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domenica 5 agosto 2018

Bologna, Zuppi: «Ha mani assassine anche chi semina odio»

Corriere di Bologna
Le parole del vescovo durante la messa, celebrata come ogni anno nella chiesa di San Benedetto nel giorno dell’anniversario della strage alla stazione.

«Dio non potrà mai accettare l’ingiustizia di innocenti colpiti da mani assassine e vigliacche, quali sono sempre quelle del terrorismo, ma anche quelle dei pregiudizi che non si possono mai sottostimare, perché inquinano la convivenza e seminano odio a cominciare dall’uso delle parole». 
È un passaggio dell’omelia pronunciata dal vescovo di Bologna, Matteo Zuppi, durante la messa celebrata come ogni anno nella chiesa di San Benedetto nel giorno dell’anniversario della strage alla stazione del 2 agosto 1980.

«Epifania del male»
Quell’attentato fu «un’epifania del male», dice Zuppi, sottolineando come «l’indifferenza, le omissioni, le convenienze e l’interesse tante volte aiutano il male a provocare la morte». Di fronte a ciò, Bologna ancora oggi dimostra di essere «una comunità che non vuole dimenticare, che si sente tutta “familiari della vittime”, credo senza nessuna gelosia da parte di chi lo sente nel proprio sangue». La strage rappresenta «una ferita tragica che ha fatto diventare Bologna improvvisamente grande» e l’ha «cambiata per sempre»: la città «da quel giorno — continua il vescovo — ha un dolore e anche una consapevolezza che non vuole perdere», tramite «una memoria ormai lontana nel tempo ma certo non distante nel coinvolgimento», come dimostra anche la giornata di oggi. E fa parte di questa storia anche «quella straordinaria solidarietà che si oppone al male e ci fa sentire tutti istintivamente familiari delle vittime. Allora come oggi la solidarietà ci rende capaci di gesti di fratellanza, mossi— sottolinea Zuppi — da quella compassione che il Vangelo chiede a tutti gli uomini».

«Mani sporche di sangue»
Il vescovo, così, si rivolge «a quanti hanno ancora le mani sporche di sangue, perché il tempo non cancella la memoria e neanche la responsabilità, se non viene affrontata, e a coloro che sono responsabili delle omissioni di quel sangue effuso nella stazione e anche sul bus 37: non portate questo peso, toglietevelo dal cuore nel modo che troverete piu’ opportuno, perché si giunga alla verità».

«Ci viene solo da piangere»
Nel vedere le immagini di quel giorno «ci viene ancora da piangere», continua il prelato, citando in particolare una delle foto più note del 2 agosto, che ritrae «quella donna sulla barella, con gli occhi spalancati. Ci viene solo da piangere a pensare a lei, a quello che ha visto, alle persone accanto a lei. E proviamo lo stesso sgomento, la stessa incredula sorpresa, me anche la voglia di fare qualcosa e di aiutare oggi» le vittime delle «tante stragi di innocenti che avvengono in silenzio, ridotte a poche righe di giornali». 

Nel citare la foto della donna in barella, Zuppi non sa che in chiesa e’ presente la protagonista di quello scatto, Marina Gamberini. Terminata la funzione, tra i due c’e’ stato un momento di incontro e un abbraccio. Anche il prefetto Patrizia Impresa si e’ avvicinata per salutare Gamberini. «Quegli occhi ancora ci guardano», ha detto Zuppi. «A quella foto — commenta la donna — la gente dà un valore, io un altro»: nel senso che «ne riconosco il valore simbolico», ma allo stesso tempo «per me significa tornare lì tutte le volte». Metaforicamente parlando, perché in realtà neanche oggi Gamberini è riuscita ad entrare in stazione. L’incontro tra il vescovo e la superstite del 2 agosto è stato il secondo fuori programma della mesa: durante la cerimonia, infatti, una vigilessa ha avuto un malore ed è dovuta intervenire la Croce rossa.

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