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venerdì 28 febbraio 2014

Cina, docente uighuro accusato di "incitare al separatismo"

AsiaNews
Il governo cinese ha formalizzato le accuse contro Ilham Tohti, professore di economia di etnia uighura e famoso attivista per i diritti delle minoranze che vivono in Cina, arrestato in gennaio. Sconosciuto il luogo della sua detenzione. Gruppi per i diritti umani chiedono alla comunità internazionale di intervenire.
Pechino - A più di un mese dal suo arresto, le autorità cinesi hanno formalizzato le accuse contro Ilham Tohti, professore di economia di etnia uighura e famoso attivista per i diritti delle minoranze che vivono in Cina. La moglie Guzaili Nu'er conferma che l'accademico è stato accusato di "incitare al separatismo" e sottolinea che al momento "non è possibile sapere" dove suo marito sia tenuto prigioniero. Gruppi uighuri all'estero hanno condannato la decisione e chiesto un intervento della comunità internazionale per la liberazione di Tohti.

Tohti, 45 anni, è stato fermato il 15 gennaio 2014. L'accademico è famoso per i suoi interventi pubblici a favore della questione uighura. Questa etnia vive nella regione autonoma settentrionale dello Xinjiang, è di lingua turca e fede musulmana, e lamenta una forte repressione linguistica, culturale e religiosa da parte del governo centrale cinese. Nel corso degli anni sono stati numerosissimi gli scontri violenti fra le due parti: Pechino sostiene che nell'area vivano estremisti islamici e indipendentisti, mentre gli attivisti locali puntano il dito contro le tensioni etniche provocate dal controllo cinese e dalle politiche "razziste" messe in atto dal governo centrale.

Dilshat Rexit, portavoce del Congresso mondiale degli uighuri guidato dalla nota dissidente Rebiya Kadeer, dice: "Le accuse di separatismo mosse dalla Cina sono una mera scusa per nascondere la volontà di sopprimere chiunque abbia un'opinione politica diversa da quella del governo. Chiediamo alla comunità internazionale di mettere sotto controllo Pechino e fare in modo che liberi questo docente uighuro". All'epoca del suo arresto, sia gli Stati Uniti che l'Unione europea hanno condannato il governo cinese.

Diversi attivisti per i diritti umani sostengono che alla base di questo arresto ci siano gli articoli scritti da Tohti per contestare le accuse mosse contro la minoranza uighura dopo l'attentato a piazza Tiananmen dell'ottobre 2013: "Anche in altre occasioni siamo stati indicati come gli autori di gravi fatti, salvo poi scoprire che non c'entravamo nulla". In un post pubblicato sul proprio account il giorno dell'arresto, il professore ha scritto: "Gli uighuri sono divenuti degli estranei nello sviluppo della propria madrepatria. È da qui che nasce la rabbia della gente: gli uighuri hanno bisogno di un posto dove poter esprimere le proprie ambizioni e proteggere i propri diritti".

USA - Missouri - Michael Taylor, 47 anni è stato eseguito. Nuove polemiche: iniezione letale con prodotti non autorizzati

Blog Diritti Umani - Human Rights
Lo Stato americano del Missouri ha applicato la pena capitale nonostante le polemiche sulla procedura di iniezione letale. Michael Taylor, 47 anni, condannato a morte nel 1989 è stato eseguito
Fino all'ultimo momento, i suoi avvocati tutti hanno provato a trovare un'alternativa con tutti i possibili appelli. Il 47 enne si era appellato alla corte federale nel Missouri "a causa della mancanza di mezzi legali di esecuzione".
Dal momento che i costruttori europei si sono rifiutati di fornire l'anestetico più comune (pentobarbital) per le esecuzioni di esseri umani, molti stati americani stanno affrontando una carenza di barbiturici e si rivolgono quindi a nuovi fornitori o prodotti non autorizzati.
Questo provoca un aumento del ricorso ai tribunali dai detenuti.

giovedì 27 febbraio 2014

Peine de mort au Maroc : Des députés critiquent les réticences du ministre de la Justice Ramid contre l'abolition

Yabiladi.com
La question de la peine de mort reste toujours un sujet de discorde au Maroc. Un groupe de parlementaires marocains vient de déplorer le refus du ministre de la Justice, Mustafa Ramid, d’abolir la peine capitale dans le royaume alors que la nouvelle constitution garantit le droit à la vie. 
La peine de mort est un sujet à débat au Maroc. Un groupe de parlementaires a déploré ce mercredi la position du ministre de la Justice, Mustafa Ramid, réticent à l’idée d’abolir la peine capitale, rapporte Reuters. Lors d'une conférence organisée par le Réseau des parlementaires contre la peine de mort au Maroc, à l'occasion de son premier anniversaire, les membres de ladite coalition ont indiqué que la réponse de Ramid à leurs demandes était «négative» et «ne répond pas au contexte des droits de l'homme ou de la nouvelle constitution».

Alors que la nouvelle constitution garantit le droit à la vie, les tribunaux marocains continuent de prononcer la peine capitale. Pourtant, celle-ci n’est plus appliquée depuis 20 ans même si quelques 150 condamnés à mort croupissent dans les prisons marocaines. Le groupe de députés a rappelé que le réseau a déposé le 7 novembre 2013, à la direction de la Chambre des représentants, un projet de loi pour abolir la peine de mort au Maroc. Il a fait savoir que cette proposition se compose d’un préambule et de quatre articles se référant à l’abolition de la peine capitale dans le Code pénal, le Code de la justice militaire et la loi sur le terrorisme. Le réseau propose à la place un emprisonnement à vie.

Ramid campe sur les mêmes positions
Les députés ont demandé au ministre de revenir sur le refus du Maroc de signer un moratoire officiel contre la peine de mort et d’expliquer les raisons pour lesquelles il ne veut pas l'abolir. Selon un des parlementaires, le ministre a adopté une « interprétation restrictive et rétrograde de l'article 20 de la Constitution, qui fait référence au droit à la vie et au droit international ».
Pour rappel, en décembre 2013, les membres du PDJ avaient suggéré de mettre en place un moratoire pour la régulation de cette peine extrême. Ce moratoire, qui serait de dix ans d’après la proposition du parti de la Lampe, permettra de passer à l’exécution par arme à feu – mode d’exécution utilisé au Maroc - qu’après le refus de la grâce royale présentée par le détenu. En fin d’année, Ramid s’était également montré opposé à l’abolition de la peine de mort, estimant que la société marocaine n’est pas prête à franchir le pas.

Bahrain: giovane attivista muore in carcere, denunce di torture

Aki
Jaffar Mohammed Jaffar, attivista antigovernativo di 23 anni, è morto in carcere in Bahrain e la sua vicenda ha riacceso le polemiche sulle presunte torture che gli oppositori politici riceverebbero nelle carceri del paese del Golfo.
Il ministero dell'Informazione ha annunciato con un comunicato che il giovane è morto all'alba, dopo aver ricevuto cure presso il centro medico di Salmaniya, quartiere della capitale Manama, dove era stato condotto il 19 febbraio. La nota non precisa le cause della morte, ma ricorda che Jaffar soffriva di anemia falciforme.

Secondo attivisti dell'opposizione e gruppi per i diritti umani, il giovane, come molti altri oppositori che da tre anni a questa parte animano le proteste antigovernative, ha subito torture e maltrattamenti in carcere. Il governo del Bahrain, tuttavia, ha sempre negato le accuse e ha assicurato di rispettare i diritti dei detenuti in base alle norme internazionali.

Egitto: al-Jazeera lancia campagna mondiale per suoi giornalisti in carcere

Aki
La tv del Qatar al-Jazeera ha lanciato una campagna mondiale per ottenere la liberazione dei suoi quattro giornalisti in carcere in Egitto, tre dei quali sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di collaborare con un'organizzazione - i Fratelli Musulmani - che Il Cairo ha messo al bando con l'accusa di terrorismo. 

