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martedì 30 dicembre 2014

Freddo, paura per i senzatetto. L'appello di Sant'Egidio

Radio Vaticana
In Italia è arrivata l'ondata di gelo e già si registra la prima vittima per il freddo: un clochard a Milano. Anche quest’anno, dunque, l’inverno si presenta come il grande nemico dei senzatetto: solo a Roma ben 2500 persone non hanno riparo. Al microfono di Corinna Spirito, Augusto D'Angelo, responsabile dei senza fissa dimora per la Comunità di Sant'Egidio, sottolinea la necessità di passare dalla cultura dell’emergenza alla cultura del progetto:


R. – È una cosa che ci chiediamo con la Comunità di Sant’Egidio, perché questo problema del freddo e dell’inverno viene sempre affrontato con la parola “emergenza”. E abbiamo scoperto che attraverso l'emergenza si è aperta una crepa attraverso la quale il malaffare, la speculazione sul più debole, si è insinuata anche nelle amministrazioni. Ma noi sappiamo benissimo che l’inverno, il freddo vengono tutti gli anni, quindi penso che ci sia lo spazio per far sì che le azioni da fare per aiutare chi è senza fissa dimora, davanti al gelo e davanti al freddo, debbano essere programmate per tempo e realizzate.

D. – Quest’anno, se pensiamo alla città di Roma, c’è anche un ulteriore intoppo, quello delle indagini per “Mafia Capitale”…


R. – A Roma abbiamo calcolato, anche con i dai Istat, che le persone senza dimora sono 7800, di queste: 1560 trovano rifugio presso parrocchie, associazioni di volontariato, religiosi; 1200 presso dei centri convenzionati con Roma Capitale. Erano previsti 600 posti in più, che dovevano essere aperti all’inizio di dicembre per l’emergenza freddo, che appunto viene tutti gli anni. Le inchieste hanno bloccato quest’apertura. Pare che adesso ne abbiano aperti 300. Debbo dire che l’altra sera due senza fissa dimora hanno telefonato di fronte a me al numero verde e gli hanno detto che non c’erano posti. Questo vuol dire che attualmente si stima che a Roma circa 2500 persone non trovano riparo per la notte e altre 2000 vivono invece in alloggi di fortuna.

D. – Come si deve agire per evitare altri morti?

R. – Io le posso dire l’esperienza di Sant’Egidio che, nella sua dimensione non enorme, ha elaborato un suo modello. Quest’anno, come tutti gli ultimi anni, per il periodo invernale abbiamo aperto un piccolo spazio di accoglienza al centro di Roma, che dispone di un numero limitato di letti. Queste persone vengono accompagnate nei mesi fino alla primavera inoltrata, affinché man mano si superino i problemi che li hanno portati in strada. Alla fine ci siamo resi conto che l’80 per cento delle persone che passano per questa nostra iniziativa non tornano più in strada. Alla fine del periodo, infatti, rimuovendo le cause delle difficoltà, che qualche volta sono non avere assolutamente un lavoro - e allora trovando un piccolo lavoro - non avere un riparo - e allora trovando una stanza o un’altra soluzione - si riesce a far sì che l’essere senza fissa dimora non sia una condizione senza ritorno, ma possa essere soltanto una condizione di un periodo della propria vita. Per far questo ci vuole un’esigenza importante, che è quella di passare dalla cultura dell’emergenza alla cultura del progetto, cioè non far sì che si dia soltanto un tetto per il periodo invernale e poi non ci si pensi più, ma far sì che il momento di accoglienza invernale diventi il momento di rilancio delle vite delle persone più in difficoltà.

D. – E per le persone per cui invece, purtroppo, non ci sono letti, come si muove la comunità di Sant’Egidio?

R. – Noi, in questi giorni, stiamo incrementando la distribuzione di coperte. I nostri gruppi sparsi per le città vanno a trovare le persone, che noi andiamo a visitare settimanalmente per controllare come stanno. La sera del 31, poi, staremo con i nostri amici, in tutte le stazioni e in tutti i luoghi dove loro si trovano, per portare una cena calda, un gesto di vicinanza, per stappare con loro lo spumante della notte di Capodanno e anche lì portare nuovamente coperte, guanti, cose che possono servire per ripararsi dal freddo.

D. – Il singolo cittadino come può comportarsi invece per aiutare?

R. – Ieri ho ricevuto un sms di una mia collega di lavoro, la quale mi ha detto: “Questa sera, con i miei vicini di casa, del mio condominio, abbiamo deciso di portare una cena calda e delle coperte alle persone che stanno per strada e che vivono vicino a casa nostra”. Ecco, questa è una cosa che possono fare tutti; e, a mio giudizio, rientra anche in quella dimensione che ha indicato Papa Francesco, che è rivolta ai cristiani, ma è rivolta anche a tutti gli uomini di buona volontà, e cioè che di fronte ai poveri in questa stagione bisogna far provare la tenerezza e la consolazione di Dio; a tutti quelli che si incontrano. E i più deboli sono quelli da cui bisogna cominciare.

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