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venerdì 9 maggio 2014

Australia - Emergenza profughi: ferma condanna dei vescovi (Acmro) alle politiche disumane in atto

MISNA
L’Ufficio della Conferenza episcopale australiana per i migranti e i rifugiati (Acmro) ha espresso la propria costernazione alle autorità, sulla possibilità di reinsediare rifugiati provenienti da diversi paesi asiatici in Cambogia, secondo una recente proposta del governo di Sidney a Phnom Penh.
“Lo scopo delle politiche di reinsediamento è di integrare i rifugiati in fuga dalla povertà e dall’oppressione in una comunità che fornirca loro opportunità economiche e sociali, nonché la pace e la sicurezza. Se il governo australiano è seriamente intenzionato a espandere le opportunità di reinsediamento nella regione dell’Asia, i negoziati dovrebbero cominciare con nazioni che hanno le risorse per sostenere i rifugiati, come Singapore, Giappone e Corea” ha dichiarato monsignor Gerard Hanna, delegato per i Migranti e i rifugiati della Chiesa australiana.

L’intervento di monsignor Gerard è stato fatto durante la presentazione di un comunicato ufficiale, rivolto al governo australiano e a tutta la popolazione dell’isola, avvenuto durante l’Assemblea generale dei vescovi cattolici dell’Australia, in corso in questi giorni a Sydney. I presuli hanno discusso vari problemi del paese, tra cui la politica nei confronti delle migliaia di profughi che cercano di raggiungere l’Australia per chiedere asilo politico.

Nel comunicato i vescovi dicono di essere intervenuti presso il governo, nel tentativo di rendere le politiche nei confronti dei profughi più rispettose della dignità umana e dei diritti umani fondamentali, oggi “gravemente violati”.

La politica attuale, riguardo a questo problema – sottolineano i vescovi – sta usando una crudeltà che non fa onore alla nostra nazione. Gli australiani sono così generosi in tante situazioni in cui gli esseri umani si trovano in situazioni di conflitto, come è possibile che ciò accada? Pensate a come il mondo ha accolto i boat-people vietnamiti negli anni ’70 e ’80. La questione diventa più acuta quando pensiamo ai politici che stanno prendendo e attuando delle decisioni. Essi non sono persone crudeli. Eppure hanno assunto decisioni e stanno attuando politiche che sono crudeli”.

Chi abita in un’ isola, come gli australiani, ha spesso un senso di distanza “ dall’altro o dall’estraneo” – ed è così che vengono definiti i richiedenti asilo. Essi sono “l’altro” o “l’estraneo” pericoloso, da temere e al quale resistere perché, presumibilmente, essi violano i nostri confini… La politica può ottenere il consenso solo se i richiedenti asilo sono tenuti senza volto e senza nome. Si basa su un processo di de-umanizzazione. Tale politica sarebbe stata ampiamente respinta se i volti e i nomi fossero stati resi noti. Noi vescovi abbiamo visto i loro volti, conosciamo i loro nomi; e abbiamo sentito le loro storie. Ecco perché diciamo ora basta con questa crudeltà istituzionalizzata”.

“Ci uniamo – si legge nel comunicato della Conferenza episcopale - con i vescovi cattolici di Papua Nuova Guinea che hanno espresso la loro forte opposizione all’uso di Manus Island per la detenzione. Essi hanno chiesto all’Australia di trovare una soluzione più umana per le persone in cerca di asilo. Noi non accettiamo la necessità di tenerli ‘al largo’ e, anche se questa scelta continuasse, sicuramente non necessita di tale durezza”.

“I vescovi dell’Australia – si legge ancora nel testo – chiedono ai parlamentari di tutti i partiti di abbandonare queste politiche, che sono una vergogna per l’Australia, e di far propria una compassione capace di coniugare la necessità umana e le pressioni elettorali. A tutta la nazione essi chiedono di dire no alle forze oscure, che rendono queste politiche possibili. E’ giunto il momento di esaminare la nostra coscienza e poi, agire diversamente”.

[PL]

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