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domenica 21 luglio 2013

Il racconto terribile di un'etiope in fuga - I rifugiati stuprati, uccisi o bruciati vivi

Giornalettismo
80.000 etiopi all’anno scappano dal paese in ogni direzione, ovunque si dirigano devono affrontare un cammino lungo e irto di gravissimi pericoli.

LA ROTTA DEI DISPERATI - Per quelli che scappano verso Sud il destino è gramo, l’Africa non offre molto più dei campi profughi e scarse opportunità d’accoglienza agli etiopi in fuga, che così in maggioranza provano il viaggio verso Nord, verso i paesi del Golfo o i miraggi d’Europa e America. Veri e propri buchi neri di questo viaggio sembrano essere il Sinai e lo Yemen, dove i fuggiaschi etiopi, insieme a quelli eritrei e sudanesi, sono condotti dalle rotte dell’emigrazione a disposizione dei più poveri.

SCHIAVI - Totalmente indifesi, quando capitano nelle aree meno controllate dai governi diventano letteralmente schiavi di bande armate e trafficanti, che quando va bene li sequestrano per mesi chiedendo riscatti ai parenti in giro per il mondo, ma che quando va male ne abusano fino alla morte, come più spesso accade alle donne. BBC oggi riporta il racconto di una giovane etiope che in Yemen è giunta in gruppo e che ne è uscita quasi in solitudine dopo essere stata stuprata e dopo aver visto compagne e compagni di viaggio subire la stessa sorte e alla fine in più essere uccisi e bruciati sul posto.

I CAMPI - La donna ricorda la sua permanenza di tre mesi in quello che ha definito “un campo di tortura” come un incubo, terminato solo quando è stato chiaro che nessuno avrebbe pagato alcun riscatto per lei, notizia che ha comportato la sua “liberazione”, gettata in mezzo alla strada e via. La donna raccolta di estese torture agli uomini, ossa rotte, l’estrazione degli occhi e infine la morte tra atroci tormenti, e dello stupro sistematico delle donne, un destino condiviso ogni anno da migliaia di migranti africani, facili vittime di bande criminali come dei network organizzati professionalmente da chi ha entrature con i governi locali e gode della complicità di militari e polizia, spesso partecipi del racket.

IL RACKET - Un racket esteso, secondo Medecins Sans Frontieres sono 200 i campi di questo genere solo in Yemen, la prima tappa di un vero e proprio viaggio dell’orrore, molti dei quali sarebbero l’equivalente dei centri d’accoglienza disposti dal governo yemenita, che non è in grado d’occuparsi del problema in quanto praticamente fallito. Per alcuni poi il termine campo è addirittura eccessivo, spesso si tratta solo di recinti e nuda terra. Pochi riescono a raggiungere i rari centri che offrono davvero asilo sicuro e a raccontare le loro esperienze, anche perché pare di capire che i tassi di sopravvivenza in quei campi siano molto simili a quelli dei più famigerati campi di concentramento, che per ora non attraggono l’attenzione degli Stati Uniti, che pure sono impegnati militarmente del paese e che sono al corrente della loro esistenza da anni.LA ROTTA DEI DISPERATI - Per quelli che scappano verso Sud il destino è gramo, l’Africa non offre molto più dei campi profughi e scarse opportunità d’accoglienza agli etiopi in fuga, che così in maggioranza provano il viaggio verso Nord, verso i paesi del Golfo o i miraggi d’Europa e America. Veri e propri buchi neri di questo viaggio sembrano essere il Sinai e lo Yemen, dove i fuggiaschi etiopi, insieme a quelli eritrei e sudanesi, sono condotti dalle rotte dell’emigrazione a disposizione dei più poveri.

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