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giovedì 19 dicembre 2019

Papa Francesco, un salvagente e una croce, memoria dei migranti morti in mare. "Non è bloccando le navi che si risolve il problema; il Signore ce ne chiederà conto nel momento del giudizio!"

Globalist
Le parole d'accusa del Pontefice durante l'incontro con un gruppo di rifugiati arrivati in Italia con i corridoi umanitari: "Siamo tutti responsabili del nostro prossimo. La nostra ignavia è peccato"


Papa Francesco con i rifugiati arrivati da Lesbo con i corridoi umanitari

Una croce è stata posta all'ingresso del Palazzo Apostolico per volere di Papa Francesco, composta dai giubbotti salvagente dei migranti morti nel Mediterraneo.
"È l'ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l'ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l'ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare". 
Queste le parole di papa Francesco, che prende in mano e mostra un salvagente di un migrante morto a luglio nel Mediterraneo, "un'altra morte causata dall'ingiustizia", dice. 

L'occasione è l'incontro con i rifugiati arrivati da Lesbo nelle scorse settimane attraverso i corridoi umanitari, ospitati dalla Santa Sede e dalla Comunità di Sant'Egidio, durante il quale il Papa ha esitazione a scagliarsi contro le colpe di chi, indifferente, si gira dall'altra parte. 
"Bisogna mettere da parte gli interessi economici - avverte - perché al centro ci sia la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto nel momento del giudizio".
"Questo è il secondo salvagente che ricevo in dono - racconta Francesco ricordando l'impegno della Chiesa - il primo mi è stato regalato qualche anno fa da un gruppo di soccorritori. Apparteneva a una fanciulla che è annegata nel Mediterraneo. L'ho donato poi ai due sottosegretari della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Ho detto loro: 'Ecco la vostra missione!'". 
"Non è bloccando le navi che si risolve il problema - aggiunge il Pontefice - bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni"
Tanta commozione durante l'abbraccio del Papa ai 33 profughi, in maggioranza afghani. Nel gruppo, due ragazzi, poi famiglie e donne vittime di violenza, una delle quali ha lasciato la figlia nel Togo e ha espresso il desiderio di potersi ricongiungere presto con lei. 

Una giovane afghana, appassionata di pittura, ha donato al Papa un ritratto dello stesso Bergoglio ricavato da una fotografia che l'elemosiniere Konrad Krajewski aveva lasciato in occasione di una precedente visita nel campo profughi di Lesbo.
"La nostra ignavia è peccato - tuona Francesco - come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile? Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercè di trafficanti senza scrupoli? Come possiamo 'passare oltre', come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, il facendoci così responsabili della loro morte?".

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