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lunedì 27 agosto 2018

Migranti - Fuga in massa dal Venezuela: "è come nel Mediterraneo". Un milione in Colombia negli ultimi mesi

Corriere della Sera
A piedi verso Sud per migliaia di chilometri. Il Perù blinda la frontiera Allarme dell'Onu. Negli ultimi 15 mesi, oltre un milione di migranti in Colombia.


Fuggono con un borsone sottobraccio, un paio di felpe indossate una sopra l'altra, a volte un trolley per portar via un pezzo della propria casa, un pezzo di sé. Il resto rimane indietro, in Venezuela. A volte anche i figli. 


L'Onu stima che 2,3 milioni di venezuelani abbiano lasciato il Paese per sfuggire alla miseria. E l'esodo è sempre più impetuoso: negli ultimi 15 mesi in Colombia sono entrati oltre un milione di migranti, ogni giorno ne arrivano più di quattromila al confine con l'Ecuador e poi, dopo viaggi di settimane a piedi o in autostop, fino al Perù, il cui governo attende nelle prossime settimane l'afflusso di oltre 100.000 rifugiati, che porterebbe il numero complessivo nel Paese ad oltre mezzo milione.

Il Venezuela un tempo attirava con le sue ricchezze minerarie uomini e donne dei Paesi vicini, ora la storia s'è capovolta. Centinaia di migliaia di venezuelani, impoveriti dal crollo del prezzo del petrolio che il regime di Nicolás Maduro non ha saputo governare, bussano ai confini, disposti a lavorare per salari da fame. 

I valichi del Sudamerica cominciano però a chiudersi. Il Brasile ha schierato l'esercito nello stato di Roraima, l'Ecuador ha iniziato a respingere chi si presentava solo con la carta d'identità, subito seguito dal Perù. Da ieri frontiere blindate salvo a chi è in possesso del passaporto, che in Venezuela è una sorta di chimera. Per ottenerlo ci vogliono mesi e, soprattutto, 280 dollari: cifra insostenibile per gran parte dei venezuelani, benché quasi la metà dei fuggiaschi sia diplomato o laureato, fra di loro anche tanti medici e professori.

Sul ponte Simón Bolívar, porta d'ingresso alla Colombia, si registrano oltre 100.000 passaggi al giorno, quasi tutti in uscita dallo Stato-caserma di Maduro. La maggioranza si ferma, molti proseguono il viaggio verso gli altopiani andini, sfidando il freddo delle notti invernali. Le mete più ambite sono il Perù, l'economia più dinamica della regione con una crescita che supera il 4%, l'Argentina o il Cile.

Alla frontiera di Tulcán, tra Colombia e Ecuador, arrivano quasi tutti a piedi, dopo aver marciato per migliaia di chilometri. Pochissimi hanno i soldi per un autobus. Qualcuno si fa dare uno strappo da un autista. Come Francisco che ha visto quella bambina addormentata sul marciapiede e l'ha accompagnata, assieme ai genitori, fino al confine, prima che entrasse in vigore la legge del passaporto. Poi è tornato indietro: in una mattinata, ha fatto undici viaggi.

Per facilitare il passaggio verso sud, venerdì l'Ecuador ha sospeso l'obbligo del passaporto e ha organizzato decine di bus-navetta fino al valico di Tumbes, suscitando qualche malumore nel governo di Lima. Martedì prossimo i tre Paesi più coinvolti terranno un vertice di emergenza. "Abbiamo la necessità di coordinare le nostre politiche per affrontare insieme questo fenomeno senza precedenti", ha dichiarato Christian Kruger, responsabile dell'Agenzia per le migrazioni in Colombia. Il 17 e 18 settembre, invece, su invito dell'Ecuador, si riuniranno i ministri degli Esteri di quattordici Paesi latinoamericani, assieme ai rappresentanti dell'Unhcr, l'agenzia dell'Onu per i rifugiati, e dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni, il cui rappresentante, Joel Millman, ha dichiarato: "È una crisi che abbiamo già visto in altre parti del mondo, in particolare nel Mediterraneo".

Come in Mediterraneo, l'esodo non si fermerà facilmente. Le riforme di Maduro non risolleveranno un'economia in agonia da cinque anni: dal 2013 ad oggi l'economia venezuelana — il Paese con le maggiori risorse petrolifere del mondo — si è contratta del 40 per cento e nel 2018, secondo la Cepal (Commissione economica dell'Onu), il Pil crollerà ancora del 12 per cento, nonostante il prezzo del petrolio greggio venezuelano (che fornisce il 96 per cento delle entrate nazionali) abbia registrato una lieve crescita. 

L'industria ormai opera al 30 per cento, l'inflazione secondo il Fondo monetario internazionale raggiungerà il milione per cento a fine anno. In un ristorante di Rumichaca, paesino di frontiera fra Colombia e Ecuador, ormai assediato dai migranti, s'incollano sui muri le banconote bolivares che ormai valgono niente, con varie scritte contro Maduro, "el huevòn" (la traduzione meno volgare è "idiota").

Sara Gandolfi

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