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martedì 27 maggio 2014

Uganda, la persecuzione dopo gli omosessuali si estende alle ONG. Paura a farsi curare dall'AIDS

Il Referendum
I primi risultati della legge contro gli omosessuali promulgata a febbraio dal presidente ugandese Museveni si stanno rendendo noti: incremento di omofobia e violenza nei confronti della comunità LGBT. E ora il governo sta studiando una legge per allontanare le Organizzazioni Non Governative (ONG) che operano nel paese a favore dei diritti umani.
Le forti critiche mosse dalle ONG a favore dei diritti LGBT in Uganda hanno infatti infastidito le principali forze politiche nazionali, spingendole a studiare nuove norme per evitare «l’ingerenza straniera nella politica interna del Paese», non considerando l’apporto fornito alla società ugandese nella lotta all’AIDS/HIV.

Nel mentre, Amnesty International e Human Rights Watch hanno pubblicato le conseguenze della tanto criticata legge in vigore da un paio di mesi. La nuova disposizione del codice penale e l’incremento di atti violenti a sfondo omofobico hanno spinto diversi cittadini apertamente omosessuali a lasciare il paese, presentando una richiesta d’asilo altrove, mentre altri si ritrovano ad affrontare disarmati un clima sempre più teso e violento. Molte associazioni che promuovono la protezione degli atti sessuali sono state costrette a chiudere, e ormai sono poche quelle che continuano ad operare nell’illegalità.

L’istituzionalizzazione della discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale va a minare l’irrisolto problema delle malattie a trasmissione sessuale, particolarmente HIV/AIDS. I cittadini omosessuali ugandesi infetti sono scoraggiati a rivolgersi alla sanità pubblica, in quanto le nuove norme del codice penale obbligano i cittadini che siano a conoscenza o che abbiano sospetti sull’orientamento sessuale di un individuo a riportare tale informazioni alle forze dell’ordine. Inoltre molti medici si rifiutano di trattare con persone omosessuali per evitare di essere incriminati a loro volta.

La Banca Mondiale ha espresso il suo rammarico nei confronti di questa decisione politica e ha sospeso gli aiuti economici per il Paese, che costituiscono il 20% del budget sanitario ugandese. A febbraio Jim Yong Kim, presidente del World Bank Group, ha espresso che «è evidente che quando un paese adotta leggi che impediscono la piena partecipazione al lavoro di individui produttivi, l’economia soffre».

Secondo Rebecca Kadaga, portavoce del Parlamento dell’Uganda, la decisione della Banca Mondiale costituisce un precedente pericoloso per la sovranità e auto-determinazione dei paesi in via di sviluppo.

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