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sabato 22 settembre 2018

Tragedia Rebibbia - Signor ministro Bonafede, di che cosa dovete occuparvi se non dei bambini?

Il Foglio
Il fallimento di una giustizia che manda i neonati in galera e se muoiono dice: state zitti.
Chiedo al ministro della Giustizia, che davanti alla tragedia dei due bambini uccisi a Rebibbia ha detto che "i tuttologi gli fanno schifo", ma anche a tutti gli altri ministri: di che cosa dovete occuparvi se non dei bambini? Su che cosa dovete fare decreti, fare casino, scandalizzarvi, fare la rivoluzione, se non sui bambini che non devono stare in carcere?


Il ministro Bonafede ha detto, di fronte al trattamento abominevole verso una madre georgiana che non parla una parola d'italiano, con i suoi due figli di sei e venti mesi (morti, lanciati giù dalla tromba delle scale, in carcere), che "c'è solo da stare zitti". Zitti, e continuare a credere che sia normale che i bambini stiano in carcere in braccio a una madre probabilmente devastata che non sa nemmeno come dire: bisogna scaldare il latte.

Che si trova in carcerazione preventiva (in attesa di giudizio, quindi presunta innocente), perché l'hanno fermata ed era su un'auto con i suoi figli e altri due uomini, e su quell'auto c'era molta marijuana, e allora l'hanno arrestata. Lei che parla solo tedesco ha detto che non ne sapeva niente, ma con una bambina in braccio di cinque mesi (l'hanno arrestata a fine agosto) e un altro di un anno e mezzo è andata lo stesso in galera. Il ministro ha detto, per far tacere i tuttologi che appunto gli fanno schifo, che questa madre andava sorvegliata "acca ventiquattro".

Per la sicurezza degli altri cittadini? Che cosa poteva farmi questa madre, chiedermi due euro, provare a vendermi una canna? Andava sorvegliata non in carcere, proprio perché aveva (aveva, perché adesso sono morti) due bambini così piccoli. In carcere in base a quale principio, in base a quale studio, poteva stare meglio, riprendersi, rasserenarsi, riuscire a occuparsi dei suoi figli? Appunto: il carcere. È come se il carcere non ci riguardasse, come se quello che accade in carcere non succedesse davvero. 

Due bambini piccolissimi muoiono in carcere, e "c'è solo da stare zitti". Signor ministro, a me non importa niente delle sue misure a tempo di record, del licenziamento della direttrice e vicedirettrice della sezione femminile, e anzi sono sicura che loro facevano tutto quello che potevano. Che cosa cambia adesso?
Non erano loro a mandare in galera i bambini. 

Una società la valuti per quello che riesce a fare per gli ultimi, e questa donna con i suoi figli era proprio l'ultima fra gli ultimi, e questa nostra società allora ha completamente fallito: è stata disumana nella sua totale indifferenza. Quella giovane donna avrà avuto un avvocato d'ufficio che ha chiesto la scarcerazione, e la scarcerazione è stata negata, e questo avvocato dovrebbe incatenarsi da qualche parte e urlare che lui aveva sbattuto i pugni sul tavolo e poi si era inginocchiato per evitare la carcerazione preventiva a una piccola, debolissima, famiglia.

Ma nessuno si è incatenato, e quasi nessuno si pone il problema, che non è di tuttologia ma costituzionale, che le mamme con bambini piccoli non devono stare in carcere. Che i bambini non hanno nessuna colpa e vanno protetti. C'è una legge complicata, c'è il diritto alla salute, c'era un pacchetto di misure dell'ex ministro Orlando, che diceva fra le altre cose: fuori i bambini dalle carceri, che è stato buttato via per paura di perdere voti.

Meglio far morire i bambini che perdere voti. Va bene. Ma c'era una possibilità per questa madre con i suoi due figli: l'unica casa protetta di Roma, prevista dalla legge del 2011, ha posto per sei madri con i figli e ne ospita adesso soltanto quattro, mentre a Rebibbia sono tredici. Signor ministro, lei lo sa che una bambina di sei mesi sta sempre in braccio a sua madre o le sembra una tuttologia? E che un bambino di venti mesi sa dire quasi solo: mamma?

Annalena Benini

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