministri di lunedì. Insomma, di arginare la politica anti-immigrazione del ministro dell'Interno italiano. E le motivazioni sono tanto chiare quanto allarmanti: 
"Mette a rischio i diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo"; "fomenta il clima di ostilità e xenofobia", "viola le convenzioni internazionali".
"Salvini fomenta la xenofobia"
L'atto di accusa è contenuto in un testo che Beatriz Balbin, capo delle Special procedures dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, ha inviato il 15 maggio all'ambasciatore italiano all'Onu Gian Lorenzo Cornado, perché lo trasmetta al ministro italiano degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. E segue due richiami arrivati a Roma nel 2018 ma del tutto snobbati dal governo italiano.

L'oggetto di quest'ultimo richiamo sono le due direttive che Salvini ha emesso tra marzo e aprile, sostanzialmente per ostacolare le attività delle ong e della Mare Jonio, la nave della piattaforma Mediterranea impegnata nel salvataggio in zona Search and Rescue libica.

"La direttiva di marzo - si legge nella lettera di Balbin - è una seria minaccia ai diritti dei migranti, inclusi i richiedenti asilo e le persone vittime di tortura, sequestri, detenzioni illegali. Ci sono ragionevoli elementi per ritenere che sia stata emanata per colpire direttamente la Mare Jonio, vietandole l'accesso alle acque e ai porti italiani. Nella direttiva del 15 aprile la si accusa esplicitamente di favorire l'immigrazione clandestina. Siamo profondamente preoccupati per queste direttive, che non sono basate su alcuna sentenza della competente autorità giuridica".

Non solo. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite osserva anche che tali direttive non sono altro che 
"l'ennesimo tentativo di criminalizzare le operazioni Search and rescue delle organizzazioni civili", e che finiscono per "intensificare il clima di ostilità e xenofobia nei confronti dei migranti".

Violato il principio di non-refoulement
Oltre a richiamare il governo italiano al dovere della tutela delle vite umane in mare, l'Onu osserva come le direttive Salvini e l'esplicito trasferimento alla guardia costiera libica delle responsabilità del salvataggio in realtà possano provocare la violazione del non-refoulement, il principio - stabilito dalla Convenzione di Ginevra - secondo cui a un rifugiato non può essere impedito l’ingresso sul territorio né può esso essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. 

"E' stato ampiamente documentato in diversi report dell'Onu che i migranti in Libia sono soggetti ad abusi, torture, omicidi e stupri - scrive l'Alto Commissariato - quindi la Libia non può essere considerata un 'place of safety' (porto sicuro, ndr) per lo sbarco".

"Bloccate il decreto sicurezza bis"
Infine, dopo aver espresso apprezzamento sia per il lavoro della Marina militare italiana sia per l'impegno umanitario delle ong, il documento si conclude con una duplice richiesta al governo italiano. La prima: "Ritirate la direttiva del Viminale del 15 aprile, che colpisce specificatamente la Mare Jonio". La seconda: "Fermate immediatamente il processo di approvazione del Decreto sicurezza bis". Quello, per capirsi, che vorrebbe introdurre maxi multe per le ong che salvano i migranti.

Fabio Tonacci

Milano - La Polizia di Stato rimuove lo striscione con la scritta "Restiamo Umani - #StayHuman"

Globalist
È comparso un uomo vestito da Zorro, in palese riferimento al libro 'Io sono Matteo Salvini' di Chiara Giannini (che scrive nell'introduzione a proposito del vicepremier: "D'ingiustizie, nella vita, ne ha subite anche lui, sin da piccolo, quando racconta ironicamente che all'asilo gli rubarono il suo pupazzetto di Zorro") al balcone di Piazza Duomo da cui era stato srotolato uno striscione con scritto 'Restiamo Umani'. 



L'uomo in questione è Riccardo Germani, storico attivista di sinistra e di Usb di Milano. Lo striscione è stato immediatamente rimosso dalle Forze dell'Ordine, che hanno interpretato l'appello alla solidarietà come una possibile provocazione per una piazza piena di odiatori sovranisti.