"Si è tolto la vita tagliandosi la gola con una lametta all’interno della sua cella, nella sezione G8 del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. E’ morto così, un detenuto italiano di 53 anni originario di Roma, Piero Bottini". Così in una nota il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.

"DRAMMA DELLA DISPERAZIONE - "Anche se occorrerà aspettare i risultati delle indagini avviate - ha detto il Garante Angiolo Marroni - credo si possa dire che quello di Piero è un dramma della disperazione e della solitudine. Dalle informazioni raccolte, quest’uomo era stato detenuto/attore a Sollicciano, ma sembra avesse passato un periodo della sua detenzione anche negli ospedali psichiatrici giudiziari di Aversa e Montelupo Fiorentino. La fine della sua vita tormentata deve essere, poi, inquadrata nel contesto di un carcere come quello di Rebibbia Nuovo Complesso, il più grande del Lazio, con un sovraffollamento del 46%, senza un direttore a tempo pieno e dove si sono registrati ben nove decessi in soli sette mesi. Mi domando ancora una volta, anche per questo ennesimo dramma, se il carcere, per una persona così fragile e psicologicamente disagiata, fosse la soluzione migliore".
NIERI: "SOVRAFFOLLAMENTO AL 46 PER CENTO" - “A pochi giorni dalla visita della Presidente della Camera Laura Boldrini a Regina Coeli, che aveva richiamato l’attenzione mediatica sul sovraffollamento strutturale dei nostri istituti di pena, oggi apprendiamo che un detenuto di 53 anni si è tolto la vita a Rebibbia N.C., dove il sovraffollamento è arrivato al 46%. Non è mai facile riuscire a cogliere in pieno il disagio di una persona che arriva a compiere un gesto così drammatico, ma è significativo ricordare che i suicidi commessi nelle carceri italiane hanno una frequenza circa 19 volte maggiore rispetto a quelli commessi dalle persone libere. I detenuti che si tolgono la vita, spesso, lo fanno negli istituti dove le condizioni di vita sono particolarmente difficili a causa del sovraffollamento, appunto, ma anche delle poche attività trattamentali e della scarsa presenza del volontariato”. E’ quanto dichiara, in una nota, il vicesindaco di Roma Capitale Luigi Nieri. “Si uccide chi conosce il proprio destino e ne teme l’ineluttabilità, ma anche chi soffre per una mancanza totale di prospettive. E’ evidente che episodi tragici come questo vanno scongiurati, prima di tutto, tutelando la dignità delle persone incarcerate e costruendo per loro un percorso di riabilitazione effettiva, per non togliere a una persona già privata della libertà personale, anche il rispetto di se stesso e la voglia di vivere. La pena, è scritto nella nostra Costituzione, deve avere funzioni rieducative: chi ha sbagliato deve avere l’occasione di riabilitarsi e reinserirsi nella società. - Nieri conclude - La mia solidarietà alla famiglia e agli amici del nostro sfortunato concittadino”.
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