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mercoledì 25 ottobre 2017

Chi era Anna Frank, vittima-simbolo della Shoah.

Corriere della Sera
Negli anni 30 la sua famiglia lascia la Germania per sfuggire al nazismo e si trasferisce in Olanda. Costretta a vivere nascosta, scriverà un diario poi reso pubblico (e celebre) dal padre, dopo la morte della figlia nel 1945 in campo di concentramento.

Nata in Germania, a Francoforte sul Meno, il 12 giugno 1929, la ragazzina ebrea Anna Frank (il nome tedesco era Anne) è divenuta il simbolo delle vittime innocenti della Shoah. Negli anni Trenta la sua famiglia è costretta a lasciare la Germania per sfuggire alle persecuzioni del nazismo e il padre Otto avvia un’attività imprenditoriale in Olanda, ad Amsterdam. Non riescono invece i suoi tentativi di emigrare in Gran Bretagna o in America.

Nel 1940 il Terzo Reich invade l’Olanda e sotto l’occupazione tedesca la condizione degli ebrei diventa difficilissima. Il 6 luglio 1942 Anna e i suoi cari entrano in clandestinità. Lei, i genitori e la sorella Margot, con la famiglia di un dipendente del padre, anch’egli ebreo, si nascondono in un alloggio segreto ricavato nel retro dei locali che ospitano la ditta di Otto Frank.

La giovanissima Anna, costretta a vivere rinchiusa, trova conforto tenendo un diario. Per due anni parla di sé, racconta i suoi turbamenti, scrive brevi racconti. A un certo punto comincia una nuova stesura in vista di una possibile pubblicazione dopo la guerra. Ma il 4 agosto 1944 i clandestini vengono scoperti e arrestati dai nazisti. Deportata nei lager di Auschwitz e poi di Bergen Belsen, Anna muore di tifo nel marzo 1945.

Il padre Otto, unico sopravvissuto della famiglia, recupera il diario di Anna, trovato in un nascondiglio, e ne pubblica una prima versione, con modifiche e cancellature, nel 1947. Il testo colpisce i lettori e ha un successo mondiale. Seguiranno molte ristampe e adattamenti. Solo nel 1986 uscirà l’edizione critica di tutti gli scritti della ragazza.

Antonio Cariotti




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