La campagna - ha spiegato Ghassan Abu Hussein, responsabile relazioni internazionali della tv - prevede lo svolgimento di manifestazioni davanti alle ambasciate egiziane di tutto il mondo per chiedere il rilascio dei giornalisti.

"Lanciamo un appello a tutti i giornalisti e a chi sostiene la libertà di stampa di organizzare delle veglie davanti alle ambasciate egiziane di tutto il mondo", ha dichiarato Abu Hussein nel corso di una conferenza stampa a Doha. "Al-Jazeera spera che l'attenzione dei media di tutto il mondo possa fare pressione e spingere le autorità egiziane a tornare sui loro passi", ha aggiunto il responsabile della tv, precisando che la campagna prevede anche una petizione on line per chiedere la scarcerazione dei reporter. Tre giornalisti di al-Jazeera English sono attualmente in carcere con l'accusa di aver collaborato con "un'organizzazione terroristica".

Si tratta dell'australiano Peter Greste, dell'egitto-canadese, Mohamed Fahmy e dell'egiziano Baher Mohamed. Tutti e tre sono stati arrestati al Cairo il 29 dicembre. Un altro giornalista della tv, Abdullah Elshamy, è detenuto dal 14 agosto al Cairo. Contro Elshamy, che dal 23 gennaio è in sciopero della fame, non è ancora stata formulata un'accusa, ha denunciato la tv del Qatar.

Pakistan: caso Asia Bibi, corte annulla udienza appello per blasfemia richiesta dai suoi avvocati

Adnkronos
La Corte suprema di Lahore ha annullato l'udienza del processo di appello per il quale era stata formulata dai legali di Asia Bibi, la donna cristiana di 45 anni condannata a morte in Pakistan con l'accusa di blasfemia e detenuta dal 19 giugno 2009 nel carcere di Sheikhupura.
Lo rivela il quotidiano 'The Express Tribunè. Deluso il marito e padre dei suoi cinque figli, Ashiq Masih, che ha parlato di una "rara speranza per me e per i miei figli. Il Tribunale dovrebbe riconsiderare i fatti e rilasciarla". Il legale della donna, Muhammad Yasin, ha poi spiegato a "The Express Tribune" che il 14 febbraio scorso è stato informato dalla Corte suprema di Lahore via sms che l'udienza era stata "cancellata".

Si tratta di una questione sensibile, ha proseguito l'avvocato, e il Tribunale ne è consapevole. Asia Bibi era stata denunciata nel 2009 da alcuni suoi vicini di casa in un villaggio vicino a Nankana Sahib di aver offeso il profeta Maometto durante una discussione con alcune musulmane scaturita dal suo credo religioso. Pochi giorni dopo, la Bibi è stata arrestata. I legali della donna hanno presentato ricorso in appello alla sentenza di condanna a morte e chiesto la grazia al presidente Asif Ali Zardari, che ha chiesto la revisione del processo.

Siria: campo profughi palestinese di Yarmuk - In migliaia in fila per mangiare.

Internazionale
In fila per ricevere gli aiuti alimentari a Yarmuk, un campo profughi palestinese
 a sud di Damasco,in Siria, il 31 gennaio 2014. (Unrwa/Reuters/Contrasto)
Questa foto è stata scattata il 31 gennaio, nel campo profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco, in Siria. Migliaia di persone sono in fila per ricevere cibo e aiuti dagli operatori umanitari dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei profughi palestinesi in tutto il Medio Oriente.

I residenti del campo, circa 20mila persone, vivono sotto assedio dal giugno del 2013 e non hanno accesso ai beni di prima necessità come viveri e medicinali.

La distribuzione degli aiuti nel campo è cominciata il 18 gennaio del 2014, ma poi è stata sospesa per ragioni di sicurezza e il personale umanitario è stato ritirato in seguito a un combattimento avvenuto tra il 7 e l’8 febbraio. Il 20 febbraio è stato concesso agli operatori dell’Onu di tornare nel campo per un’ispezione.

Le condizioni dei profughi palestinesi a Yarmuk sono molto gravi. Dopo la visita al campo il 20 febbraio, il commissario generale dell’Unrwa Filippo Grandi ha detto: “Sono profondamente scosso da quello che ho visto. I rifugiati palestinesi con cui ho parlato sono traumatizzati da quello che hanno vissuto. E molti di loro erano in una condizione di urgente necessità. In particolare mancano cibo e medicinali”.

Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha chiesto al governo siriano di permettere agli operatori delle Nazioni Unite di lavorare nel paese per distribuire gli aiuti e di aumentare la presenza di operatori umanitari sul territorio siriano.

Il 22 febbraio il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità la risoluzione 2139, in cui chiede alle autorità siriane di permettere a tutti l’accesso agli aiuti umanitari.

Il campo profughi di Yarmuk, in Siria, è stato creato nel 1957 e ospita la più grande comunità palestinese della Siria. Si trova a otto chilometri dal centro di Damasco. Durante la guerra civile siriana è stato scenario di intensi combattimenti tra i ribelli dell’Esercito libero siriano e l’esercito regolare di Bashar al Assad.

mercoledì 26 febbraio 2014

Caos Siria,Onu: allarme rifugiati "Sarà Paese con più profughi al mondo"

TGCom24
"La Siria sta per diventare la comunità di rifugiati più grande al mondo, superando l'Afghanistan"

E' l'allarme lanciato dall'Alto Commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres. "Se la tendenza attuale continua, ci si attende che il numero di profughi raggiunga i quattro milioni entro fine anno", ha spiegato Guterres chiedendo il sostegno (anche finanziario) della comunità internazionale per i 2,5 milioni di rifugiati siriani.

Papa Francesco: fabbricanti armi fanno festa e bambini muoiono in campi profughi

ASCA
Citta' del Vaticano - Ci sono ancora troppe guerre nel mondo e troppi fabbricanti di armi che ''fanno feste in grandi salotti'' mentre, come contro-altare, troppi bambini ''ammalati ed affamati'' che muoiono nei campi profughi. 

La dura accusa e' di papa Francesco che e' tornato a toccare il tema dei conflitti tra popoli e dei mercanti di morte che su questi si arricchiscono, nel corso della sua omelia nella Cappella di Santa Marta in Vaticano. 

Commentando le letture odierne proposte dalla liturgia, papa Francesco il papa ha ricordato che ''ogni giorno, sui giornali, troviamo notizie di guerre'' con la triste contabilita' delle vittime. ''E i morti - ha aggiunto - sembrano far parte di una contabilita' quotidiana. Siamo abituati a leggere queste cose! E se noi avessimo la pazienza di elencare tutte le guerre che in questo momento ci sono nel mondo, - ha fatto notare con tristezza - sicuramente avremmo parecchie carte scritte. Sembra che lo spirito della guerra si sia impadronito di noi''. 

Tutto questo mentre, ha proseguito ''si fanno atti per commemorare il centenario di quella Grande Guerra, tanti milioni di morti... E tutti scandalizzati!'' per quei tristi fatti. ''Ma oggi e' lo stesso! Invece di una grande guerra, ci sono piccole guerre dappertutto, popoli divisi. ha aggiunto il pontefice - E per conservare il proprio interesse si ammazzano, si uccidono fra di loro''. 

Francesco e' poi sembrato criticare certe politiche di certa diplomazia quando, ha fatto notare, ''davanti a un conflitto, ci troviamo in una situazione curiosa: andare avanti per risolverlo, litigando. Col linguaggio di guerra. Non viene prima il linguaggio di pace!''. 

