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lunedì 19 maggio 2014

Israele: 2.300 persone rinchiuse in campo detenzione nel deserto del Negev, molti cristiani

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L'Agenzia Fides riporta le condizioni del centro di Holot, nel deserto del Negev, dove vengono rinchiusi gli eritrei e i sudanesi che giungono in Israele dopo esser fuggiti dai rispettivi Paesi d'origine. Una struttura che detiene oltre 2mila uomini, la stragrande dei quali appartenenti alla Chiesa copta ortodossa eritrea.


Nel deserto del Negev c'è un centro di detenzione con più di duemila detenuti, in gran parte di cristiani. è il centro di Holot, dove vengono rinchiusi gli eritrei e i sudanesi che giungono in Israele dopo esser fuggiti dai rispettivi Paesi d'origine. A darne notizia è l'Agenzia Fides, che riporta anche il resoconto di una visita al campo di detenzione effettuata il 15 maggio scorso da una delegazione della Pastorale per i Migranti del Patriarcato latino di Gerusalemme, guidata dal Vicario patriarcale padre David Neuhaus.

Al momento, la struttura ospita 2.300 uomini, e come sottolinea la Fides la libertà di movimento concessa loro durante il giorno rimane del tutto teorica, visto che il centro si trova nel deserto, lontano da centri abitati, e i detenuti non possono usare mezzi di trasporto per muoversi. La stragrande maggioranza dei reclusi appartiene alla Chiesa copta ortodossa eritrea, e tra loro operano tre sacerdoti. A dare l'impressione che quello di Holot è un vero e proprio campo di prigionia non è solo il caldo soffocante e il vuoto delle giornate, ma anche le carenze dal punto di vista alimentare e sanitario.

"Perché siamo qui? Quale crimine abbiamo commesso? Quando ci rilasceranno?" sono infatti le domande più frequenti raccolte tra i detenuti dalla delegazione del Patriarcato latino. La gran parte di loro teme il rimpatrio forzato in Eritrea o Sudan, che porrebbe a rischio la vita di molti. Attualmente i richiedenti asilo in Israele sono 50mila. Ma le richieste di asilo presentate nel 2013, sottolinea la Fides, sono soltanto 43.

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