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venerdì 1 marzo 2019

L'Europa si (ri)scopre antisemita

Il Bo Live Università di Padova
“Erano in tanti, urlavano forte. Ho rischiato di essere linciato: se non fossero arrivati i poliziotti mi avrebbero spaccato la testa”. Alain Finkielkraut, filosofo e giornalista francese, settant’anni da compiere tra pochi mesi, figlio d’una coppia di ebrei polacchi riusciti a fuggire ai rastrellamenti nazisti, è tra le ultime vittime dell’ondata di antisemitismo che sta sommergendo la Francia. 


Vittima di un’aggressione, per fortuna rimasta verbale, il 16 febbraio scorso quando alcuni partecipanti al corteo di gilet gialli, uno dei quali indossava la Kefiah, l’hanno riconosciuto e circondato mentre usciva da casa, gridandogli insulti (“merda sionista”) e minacce (“il popolo ti punirà”). 

Un episodio eclatante che segna il definitivo ritorno sulla scena sociale e politica dell’odio anti ebraico, chiamato con nome e cognome, senza più maschera, senza vergogna. Ma che al tempo stesso diventa emblema di un fenomeno che sta inesorabilmente scivolando fuori controllo. Perché le cronache raccontano centinaia di micro eventi che nemmeno riescono a conquistare titoli sui giornali al di fuori dei confini francesi. 

Episodi che presi singolarmente provocano scalpore e un sussulto d’indignazione, ma a osservarli tutti insieme fanno venire i brividi. Perché qualcuno è arrivato a scrivere “Juden” a caratteri cubitali, in quello stesso giallo usato dai nazisti durante la Shoah per identificare gli ebrei, sulle vetrine della panetteria Bagelstein, a Parigi, sull’Île Saint-Louise, nel IV arrondissement. 

O le svastiche a imbrattare due ritratti di Simone Veil (sopravvissuta all’Olocausto, prima donna a essere eletta presidente del Parlamento Europeo) sulle caselle postali in Place d’Italie, nel XIII arrondissement. Oppure la profanazione, nel cimitero ebraico di Quatzenheim, in Alsazia, di oltre 80 tombe: lapidi imbrattate con scritte e svastiche, con vernice blu e gialla. 

O ancora le svastiche naziste, accompagnate dalla scritta negazionista “Shoah blabla”, fiorita nel Giardino della memoria, a Champagne-au-Mont-d'Or, nei pressi di Lione. Un’incursione, quest’ultima, avvenuta all’indomani dell’imponente manifestazione del 19 febbraio scorso (ventimila partecipanti a Parigi, migliaia in altre città francesi) per dare voce e forma allo sdegno contro gli attacchi antisemiti.

Il ministro dell'Interno francese, Christophe Castaner, ha dichiarato che nel 2018, in Francia, gli atti contro gli ebrei sono aumentati del 75% in un anno: 541 denunce, quando nel 2017 erano state 311. "L’antisemitismo si diffonde come un veleno" - ha commentato il ministro. Dati che dimostrano come qualche argine abbia ceduto di schianto. L’intolleranza, l’aggressività verbale e fisica, l’odio culturale e razziale, il terrore strisciante, sono entrati a far parte della quotidianità. Ci si convive. Il messaggio che arriva è: si può. Di nuovo si può. Nonostante siano passati poco più di settant’anni, un’inezia, dalla più colossale persecuzione e massacro di vite umane che la storia ricordi.

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