Le conseguenze sono, ad esempio, ''bambini affamati nei campi dei rifugiati... Pensate a questo soltanto: questo e' il frutto della guerra! E se volete - ha detto rivolgendosi ai presenti - pensate ai grandi salotti, alle feste che fanno quelli che sono i padroni delle industrie delle armi, che fabbricano le armi, le armi che finiscono li'''. Da qui lo scandalo del ''bambino ammalato, affamato, in un campo di rifugiati e le grandi feste, la buona vita che fanno quelli che fabbricano le armi''. gc/

I difensori dei diritti umani accusano la Birmania di persecuzione dei musulmani Rohingya

La Voce della Russia
I difensori dei diritti umani affermano che hanno a disposizione i documenti che testimoniano la discriminazione dal governo birmano al popolo Rohingya, comunità musulmana.
Circa 800 mila rappresentanti dei rohingya abitano nell'ovest della Birmania, al confine con India e Bangladesh.

Secondo i dati dell'ONU, sono una delle più discriminate minoranze nazionali nel mondo.

Le autorità birmane puniscono le famiglie che hanno oltre due figli, controllano il matrimonio e limitano la libertà di spostamento.

Medio Oriente: sono 4.800 i palestinesi imprigionati nelle carceri israeliane. Dal 2011 arrestati 11.034 palestinesi di cui 2.500 bambini

www.infopal.it
Il responsabile del Censimento dei prigionieri del ministero palestinese, Abdul-Nasser Ferwana, ha dichiarato il 4 febbraio che Israele detiene circa 4.800 palestinesi in 70 luoghi diversi tra prigioni, centri di detenzione e centri di interrogatorio, contravvenendo in tal modo al diritto internazionale.
Negli ultimi 3 anni, secondo Ferwana, durante alcune incursioni e violazioni nei territori palestinesi occupati, l'esercito israeliano ha arrestato circa 11.034 palestinesi di cui 2.500 bambini. Il funzionario precisa che i soldati hanno prelevato e incarcerato più di 10.000 bambini palestinesi dall'inizio dell'Intifada al-Aqsa a fine settembre del 2000: "Queste arrestazioni violano il diritto umanitario internazionale".

Ferwana sottolinea che "la violenza nell'esecuzione degli arresti, gli interrogatori, la tortura e la durezza delle condizioni di detenzione costituiscono delle gravi infrazioni". Aggiunge inoltre che "in questo momento abbiamo più di 4.800 palestinesi dietro le sbarre e molti di loro sono detenuti dall'inizio dell'Intifada al-Aqsa. Sono incarcerati in 17 prigioni e centri di detenzione diversi. Tra le 17 donne in stato di arresto, Lina al-Jarbouni è colei che sconta la pena più lunga: è stata arrestata 12 anni fa e condannata a 17 anni di reclusione".

Oltre a ciò, il responsabile del censimento informa che Israele trattiene 150 persone in detenzione amministrativa, cioè senza accuse né processi. Tra i prigionieri spiccano inoltre 12 parlamentari eletti di cui un ministro del governo locale.

Negli ultimi dieci anni, Israele ha sequestrato e incarcerato più di 60 parlamentari ed ex-ministri e la maggior parte di loro è trattenuta in detenzione amministrativa.

Tra i 474 prigionieri che scontano l'ergastolo, Ferwana dichiara che Abdullah Barghuti, lontano parente di Marwan Barghuti, si è visto infliggere 67 condanne a vita con l'aggiunta di altri 250 anni di prigione.

Sempre secondo le cifre esposte dal responsabile, sono 30 gli ordini di carcerazione effettuati da Israele prima della creazione dell'Autorità palestinese, avvenuta il 4 maggio 1993. Tra queste, 15 persone sono state arrestate più di 25 anni fa, mentre il record storico è detenuto da Karim Yunis, dietro le sbarre da più di 31 anni.

In base alle informazioni presentate del funzionario del ministero, Israele continua a negare ai prigionieri malati il diritto a cure sanitarie professionali e specializzate. Sono 1.500 i detenuti che soffrono di uno stato di salute precario; alcuni sono colpiti dal cancro, altri hanno invece perso la mobilità e alcune funzioni.

Dal 1967 sono 205 i detenuti deceduti durante la prigionia. Le cause del decesso vanno dalla tortura durante gli interrogatori alla mancanza di cure mediche appropriate, per non parlare dell'uso eccessivo della forza. L'ultimo caso registrato è quello di Hassan Torbay, 22 anni, originario di Nablus in Cisgiordania, morto di cancro all'ospedale di Afula. Israele rifiutò di procurargli i trattamenti necessari e lo ricoverò solo quando la sua salute era già gravemente compromessa.

Sono decine i palestinesi che muoiono poco dopo la loro liberazione a causa del deterioramento dello stato di salute aggravato dalla mancanza di cure nelle prigioni israeliane. Tra questi figurano Morad Abu Sakut, Hayel Abu Zeid, Ashraf Abu Threi, Fayez Zeidat e Zakariyya Issa.

Abdul-Nasser Ferwana lancia un'appello ai media chiedendo di prestare maggiore attenzione alla questione dei prigionieri palestinesi, di concentrarsi sulle loro sofferenze e sulle infrazioni e gli abusi psicologici e fisici commessi contro di loro nelle celle israeliane.

di Saed Bannoura, traduzione di Cecilia Bianchi

Iran: pastore cristiano detenuto è in precarie condizioni di salute, sollecitare la liberazione

Agenzia Fides
Behnam Irani
Il Pastore cristiano evangelico e cittadino iraniano Behnam Irani - detenuto dal 2011 dopo una condanna per "azioni contro lo stato" - è in precarie condizioni di salute che potrebbero comprometterne la sopravvivenza. Per questo urge rilasciarlo: lo chiede, in una nota inviata a Fides, l'Ong "Christian Solidarity Worldwide" (CSW), ricordando che, "anche se condannato con accuse di tipo politico, in realtà il Pastore è in carcere a causa della sua fede, in flagrante violazione della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici".

Il Pastore ha subito un intervento chirurgico il 22 febbraio ed è ora ricoverato nel Shahid Madani Hospital a Karaj. Behnam Irani soffriva di gravi emorragie a causa di ulcere allo stomaco e complicazioni intestinali. Secondo fonti dei CSW, l'operazione ha avuto successo e il Pastore tornerà nei prossimi giorni nella prigione di Ghezal Hesar.

Il Pastore Irani, cittadino iraniano convertitosi al cristianesimo, era divenuto capo della "Chiesa dell'Iran" con sede a Karaj. Avendo organizzato riunioni di preghiera "non autorizzate", è stato condannato nel 2011 a sei anni di reclusione. Nei primi mesi della sua prigionia all'istituto penale di Ghezal Hesar, il Pastore Irani è tenuto in isolamento in una piccola cella, dove le guardie ripetutamente lo svegliavano durante il sonno, come forma di tortura psicologica.

È stato poi spostato in una stanza angusta dove i detenuti non potevano sdraiarsi a dormire, in seguito trasferito in una cella sporca a sovraffollata che condivide con 40 detenuti. È stato sottoposto a pressioni fisiche e psicologiche per convincerlo a riconvertirsi all'islam. Le autorità iraniane, infatti, sono particolarmente sensibili e ritengono "un esempio pericoloso" gli iraniani che si convertono dall'islam alla fede cristiana.

Nella nota inviata a Fides, Mervyn Thomas, Direttore esecutivo di CSW, dichiara: "È inaccettabile lasciare che le condizioni di salute di un detenuto possano deteriorarsi a tal punto. Continuiamo a chiedere il rilascio del Pastore, imprigionato solo perché cristiano".

martedì 25 febbraio 2014

Grecia: l'ospedale del carcere di Korydallos è un lager, detenuti in sciopero della fame

La Presse
I pazienti detenuti della prigione con annessa clinica di Korydallos, in Grecia, hanno iniziato a rifiutare cibo e medicazioni per protestare contro le condizioni in cui sono trattenuti, a loro dire eccessivamente dure. 


