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giovedì 5 luglio 2018

Turchia. Cristina Cattafesta è ancora detenuta. Si richiede l'intervento delle autorità italiane

Corriere della Sera
Chiedono l'intervento del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e del presidente del Consiglio Giuseppe Conte i familiari Cristina Cattafesta, la presidente del Coordinamento italiano sostegno donne afghane (Cisda), fermata domenica 24 giugno dalle autorità turche a Batman, nel Sudest della Turchia a maggioranza curda, e rinchiusa dal 26 giugno in un centro di deportazione a Gaziantep in attesa di essere espulsa in Italia.
Cristina Cattafesta
In casi come questi i tempi possono dilatarsi di molto come accadde l'anno scorso al fotografo francese Mathias Depardon che fu detenuto per un mese nel centro di deportazione di Gaziantep. Per il rilascio dovette intervenire direttamente il presidente Emmanuel Macron. È molto probabile che sarà così anche per Cristina. Per questo la famiglia Cattafesta si rivolge alle autorità italiane e chiede, con una raccolta di firme, "una forte mobilitazione della società civile" affinché la donna possa al più presto tornare in Italia.

La presidente del Cisda, 62 anni, era arrivata il 21 giugno a Diyarbakir, insieme con il marito e altri quattro colleghi, per osservare lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari che si sono tenute il 24 giugno in Turchia ma non aveva lo status per farlo. "In verità - ha spiegato l'avvocato Sirin Sen che è sempre stato pessimista su una liberazione veloce - i sei italiani sono entrati come semplici turisti su invito del partito filo-curdo Hdp di Batman".

Domenica, durante una visita a un sito archeologico, la delegazione era stata controllata dalla polizia. A far scattare il fermo di Cattafesta era stata una foto pubblicata su Facebook di una manifestazione in cui sventolavano bandiere del Pkk, il Partito del Lavoratori del Kurdistan che è considerato un'organizzazione terrorista anche dall'Ue e dagli Stati Uniti. Lunedì 25 giugno la procura di Batman aveva decretato l'espulsione dell'attivista e trasferito la decisione sulle modalità ad Ankara.

L'ultima volta che il Corriere ha parlato con Cristina era il 26 giugno: "Stanno per trasferirmi in un centro di deportazione a Gaziantep - ha detto al Corriere. Sono di nuovo molto preoccupata, mi hanno detto che potrei rimanere lì per un'ora o per sei mesi. E tutto questo nonostante il giudice abbia deciso di non rinviarmi a giudizio per propaganda terroristica". "Sono tre giorni che non mi lavo i denti, non mi cambio i vestiti e non ho accesso a nulla di mio. Non so cosa ne sarà di me", sono state le ultime parole di Cattafesta prima di chiudere il telefono che da allora non è raggiungibile.

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