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martedì 2 agosto 2016

Si aggrava a dismisura la crisi alimentare nel Sud Sudan vittima della guerra

Osservatore Romano
Si aggrava a dismisura la crisi alimentare nel Sud Sudan, alle prese con i violenti combattimenti tra le truppe del capo dello Stato, Salva Kiir, e quelle del vice presidente, Riek Machar. 


Il conflitto — che si è intensificato nelle ultime settimane e che continua a ripercuotersi pesantemente sulla popolazione — dura ormai da dicembre del 2013 e ha causato oltre 10.000 vittime, costringendo più di due milioni di persone ad abbandonare le proprie abitazioni. Alla base dei sanguinosi scontri a fuoco, una lotta senza quartiere tra fazioni rivali per il potere e la gestione delle risorse idriche e petrolifere.

L’approvvigionamento alimentare è una delle priorità in tutto il Paese africano. A causa degli scontri dell’8 e 9 luglio, nella capitale Juba sono state chiuse tutte le vie di accesso ai principali mercati, con i commercianti che hanno rapidamente finito le scorte proprio nel periodo più critico: quello che precede la semina nei campi. La crisi sta ora dopo ora diventando sempre più grave. 

Solo nell’ultima settimana, sfidando piogge torrenziali, strade fangose, violenze, e malattie, oltre 24.000 persone — soprattutto donne e bambini — hanno attraversato il confine per trovare rifugio in Uganda. Lo hanno confermato fonti dell’Onu, stimando che quasi la metà di loro non abbia un luogo in cui dormire e non possa accedere ad acqua, cibo e servizi igienici e sanitari di base. La pressione sui confini ugandesi si sta facendo sempre più forte e i centri di accoglienza sono sovraffollati, al limite del collasso. Le agenzie umanitarie hanno denunciato la precarietà delle risorse e l’inadeguatezza delle strutture di ricovero e dei centri di transito nella parte nord occidentale del Paese.

Diecimila rifugiati sono stati costretti a sostare nella città di confine di Elegu, in un compound attrezzato per contenere solo mille persone. L’altro campo ugandese, a Kuluba, ospita attualmente mille rifugiati, tre volte la sua capacità. Altrettanto drammatica la situazione nel centro di transito di Nyumanzi, nel distretto nord occidentale ugandese di Adjumani, che fu costruito nel 2014 per ospitare circa 2000 persone per non oltre due settimane. Attualmente accoglie oltre 20.000 profughi.

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