Gruppi per i diritti umani e funzionari della struttura, che sorge a ovest di Atene, affermano che il carcere-clinica sia progettato per ospitare 60 persone ma hanno aggiunto che al momento i prigionieri sono oltre 200.

Molti di loro sono sieropositivi e altri soffrono di malattie infettive come tubercolosi, epatite e scabbia. Su Facebook e Twitter i partecipanti alla protesta hanno scritto che durante la settimana passata sono stati almeno 178 i detenuti che hanno rifiutato il cibo, alcuni dei quali sono sieropositivi che hanno respinto anche i loro medicinali antiretrovirali, nel tentativo di attirare l'attenzione sulla loro causa.

Negli ultimi anni la crisi economica in Grecia ha provocato una aumento nel numero dei detenuti e un calo nei fondi e nel personale carcerario, favoriti dai tagli alle spese che hanno colpito anche le prigioni, già seriamente sovraffollate. L'ospedale di Korydallos è la sola struttura all'interno del sistema carcerario greco in grado di ospitare detenuti malati.

Uganda: presidente firma legge che punisce gay con il carcere a vita - Dure critiche UN, UE e USA

Agi
Come preannunciato, il presidente dell'Uganda, Yoweri Museveni, ha firmato la controversa legge anti-gay, che prevede l'ergastolo per gli omosessuali in caso di recidiva, nonostante le critiche e le pressioni internazionali. Lo ha confermato il portavoce presidenziale, Sarah Kagingo, sottolineando che si tratta di una normativa-pietra miliare. 

Approvata a larga maggioranza lo scorso dicembre, la legge prevede l'ergastolo per i recidivi, vieta qualsiasi propaganda dell'omosessualità e rende obbligatoria la denuncia delle persone omosessuali. Inizialmente era prevista anche la pena di morte, poi esclusa. La norma è stata duramente criticata da Nazioni Unite, Unione europea e Stati Uniti.

Il presidente americano Barack Obama ha definito la legge "un passo indietro", che complicherà le relazioni con Kampala e si è detto "profondamente deluso". Per il premio Nobel e arcivescovo del Sudafrica Desmond Tutu, la normativa ricorda il sinistro tentativo dei nazisti e del regime dell'Apartheid di "legiferare contro l'amore".

Il mese scorso Museveni aveva fatto sapere che non avrebbe firmato la legge, sostenendo che i gay sono malati, ma non meritano di essere rinchiusi a vita in carcere, ma poi avrebbe cambiato idea dopo aver consultato un gruppo di scienziati, a cui il ministero della Sanità aveva chiesto di "studiare l'omosessualità e la genetica negli esseri umani". "Gli scienziati hanno dimostrato che l'omosessualità è un comportamento acquisito, che certe persone lo adottano per denaro, ed è questo che il presidente vuole impedire", secondo un portavoce.

lunedì 24 febbraio 2014

Nigeria - Boko Haram: emergenza sfollati dopo assalti nel Nord

MISNA
Cibo, acqua potabile, medicine, tende: di questo hanno bisogno le oltre 10.000 persone costrette a lasciare le loro case da un assalto armato a una cittadina del nord-est della Nigeria attribuito a Boko Haram.
“Gli sfollati hanno un disperato bisogno di beni di prima necessità che noi non siamo in grado di fornire” ha detto Mallam Maina Ularamu, responsabile dell’amministrazione del distretto di Madagali. In questa zona, al confine tra gli Stati di Borno e Adamawa, nell’ultima settimana sono giunte migliaia di persone costrette ad abbandonare la vicina località di Izge. E Izge, oggi, è ancora sulle pagine dei quotidiani nazionali. 

Dopo l’assalto che una settimana fa aveva causato più di cento vittime, presunti militanti di Boko Haram sono tornati ieri nel centro abitato dando alle fiamme le poche abitazioni rimaste in piedi e uccidendo due donne e un uomo tornati alle loro case.
[...]
Le violenze e gli attentati di Boko Haram sono divenuti più frequenti a partire dal 2009. Il gruppo sostiene di battersi per rovesciare il governo federale di Abuja e imporre la legge islamica sia nel nord a maggioranza musulmana del paese che nel sud petrolifero e per lo più cristiano.

Arabia Saudita. Il blogger Raif Badawi rischia la pena di morte per apostasia

Ticino Live
Raif Badawi, giovane blogger saudita in carcere dal giugno 2012, è accusato di apostasia, ossia alla rinuncia pubblica della religione islamica. Un atteggiamento che in Arabia Saudita viene punito con la morte.



Badawi è stato accusato dai giudici di aver insultato l’Islam attraverso il suo blog Free Saudi Liberals e anche attraverso propositi lanciati durante trasmissioni televisive.
Il giovane è stato condannato a 600 frustate e a sette anni di prigione. Una decisione contro la quale il suo avvocato ha fatto appello.
La ONG Human Rights Watch aveva pubblicato a metà dicembre un rapporto che accusava le autorità dell’Arabia Saudita di voler mettere a tacere i difensori dei diritti dell’uomo.

Amnesty International denuncia l’intimidazione esercitata dal paese verso Raif Badawi e verso tutti gli altri blogger che si impegnano ad aprire il dibattito su questioni di interesse pubblico.

domenica 23 febbraio 2014

Kenya: Somali refugees unlawfully forced out of country

 Horseed Media
Widespread intimidation, the abuse of human rights and the withdrawal of services are forcing Somali refugees out of Kenya, said Amnesty International in a report published today.


“The environment in Kenya is now so hostile that some refugees feel they have no option but to return to Somalia where the ongoing conflict in parts of the country continues to destroy lives. This is tantamount to forced return” said Sarah Jackson, Deputy Regional Director at Amnesty International.

Amnesty International’s report “No Place Like Home” reveals how life for Somali refugees has been made unbearable. People are denied access to registration, meaning they are illegally staying in Kenya, and are actively targeted by the police with indiscriminate arrests.

Abdi, 28, said “Here, in Kenya, it’s like a prison. At night we can’t leave the house, in the day we might be arrested. It is not currently safe in Somalia, we hear of killings and murder, but the situation here is very desperate… so instead of being here, let me go back.”

Last November, in the wake of the al-Shabab attack on Westgate in Nairobi, the governments of Somalia and Kenya met with the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), and signed an agreement setting out a framework for the return of hundreds of thousands of refugees to Somalia. This programme is expected to start imminently.

“The combination of insecurity and harassment has left refugees struggling to survive in Kenya. They are effectively being pushed out of their safe havens. For returns to be legal, they must be voluntary. That means without undue pressure, with their safety and dignity guaranteed. At present we are extremely concerned that these criteria will not be met” said Sarah Jackson.

According to the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR)’s own guidelines, a refugee’s decision to return can only be considered voluntary if it is motivated by positive ‘pull-factors’ in Somalia and not by pressure for them to leave Kenya.

The vast majority of refugees interviewed by Amnesty International felt they were being compelled to leave Kenya.

Those that have returned to conflict areas in Somalia risk persecution and retribution.

Fartuun told Amnesty International about his uncle’s return home to Lower Shabelle. “He was captured the day he returned home. Al-Shabab soldiers took him away and held him captive. After five days they brought him in front of the stadium and beheaded him in front of people. After, they left him outside with his head on his stomach […] for one week.”

“According to international law, voluntary returns can only take place when safety and dignity is guaranteed. How can this be possible when grave human rights abuses happen on a daily basis in Somalia?” said Sarah Jackson.

“The Kenyan government and UNHCR are duty bound to protect refugees in Kenya. Pressuring people to return to areas of active armed conflict where their lives and freedom are at risk is prohibited under international law.”

