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martedì 30 agosto 2016

Dopo 70 anni il Giappone risarcirà le "donne di conforto" sudcoerane

Corriere della Sera - Blog
Ci sono voluti 70 anni. Ma alla fine Giappone e Corea del Sud hanno scritto la parola fine sull’ultimo, doloroso capitolo che si trascinava dal 1945, impedendo una vera normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi asiatici. Le donne sudcoreane sopravvissute che durante la seconda guerra mondiale furono costrette alla schiavitù sessuale da parte dell’esercito giapponese, riceveranno ciascuna un risarcimento di circa 100 milioni di won (circa 90.000 dollari). Mentre alle famiglie delle vittime decedute sarà data una somma di circa 20 milioni di won (18.000 dollari). 


L’annuncio è stato dato giovedì 25 agosto dal ministero degli esteri sudcoreano. I risarcimenti arriveranno da una fondazione lanciata dal governo sudcoreano lo scorso mese e finanziata dal governo giapponese. Seul si aspetta che il governo giapponese trasferisca presto 1 trilione di yen (9,9 milioni di dollari) a questa fondazione. 

Secondo le autorità sudcoreane, delle 196 donne sottoposte a schiavitù sessuale dai militari giapponesi ne sono sopravvissute solo 46. Il primo passo lo scorso dicembre quando il ministro degli Esteri giapponese Fumio Kishida ha espresso all’omologo sudcoreano Yun Byung-se le “profonde scuse” del governo del Giappone per il danno causato alle donne reclutate forzatamente dall’esercito nipponico: “Abe, come primo ministro del Giappone, offre nuovamente le scuse dal suo cuore e una riflessione per tutte coloro che hanno sofferto molto dolore e hanno cicatrici che sono difficili da rimarginare sia fisicamente, sia mentalmente”, ha detto. 

Le circa duecentomila giovani filippine, sudcoreane e cinesi strappate alle loro famiglie, furono costrette, a partire dagli anni Trenta fino alla conclusione della Seconda guerra mondiale, a diventare vere e proprie schiave sessuali dei soldati giapponesi, subendo stupri e sevizie per anni. Gran parte di queste disperate, una volta tornate a casa, dovettero anche affrontare l’onta e l’umiliazione di una società conservatrice. Più di un premier giapponese, negli anni, provò a esprimere «rimorso» per quanto accaduto. Ma mai con parole chiare e con l’impegno economico del governo, ragion per cui la controparte aveva sempre respinto i messaggi al mittente."

Monica Ricci Sargentini

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