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mercoledì 28 giugno 2017

Iraq. Nelle carceri languono duemila bambini soldato addestrati dall’Isis

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Lo Stato islamico li ha addestrati a diventare spie, costruttori di bombe e assassini. Servirebbero programmi di riabilitazione, ma ci sono molte difficoltà


Tra le fila dello Stato islamico è schierato anche un nutrito esercito di bambini soldato. L’Economist riporta che l’Isis in Iraq e Siria ha reclutato migliaia di ragazzi, strappandoli dagli orfanotrofi o rapendoli. Altre volte invece sono gli stessi genitori a consegnare i propri figli nelle mani dei jihadisti, perché entusiasti del Califfato o per ottenere in cambio cibo, gas da cucina e uno stipendio mensile di 200 dollari.

ADDESTRATI A UCCIDERE. Alcuni giovanissimi vengono convinti dai compagni di scuola, altri sono sedotti dalla promessa di avventure, denaro o dalla prospettiva del potere. Questi bambini vengono addestrati come spie, imparano a preparare bombe, cucinare per l’esercito o sorvegliare i prigionieri. In casi estremi, sono proprio loro ad uccidere i prigionieri, decapitandoli o usando armi da fuoco. Diversi filmati diffusi dallo Stato islamico lo dimostrano: nel luglio 2015 un video mostrava un ragazzino che decapitava un pilota delle forze aeree siriane; all’inizio del 2016 un bambino britannico di quattro anni, portato in Siria dalla madre, è stato filmato mentre premeva il pulsante per far saltare in aria un’auto con tre prigionieri all’interno; in un altro ancora, dei ragazzi correvano attraverso delle rovine facendo a gara a chi riuscisse ad uccidere più prigionieri. Ci sono poi diverse foto di ragazzini che stringono tra le mani teste mozzate, con accanto i loro padri pieni di orgoglio. Come fa notare l’Economist, non è la «creatività della violenza» la novità (in molte altri parti del mondo i bambini soldato compiono atti atroci), quanto la diligenza nel documentare e diffondere questa violenza.

MANDATI AL MACELLO. Nella sua propaganda, l’Isis dipinge i bambini come il futuro del Califfato, le risorse che consentiranno la sopravvivenza del gruppo, tant’è che i jihadisti hanno costruito specifiche scuole dove impartire l’ideologia islamista. In realtà, riferisce la rivista inglese, lo Stato islamico sta mandando a morire i suoi bambini soldato in numero sempre più consistente da quando ha cominciato a perdere terreno in Siria e Iraq (a gennaio, per esempio, 51 bambini si sono fatti saltare in aria a Mosul).
Anche i servizi di intelligence europei sono preoccupati da questo fenomeno che costituisce una vera e propria minaccia per la sicurezza: i bambini addestrati a costruire bombe e indottrinati nell’odio verso l’Occidente possono più facilmente passare i confini ed eludere i controlli. In Iraq il governo è mal equipaggiato per smobilitare migliaia di bambini soldato, mentre nel caos siriano i “cuccioli del Califfato” costituiscono facili reclute.

DUEMILA BAMBINI. Il problema, scrive l’Economist, è decidere come fronteggiare questo pericolo. Nelle carceri irachene sono rinchiusi circa 2 mila bambini accusati di avere lavorato per l’Isis, ma questi centri di detenzione non sono attrezzati per riabilitare i giovani radicalizzati, non forniscono un’assistenza specializzata e, stando alle testimonianze, impartiscono torture e abusi. Il risultato è che i ragazzi rischiano di uscire dal carcere ancora più soli e rancorosi nei confronti dello Stato. L’opzione migliore sarebbe dunque quella di introdurre questi bambini in programmi di riabilitazione per insegnare loro un lavoro e reintrodurli nel tessuto sociale. Tuttavia, anche così ci sarebbero diverse difficoltà.

RIEDUCAZIONE DIFFICILE. Innanzitutto, molti membri della società li disprezzano perché li vedono come assassini che hanno contribuito a distruggere il paese. Molti ragazzi potrebbero rifiutare l’aiuto per paura di essere arrestati dalle forze di sicurezza irachene o uccisi dall’Isis con l’accusa di tradimento. Neanche le famiglie sembrano essere d’aiuto nella transizione di questi bambini alla vita civile, come avvenuto in altri paesi, perché in molti casi sono proprio i genitori a spingere i figli tra le schiere dell’Isis. Anche se cominciano a sorgere scuole nelle aree precedentemente occupate dall’Isis per recuperarli, non è facile trovare insegnanti qualificati in grado di gestire problematiche complesse come la radicalizzazione e il trauma psicologico. Bisogna inoltre considerare l’elevato livello di disoccupazione giovanile, la crisi economica del paese e la diffusa corruzione che renderanno difficile creare nuovi posti di lavoro.

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