Allarme Onu: Iran, già 80 condanne a morte eseguite da inizio anno

Avvenire
Pena di morte sempre più applicata in Iran. Da inizio anno, in poco più di sette settimane, almeno 80 persone sono state giustiziate in Iran e secondo alcune fonti attendibili, il numero reale potrebbe essere di 95. Lo ha affermato l'Onu oggi a Ginevra esprimendo "profonda preoccupazione per il picco di esecuzioni in Iran dall'inizio dell'anno".
La maggior parte di queste esecuzioni è legata a reati connessi alla droga, esecuzioni che non corrispondono agli standard dei "reati più gravi", come richiesto dal diritto internazionale, ha detto la portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i diritti umani Ravina Shamdasani. Alcuni individui sono stati giustiziati in segreto ed almeno sette in pubblico.

L'Onu ha espresso particolare preoccupazione per le informazioni sull'esecuzione in segreto di Hadi Rashedi e Hashem Shàbani Amouri, entrambi membri della comunità araba Ahwaz. Le loro esecuzioni si sarebbero svolte il mese scorso a seguito di procedimenti che "non soddisfacevano gli standard internazionali di un processo equo e giusto" con le accuse mal definite di "inimicizia contro Dio" (Moharebeh), corruzione su terra (Mofsid fil-Arz) e atti contro la sicurezza nazionale, ha detto Shamdasani.

L'anno scorso almeno 500 persone (più di 620 secondo alcune fonti) erano state giustiziate in Iran, ha ricordato la portavoce ribadendo l'appello alle autorità di Teheran a cessare immediatamente le esecuzioni e ad istituire una moratoria.

Napoli. Allarme suicidi in carcere: due morti a Poggioreale e Secondigliano il terzo a Santa Maria Capua Vetere

Il Mattino
Due detenuti si sono tolti la vita nelle carceri di Poggioreale e Secondigliano in sole 48 ore.
Un terzo caso di suicidio si era verificato, poi, martedì scorso tra le mura del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Tre tragedie in pochi giorni che ripropongono prepotentemente l'emergenza carceraria e le condizioni in cui vive la popolazione detenuta negli istituti penitenziari della Campania. Tutti e tre i morti non avevano ancora subìto una condanna definitiva.

Giovedi 20 febbraio
, all'interno dell'Ospedale psichiatrico giudiziario del carcere di Secondigliano è stato trovato impiccato un uomo residente a Frosinone che era stato arrestato per porto di coltello e dal 2012 si trovava recluso in misura di sicurezza provvisoria.

Mercoledì 19 febbraio, a Poggioreale, si era suicidato un altro pregiudicato. Era recluso in una cella del padiglione «Roma» (detenuti comuni) dopo essere stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti. Per uccidersi ha inalato il gas contenuto nella bomboletta collegata al fornello utilizzato per cuocere il vitto.

Martedì 18 febbraio scorso a togliersi la vita era stato un detenuto che scontava la carcerazione preventiva perché indagato in un'inchiesta sulla criminalità organizzata. Anche in questo caso l'uomo si è suicidato impiccandosi

sabato 22 febbraio 2014

Rights Groups Allege Abuse in Nigerian Prisons

Voice of America
Rights organizations in Nigeria allege that conditions in the prisons are appalling and say they are investigating allegations of overcrowding, beatings and killings.
“It’s a national problem," said Suleiman Shuaibu, president of the African Youth for Conflict Resolution. "Everywhere in Nigeria inmates are suffering. Too much of population -- the prison yard is congested. The nature of where they sleep, the atmosphere is not conducive. They don’t have blankets to lie on.”

Shuaibu's group is investigating reports of abuse and overcrowding in prisons in Zamfara State. Authorities in Zamfara say these allegations are untrue.

Amnesty International says hundreds of people died from neglect or mistreatment in Nigerian prisons in 2013.
Small incarceration rate
But Nasir Abbas, the secretary-general of the Civil Rights Congress of Nigeria, said when prisoners die, it's not necessarily because authorities actively abuse or neglect them.

“The condition of dehumanization of the human person in the prison will make him die,” he said.

The International Center for Prison Studies says Nigeria has one of the 10 smallest incarceration rates in the world, with 32 out of every 100,000 Nigerians in prison.
But Abbas said Nigeria’s relatively low rate of incarceration can be partly explained by extra-judicial killings.

Human Rights Watch said Nigerian security officers have killed hundreds of suspects in its fight against Islamist militants known as Boko Haram, who have killed thousands of people in the past four and a half years.

Abbas said another reason Nigeria has a relatively low number of inmates is that Nigerian prisons are already full. Many of the inmates crowding the prisons, he said, are detainees, waiting months or even years for trials.

“The judicial system is a slow process," he said. "The way we dispense justice in Nigeria is quite slow. And at times you tend to find out that there is the prosecutors at times have transferred or maybe decide to say, ‘So okay, the case file is missing.’”

Working toward reform
The Nigerian government says it’s committed to prison reform as part of President Goodluck Jonathan’s “transformation agenda.” But some analysts say there’s no money for it.

Nigeria’s proposed 2014 budget indicates that if reforms are going to happen, they won’t be happening soon.

Of the nearly $290 million allocated for Nigerian prisons in the budget, less than 5 percent will go to new programs and improvements. Most of the money will be for salaries and maintenance.

Clement Nwankwo, the director of the democracy and Legal Advocacy Center in Abuja, said reform is not possible without more investment.

"Comparatively the Nigerian prison population is low," he said. "If you have about 60,000 prisoners in a population of 160 million to 170 million that’s really almost insignificant. So it worries me that you don’t have proper prisons that could be humane.”

Many African countries join Nigeria with low prison rates compared to statistics from the Americas, Asia and Europe. The United States has the world’s highest prison rate with 716 prisoners per 100,000 citizens.

Ibrahima Yakubua contributed to this report from the Niger Delta.

Svezia: le carceri si stanno svuotando. Pene più lievi e riabilitazione. Recidiva dimezzata società più sicura

www.news.you-ng.it
[...]
In Svezia il numero di quelli che finiscono dietro le sbarre è in costante diminuzione ormai da una decina d'anni: in media un calo dell'1 per cento sin dal 2004, con un'accelerazione negli ultimi anni, dove si sono toccate punte del -6 per cento.

Tanti i motivi. Dopo una sentenza della Corte Suprema, che nel 2011 ha ridefinito i criteri delle pene per i crimini legati alla droga, i giudici svedesi emettono ad esempio condanne mediamente più miti. Quando si può, si tende a tenere la gente fuori dalle prigioni, optando per misure come la libertà vigilata o l'assegnazione ai servizi sociali.

Raramente le condanne superano i 10 anni

Dal 2004 si è registrata una flessione del 36 per cento dei furti e del 12 per cento dei crimini violenti. 

Organizzazioni di volontariato aiutano di ex detenuti a reinserirsi nella società. Il processo di riabilitazione funziona

La percentuale degli ex carcerati che torna a commettere crimini in Svezia si aggira tra il 30 e il 40 per cento. In Gran Bretagna la percentuale è praticamente doppia.

Medio Oriente: il numero dei "detenuti amministrativi" senza accusa né condanna nelle carceri israeliane sale a 200

www.infopal.it
Alcuni dati mostrano come il numero dei palestinesi detenuti nelle carceri dell'occupazione sotto regime di detenzione amministrativa, senza accusa né condanna, sia di recente salito a 200. 

La fondazione "Solidarietà internazionale" per i diritti umani ha dichiarato in un comunicato stampa diffuso il 21 febbraio, da Quds Press, che il numero dei detenuti amministrativi assiste ad un continuo aumento causato dalle campagne di aggressione portate avanti quotidianamente da Israele.

Il comunicato ha affermato che non meno del 90 per cento dei detenuti amministrativi sono ex prigionieri e leader di organizzazioni palestinesi. La fondazione ha spiegato che le autorità d'occupazione fanno riferimento a "dossier segreti" per giustificare l'applicazione della detenzione amministrativa nei confronti dei palestinesi, senza basarsi su prove o indizi chiari per formulare una specifica accusa per il prigioniero. 

