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giovedì 2 agosto 2018

Carceri, celle sempre più piene ma i detenuti stranieri diminuiscono. Non c'è emergenza per i reati dei migranti .

La Repubblica
Il rapporto semestrale dell'Associazione Antigone: "Che non ci sia un'emergenza immigrazione lo dicono i numeri". La denuncia: in troppi istituti di pena le condizioni di vita sono insostenibili.


Roma – Sono 58.759 i detenuti nelle carceri italiane, 672 in più negli ultimi cinque mesi. E’ il bilancio dell’Associazione Antigone che pubblica un aggiornamento sulle condizioni di detenzione nella prima metà dell'anno. Dai numeri emerge che ci sono 8.127 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare: al sovraffollamento, sottolinea Antigone, non si risponde con nuove costruzioni, ma "diversificando il sistema sanzionatorio e non puntando solo sul carcere quale unica pena". Il 33,4% dei detenuti è in custodia cautelare. Di questi la metà, non ha avuto neanche un primo provvedimento di condanna. Mentre sono 21.807 i detenuti che devono scontare una pena inferiore ai 3 anni e che potrebbero dunque, in parte, usufruire di una misura alternativa alla detenzione.
Dal 2008 ad oggi, a fronte del raddoppio della presenza di stranieri in Italia, da 3 a 6 milioni tra regolari e irregolari, quelli detenuti sono calati da 21.562 a 19.868. 
Il dato evidenzia dunque che "non c'è un'emergenza stranieri e non c'è un'emergenza sicurezza connessa agli stranieri". 

Con il raddoppio della popolazione, i detenuti infatti sarebbero dovuti raddoppiare, sottolinea l'Associazione: "Invece no. Ogni diversa interpretazione e ogni allarme sono pura mistificazione". Gli stranieri sono comunque il 33,8% del totale dei detenuti e quelli non europei sono 13.490, ossia il 22,9%.

E' straniero il 44.64% dei detenuti cui è stata inflitta una pena inferiore a un anno (e dunque per reati di scarsa gravità) e solo il 5,6% degli ergastolani (che sono complessivamente 1.726). 

Considerando i reati più gravi, come ad esempio la criminalità organizzata, il 98,75% dei detenuti condannati per tali delitti è italiano e solo l'1,25% è straniero. Inoltre, gli stranieri costituiscono il 37,3% dei detenuti per violazione della legge sulle droghe, i quali sono complessivamente 20.525.

In diversi penitenziari del Paese si riscontrano ancora carenze per adeguate condizioni di vita del detenuto. Nel 33 % delle carceri, si legge nel rapporto, non funziona a norma il riscaldamento d'inverno e nel 26,7% dei casi non vi è acqua calda in alcune celle. 

Nel 63,3% delle carceri ci sono celle senza doccia, al contrario di quanto prevede la legge e nel 53,3% vi sono celle in cui le finestre presentano schermature che riducono l'ingresso di aria luce naturale. Nell'75,9% dei casi, inoltre, mancano luoghi di culto per i detenuti non cattolici, mentre "la radicalizzazione - osserva Antigone - si combatte riconoscendo i diritti religiosi".

Nell'10% delle carceri visitate, per detenuti di fede islamica non è previsto tutto l'anno un menù rispettoso dei loro precetti e nel 13,3% non entra alcun ministro di culto diverso dal cappellano cattolico. Per quanto riguarda il lavoro dei detenuti, la media di coloro che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione è pari al 33,4%. Un dato che però include anche quelli che lavorano per poche ore alla settimana o al mese. La percentuale dei reclusi che lavorano per ditte private o soggetti esterni è pari al 3% e ci sono regioni, come la Sicilia, "dove tutto è fermo", emerge dal dossier.

"Preoccupante", secondo Antigone, è la percentuale dei detenuti coinvolti in corsi di formazione professionale, che nelle carceri visitate è pari al 4,8%. La percentuale dei detenuti che frequentano attività educative e scolastiche si attesta al 20%. Quanto alle comunicazioni, nel 90% delle carceri visitate non è possibile effettuare colloqui via Skype con i familiari e un "limitato accesso ad Internet" è ammesso solo nel 6,7% degli istituti di pena.

Sono inoltre 17.205 i permessi premio concessi nel primo semestre del 2018: in media poco più di un permesso ogni tre detenuti. "Per troppi la pena si sconta tutta in carcere - afferma Antigone - e rapporti con l'esterno sono del tutto esigui. Tutto ciò contribuisce a innalzare i tassi di recidiva".

Un istituto sul quale, secondo Antigone si deve investire è quello della messa alla prova, mutuata dalla giustizia minorile e dal 2014 possibile anche per i maggiorenni: è stata prevista per i reati puniti con pena non superiore a quattro anni; il giudice predispone un programma che contempla lavori di pubblica utilità, attività di volontariato e di mediazione penale con la vittima del reato. Negli ultimi quindici mesi il ricorso alla messa alla prova è aumentato notevolmente, passando da 9.598 a 13.785 imputati messi alla prova.

Antigone segnala una serie di esperienze, attive dal 2017, per lavori di pubblica utilità ai fini della messa alla prova con Legambiente e l'Ente Nazionale Protezione Animali, l'Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti, la Lega Italiana Lotta ai Tumori e con il Fondo Ambiente Italiano. "Così - commenta Antigone - si creano occasioni virtuose di impegno sociale e lavorativo".

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