Inoltre all'avvocato viene proibito l'accesso a tali dossier che le autorità d'occupazione pretendono di tenere per sé in quanto riservati.

venerdì 21 febbraio 2014

Esercito Turchia blocca profughi al confine con la Siria - Forze di sicurezza aprono fuoco per disperdere rifugiati

TMNews
Istanbul - L'esercito turco questa notte ha respinto un folto gruppo di profughi siriani mentre cercavano di entrare in Turchia sparando in aria per disperderli presso il valico di frontiera di Akcakale, riporta l'agenzia Dogan. 

I rifugiati che vengono dalla città di Rakka, dove nella serata di ieri si sono intensificati gli scontri tra esercito regolare e ribelli anti-Assad sono ora accampati lungo il confine in territorio siriano.

Secondo i dati dell'Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) la Turchia ospiterebbe ad oggi più di 600 mila rifugiati siriani, di cui 200 mila circa vivono nei campi gestiti dalla Protezione civile turca al confine con la Siria. 

Ankara ha aperto le sue porte ai profughi siriani fin dall'inizio del conflitto nel 2011, ma l'ingente flusso di rifugiati, il più importante da inizio 2013 secondo l'Unhcr, ha spinto le autorità turche a maggiori controlli lungo la frontiera.

New Book:"The Wrong Carlos" Argues Texas Executed an Innocent Man

One of the strongest accounts pointing to the execution of a probably innocent man in recent times concerns the case of Carlos DeLuna, who was executed in Texas in 1989. 

In a forthcoming book, The Wrong Carlos: Anatomy of a Wrongful Execution, Professor James Liebman of Columbia Law School describes his investigation into the case, along with a team of students. 

The investigation uncovered serious problems in DeLuna's case, including faulty eyewitness testimony and the police's failure to investigate another potential suspect. DeLuna maintained his innocence and said another man, Carlos Hernandez, committed the crime. Hernandez and DeLuna looked so similar that their own families mistook photos of the men for each other. 

Moreover, Hernandez had a history of violent crimes like the one for which DeLuna was executed. The book and its accompanying website provide evidence of a grave mistake with police and witness records, trial transcripts, photographs, and more. The Wrong Carlos will be released in July 2014 but is available for pre-order now.

J. Liebman, "The Wrong Carlos: Anatomy of a Wrongful Execution," Columbia University Press, forthcoming July 2014

USA: New York vuole diminuire il numero dei detenuti in regime di isolamento saranno esclusi minorenni e donne in incinte

Tm News
Decisione di proporzioni storiche: sarà vieta per i minorenni e per le donne incinte e porrà lo Stato all'avanguardia per la difesa dei diritti dei carcerati

Lo Stato di New York si prepara a prendere una decisione storica sulla questione dei detenuti in isolamento con una riforma che dovrebbe diminuire il numero di prigionieri in queste condizioni e vietare la pratica per i minori di 18 anni. Con questa riforma New York diventerebbe il più grande sistema penitenziario americano ad approvare un provvedimento del genere, soprattutto per quanto riguarda i minori.

La rivoluzione è contenuta in un documento depositato in un tribunale dello Stato dalla New York Civil Liberties Union, l'associazione che rappresenta tre prigionieri che hanno avanzato tale richiesta. Inoltre i funzionari dei penitenziari non potranno più usare l'isolamento solitario come misura punitiva per donne incinte e la punizione avrà un limite di trenta giorni per le persone disabili e con ritardi mentali.

Le nuove linee guida del provvedimento per la prima volta coinvolgeranno tutti i prigionieri e non solo - come succede ora - solo coloro che si trovano in carcere per violenze e per reati legati alla droga. "Lo Stato di New York ha fatto la cosa giusta impegnandosi in una riforma completa del modo in cui viene usato l'isolamento estremo, una pratica dannosa e disumana che per anni è stata usata come prima punizione" nelle prigioni, ha detto Donna Lieberman, a capo dell'associazione.

Altri Stati americani - inclusi il Colorado, il Mississippi e lo Stato di Washington - stanno valutando di cambiare le regole sul confinamento solitario e la prossima settimana il sottocomitato Giustizia del Senato prenderà in considerazione la questione. Ma la scelta di New York è di proporzioni storiche, vista la grandezza del suo sistema penitenziario: lo Stato potrà dare l'esempio e porsi all'avanguardia di un cambiamento che in futuro potrebbe cancellare "una misura punitiva che negli Stati Uniti in una forma o nell'altra è stata adottata negli ultimi decenni in quasi tutti gli Stati Uniti", ha concluso Taylor Pendergrass, il legale che sta guidando la causa per la New York Civil Liberties Union.

Arabia Saudita: condanne fino a 20 anni di carcere per 7 manifestanti anti governativi

Aki
Da sei a venti anni di carcere sono stati inflitti da un Tribunale saudita a sette manifestanti di Qatif per aver contestato il governo di Riad. 

Lo riferiscono i media locali, spiegando che ai sette è stato anche imposto il divieto di espatrio per la durata della pena. 

Gli imputati, che faranno appello, sono stati riconosciuti colpevoli di aver "preso parte alle proteste", "intonato slogan contro lo Stato" e di "possesso e realizzazione di bombe Molotov"

Uno degli imputati è stato anche condannato a 80 frustate per consumo di alcolici.

Venezuela: Presidente degli Stati Uniti Obama chiede liberazione manifestanti detenuti

Ansa
Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto "la liberazione" delle persone arrestate durante le manifestazioni antigovernative di questi giorni in Venezuela, invitando, inoltre, il presidente Nicolas Maduro al dialogo. Dopo aver definito "inaccettabile" la violenza nel paese, Obama ha respinto le "false accuse" di Caracas contro gli Stati Uniti.
"Il Venezuela cerca di sviare le proprie carenze con accuse" contro Washington, ha precisato il presidente degli Stati Uniti, che si trova in Messico per un vertice a tre insieme al Canada. Maduro aveva ordinato questa settimana l'espulsione da Caracas di tre diplomatici statunitensi. "Il governo dovrebbe concentrarsi nel venire incontro alle legittime richieste dei venezuelani", ha aggiunto Obama.

giovedì 20 febbraio 2014

Onu: in Somalia un milione di sfollati interni e un milione di profughi nei Paesi vicini

Radio Vaticana
Sono un milione gli sfollati interni in Somalia e un altro milione di persone ha trovato rifugio nelle Nazioni vicine. Due milioni sono invece i somali che non hanno cibo a sufficienza. Sono i dati presentati dall'Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari, il cui responsabile delle operazioni, John Ging, ha appena effettuato una visita nel Paese africano, colpito solo tre anni fa da una terribile carestia che ha causato 260mila morti. 

A complicare la situazione “estremamente fragile“, ha sottolineato Ging, la scarsa sicurezza sul territorio. Dopo anni di anarchia e sanguinose azioni da parte dei miliziani islamici Shabaab, non solo sul territorio somalo ma anche in altri Stati africani, a dicembre si è insediato il nuovo premier, Abdiweli Sheikh Ahmed. Della situazione in Somalia parla mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, intervistato da Giada Aquilino:MP3 

R. - Questa è la situazione degli ultimi tre anni, non è dunque una novità. Probabilmente al mondo dei mass media sembrava che, con la tentata rinascita del nuovo Stato, la situazione fosse cambiata. Invece no, perché le istituzioni somale - nate un anno e mezzo fa - non sono ancora in grado di assicurare una governabilità, soprattutto nel centro-sud della Somalia. Poi c’è la questione della sicurezza: ci sono ancora molte zone nelle mani degli oppositori, in particolare degli Shabaab, e questo chiaramente non incoraggia i rifugiati a tornare in Somalia, soprattutto dal Kenya e dall’Etiopia; non incoraggia nemmeno gli sfollati interni a fare rientro nelle zone di origine.

D. - Oltre alle ragioni di sicurezza, quali altri motivi sono alla base di queste migrazioni?

R. - Negli ultimi tre anni i motivi sono stati la siccità, che ha colpito in un modo drammatico la Somalia. Ma bisogna anche tornare molto indietro, alla frantumazione dello Stato somalo che ha spinto moltissimi abitanti a cercare - oltre i confini dello Stato oppure, per gli interni, oltre i confini delle loro regioni - un luogo di rifugio per poter sopravvivere.

D. - Quando si parla di rischi di anarchia anche in altri Paesi, viene evocato spesso il caso della Somalia. Per dove passa la via della rinascita?

R. - Passa attraverso un doppio sforzo: uno sforzo interno delle popolazioni, che deve essere coadiuvato dalla Comunità internazionale: cioè la Comunità internazionale da sola non basta e queste Nazioni, come la Somalia, da sole non possono rimettersi insieme. C’è bisogno di un approccio comune di lungo termine tra la Comunità internazionale e gli abitanti del posto.

D. - Ed il ruolo della Chiesa locale?

R. - A causa dell’insicurezza, a causa di una forma estrema di islamismo, noi non possiamo operare molto apertamente, però è chiaro che continuiamo con un’opera umanitaria, soprattutto attraverso la nostra Caritas. Inoltre, abbiamo altri contatti meno visibili: proprio questa mattina ho ricevuto l’invito da parte di una persona in Kenya che vorrebbe lavorare di più nello sforzo di riconciliazione all’interno della Somalia e a cui ho dato il mio benvenuto. Bisognerà trovare interlocutori validi.

Nord Corea: arrestato missionario protestante australiano, in carcere da domenica scorsa

Ansa
Un missionario protestante australiano è detenuto nella Corea del Nord da domenica scorsa. Lo ha affermato la moglie in un'intervista ad un giornale di Hong Kong, la Speciale Regione Amministrativa della Cina dove la coppia risiede da alcuni anni. La donna racconta che John Short, di 75 anni, era alla sua seconda visita in Corea del Nord e aveva portato con sé del "materiale religioso".

"Lo aveva fatto anche nel primo viaggio e nessuno aveva obiettato", ha aggiunto la donna. Questa volta, invece, Short è stato bloccato nel suo albergo domenica scorsa, poco prima della sua partenza da Pyongyang. Un altro missionario protestante, l'americano Kenneth Bae, è stato arrestato l'anno scorso nella Corea del Nord e condannato a 15 anni di lavoro forzato per "atti ostili".

Rifugiati: Israele trasferisce segretamente in Uganda richiedenti asilo

ASCA
Roma - Israele trasferisce segretamente in Uganda i cittadini africani che chiedono asilo politico allo stato ebraico. Lo rivela il quotidiano Haaretz, citando fonti del governo secondo le quali decine di persone hanno accettato di andare in Uganda e molte di loro sono gia' partite. 

Il ministro degli Interni israeliano, Gideon Saar, aveva detto il mese scorso che circa 1.500 africani entrati nel paese illegalmente avrebbero dovuto lasciare Israele entro febbraio. Secondo i dati del governo di Tel Aviv, nel paese ci sono circa 52 mila africani entrati senza permesso e provenienti in gran parte da Sudan e Eritrea. (fonte AFP)

Egitto: ong diritti umani a Onu, violazioni senza precedenti 'Collasso stato diritto, pressioni su magistratura e torture'

ANSA Med
Roma - Una decina di organizzazioni per i diritti umani egiziane fanno appello all'Onu affinchè intervenga di fronte "a violazioni dei diritti umani su larga scala e senza precedenti", che verrebbero "commmessi con impunità" nel Paese. L'appello è emerso da un incontro svoltosi il 16 febbraio - informa un comunicato - nella sede del Cairo Institute for Human Rights Studies (CIHRS), dove si è svolto un dibattito con due rappresentanti dell'Onu e venti avvocati per i diritti umani.
Nell'incontro si è discusso di ''collasso dello stato di diritto - si legge nella nota - disprezzo della Costituzione e della legge, indebolimento del principio della separazione dei poteri, e di controllo esercitato dalla polizia e dagli apparati di sicurezza interna su procuratori e la magistratura". La riunione ha evidenziato che agli arrestati viene frequentemente negato di incontrare gli avvocati, e che il periodo di detenzione senza che sia formalizzata alcuna accusa può durare senza limiti. Inoltre, è stato denunciato l'uso di torture e di mancanza di adeguata assistenza sanitaria.

Sarebbe inoltre ricomparso i fenomeni di persone scomparse e di accuse create ad arte, talvolta addirittura ''ridicole". Per esempio, è stato riferito, alcuni "cristiani e comunisti prima accusati di aver attaccato esponenti della Fratellanza sono stati di recente accusati di appartenere allo stesso gruppo". Preoccupazione è stata inoltre espressa per un aumento dell'incitamento alla violenza sui media, con "numerosi articoli che spingono gli apparati di sicurezza ad uccidere persone che si oppongono all'ordine attuale e ai 'cittadini onesti' di cooperare con i servizi di sicurezza in questo sforzo.

Fra le organizzazioni presenti all'incontro anche l'Arabic Network for Homan Rights Information diretto da Gamal Eid.

Malala In visita a campo profughi siriano di Zaatari: comunità internazionale aiuti istruzione bambini siriani

AFP
Amman - Malala Yusafzai, giovane militante pachistana per i diritti umani, ha chiesto alla comunità internazionale di fornire assistenza per l'istruzione dei bambini siriani: "Ci sono ancora tanti bambini e bambine che non possono andare a scuola", ha sottolineato Malala nel corso di una visita al campo profughi siriano di Zaatari, in Giordania.

"Questi bambini vogliono avere un'istruzione perché sognano di diventare medici, ingegneri e giornalisti" ha spiegato la giovane, insignita del premio Sakharov per i Diritti umani e scampata nel 2012 a un tentativo di omicidio da parte dei talebani pachistani.

mercoledì 19 febbraio 2014

Couple 'stoned to death' in southwest Pakistan: officials

Death Penalty news
Quetta: A tribal couple in southwest Pakistan have been stoned to death allegedly on the orders of a local cleric after being accused of having an extramarital affair, local officials told AFP on Monday.
Eight people have been arrested, including the cleric, for the suspected murders in the village of Manzkai, 150 kilometres (90 miles) from Quetta in sparsely populated Baluchistan province.

"Locals have told the authorities that the man and woman were stoned to death. Some people are also saying that they were stoned and later shot," senior local administration official Zulfiqar Durrani told AFP.

He said that witnesses have told authorities that the man and woman, both from a nomadic tribe and married to other people, were found guilty of "illicit relations".

"The bodies of the executed man and woman will be exhumed and a postmortem will be performed to ascertain how they were killed," Durrani said.

Local tribal police official Abdul Latif Kakar confirmed the stoning, but cautioned that the full picture would emerge only once investigations are completed.

Hundreds of people are killed around the country each year in Pakistan in the name of defending family "honour", but stonings are extremely rare.

Relations between men and women without family approval are considered immoral by many in Pakistan, particularly in the deeply conservative tribal areas.

Siria: avvocato riferisce: in carcere cinque attivisti diritti umani

Ansa
Cinque attivisti per i diritti umani in Siria, tra cui tre donne, sono stati arrestati dalle forze governative nella periferia di Damasco nelle ultime ore. Lo riferisce l'avvocato Anwar al Bunni, da anni difensore di molti dissidenti siriani.
I media ufficiali non confermano né smentiscono. Bunni e altre fonti contattate dall'Ansa via Skype affermano che ieri sera una pattuglia delle forze di sicurezza del regime ha intercettato a Sehnaya, a sud di Damasco, un'auto a bordo della quale c'erano cinque attivisti: Jihan Amin, 40 anni, Rania Maatuq di 24 anni, una donna identificata solo col nome di persona Fariza e altri due. Rania Maatuq, studentessa alla facoltà di Belle Arti all'università di Damasco, è la figlia di Khalil Maatuq, noto avvocato difensore di dissidenti e arrestato a Damasco nell'ottobre 2012.

Australia - Papua Nuova Guinea: un morto in scontri nel Centro detenzione australiano per migranti

La Presse
Una seconda notte di disordini dentro e nei pressi del centro di detenzione per richiedenti asilo stabilito dall'Australia nella remota isola di Manus in Papua Nuova Guinea, ha avuto sviluppi tragici, con la morte di uno dei detenuti. Altri 77 sono rimasti feriti, di cui 22 con lesioni gravi e uno in condizioni critiche con una frattura cranica. Un altro è stato colpito da un proiettile. Il ministro dell'Immigrazione Scott Morrison ha descritto come "una grande tragedia" la notizia della morte, ma ha aggiunto che si trattava di "una situazione molto pericolosa in cui delle persone hanno deciso di protestare in maniera violenta, sfondando le linee di recinzione e uscendo all'esterno, esponendosi a grave rischio".

All'esterno si sono scontrati con la polizia locale e sono stati violentemente aggrediti da abitanti dell'isola, anche all'interno del campo. I disordini sono scoppiati dopo un periodo di massima tensione nel centro, in cui sono alloggiati 1300 richiedenti asilo, quando questi hanno appreso che se anche otterranno lo status di profughi saranno accolti solo in Papua Nuova Guinea e in nessun altro paese. 

La notte precedente 25 richiedenti asilo erano riusciti a fuggire dal centro, ma sono stati presto catturati. Il precedente governo laburista australiano aveva stabilito nel 2012 due nuovi centri di detenzione per i profughi che tentano di raggiungere per mare le sue acque, a Manus Island e nel piccolo e remoto stato-isola di Nauru, sospendendo l'esame delle domande di asilo ed escludendo che anche chi ottenga lo status di profugo possa insediarsi in Australia. 

Una politica mantenuta e rafforzata con chiaro intento di deterrenza dal nuovo governo conservatore, che si è impegnato a fermare del tutto gli arrivi illegali via mare utilizzando unità della Marina e operando respingimenti verso l'Indonesia.

Quella dei richiedenti asilo è una questione molto emotiva in Australia, nonostante i numeri relativamente molto ridotti. Secondo dati dell'Alto Commissariato Onu per i profughi, nel 2012 l'Australia ha ricevuto solo il 3% delle domande di asilo globali

Le condizioni nei due campi remoti nel Pacifico sono state oggetto di dure critiche sia da parte di agenzie Onu che di Amnesty International e di altre organizzazioni per i diritti umani. Queste denunciano che la detenzione prolungata in condizioni anguste e surriscaldate, combinata con la mancanza di chiarezza su quando le richieste di asilo saranno esaminate e dove la persona finirà, stanno causando un'epidemia di disturbi mentali. La portavoce dei Verdi per i profughi, Sarah Hanson-Young, ha ripetuto che il centro di Manus, come quello di Nauru, deve essere chiuso al più presto perché in piena violazione dei trattati internazionali sottoscritti dall'Australia. "Il gulag a Manus Island è inaccettabile", ha detto.

martedì 18 febbraio 2014

Zimbabwe: amnistia per 2.000 detenuti. Associazioni diritti: nelle carceri si muore di fame

Ansa
Le autorità dello Zimbabwe hanno annunciato un'amnistia di cui beneficeranno circa 2.000 detenuti, per lo più donne e bambini, mentre nelle carceri del paese i detenuti muoiono di fame. 

Lo riferiscono le associazioni per i diritti umani. Tutte le donne prigioniere saranno liberate tranne quelle condannate al carcere a vita o alla pena di morte, e la stessa clemenza sarà applicata ai detenuti under 18 "a prescindere dal crimine o delitto" commesso, riferisce la stampa locale. 

L'amnistia vale anche per i malati terminali, i detenuti oltre i 70 anni e i condannati a pene detentive inferiori ai tre anni, che abbiano già completato un quarto della loro pena. Sono esclusi i condannati per omicidio, stupro, rapina, furto di bestiame e detenuti che scontano pene inflitte da un tribunale militare. 

L'anno scorso, un gruppo di avvocati per i diritti umani (Zlhr) aveva denunciato la morte di più di un centinaio di prigionieri, soprattutto a causa della mancanza di cibo.

lunedì 17 febbraio 2014

Onu, inchiesta. Nordcorea colpevole di gravissimi crimini contro l’umanità

Blitz Quotidiano
USA, New York – La Corea del Nord si è resa colpevole di gravissimi crimini contro l’umanità, di ogni genere di violazioni dei diritti umani, fra cui il sequestro di persone e la tortura, fino allo sterminio e alla riduzione alla fame del proprio popolo. E’ questa la conclusione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che nell’arco di un anno ha condotto una lunga, dettagliata inchiesta che propone il deferimento di Pyongyang alla Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja. 

Il rapporto conclusivo sarà pubblicato lunedi a Ginevra, ma alcuni media, fra cui il quotidiano britannico Guardian, hanno ottenuto delle anticipazioni.

L’inchiesta, condotta da un’apposita commissione di tre persone presieduta dal giudice australiano in pensione Michael Kirby, denuncia che dalle “dolorose” e spesso “commosse” audizioni pubbliche di testimoni tenute a Seul, Tokyo, Londra e Washington emergono “sufficienti elementi da giustificare un’indagine criminale da parte di un organo di giustizia competente nazionale o internazionale”. Le testimonianze sono state rese dalle persone che sono riuscite a fuggire all’estero. E ce ne sono di agghiaccianti, come quella di una madre costretta ad annegare il suo bimbo appena nato o di celle con soffitti alti 50 centimetri.

“Ci sono elementi oggettivi incontestabili, per esempio che in Corea del Nord un terzo dei bambini fino a 5 anni d’età cresce con malformazioni” a causa della malnutrizione”, dice il giudice Kirby al Guardian. Vengono inoltre citati diversi casi di cittadini giapponesi o sudcoreani rapiti. La commissione era chiamata a decidere se i vertici politici di Pyongyang, compreso il leader Kim Jong-un, fossero perseguibili dalla Cpi. Non essendo la Corea del Nord firmataria del trattato che istituì la Corte dell’Aja, il giudice Kirby aveva già fatto presente che il Consiglio di sicurezza dell’Onu potrebbe estendere la giurisdizione del tribunale in alcuni casi eccezionali.

Un’opzione, questa, che tuttavia s’infrangerebbe quasi certamente contro il veto della Cina, alleato storico del regime comunista di Pyongyang. Pechino – ricorda il Guardian – mantiene inoltre fede alla sua politica di rispedire in patria i transfughi nordcoreani: un aspetto che secondo la commissione – citata dal Guardian – potrebbe esporre la stessa Cina a una possibile citazione. Per velleitarie che possano apparire le raccomandazioni finali, per lo meno l’inchiesta potrà riportare i riflettori sulle violazioni dei diritti umani e la natura crudelmente dittatoriale di un Paese isolato e chiuso, che pure ha lanciato in questi giorni i primi segni di distensione da anni con la Corea del Sud.

Kirby di recente ha lamentato come negli ultimi tempi a prevalere siano le piccole curiosità divulgate sulla vita privata di Kim Jong-un, o del compleanno del defunto padre, Kim Jong-il, che cade domenica. Oppure la discussa visita della star del basket Nba Dennis Rodman, nei giorni in cui il mondo rabbrividiva per la notizia che Kim aveva fatto giustiziare lo zio, accusato di complotto, e tutti i suoi familiari. Secondo notizie filtrate da Seul, sarebbero stati fatti divorare vivi da cani affamati.