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giovedì 22 giugno 2017

Export d'armi. Appello al Parlamento: basta bombe italiane all'Arabia Saudita

Avvenire
Le associazioni: subito una mozione parlamentare, come quella Ue, per bloccare l'invio di armamenti per la guerra in Yemen e per finanziare la riconversione delle industrie belliche
Frammento di un ordigno RWM Italia: per l'ong Mwatana è stato usato a ottobre in Yemen in un raid che ha ucciso 6 persone, di cui 4 minori, condotto dalla Coalizione internazionale a guida saudita contro l'insurrezione locale degli Huthi
L'appello, presentato stamattina alla sala stampa della Camera dei deputati, è sottoscritto da Amnesty International Italia, Rete della pace, Fondazione finanza etica, Oxfam Italia, Movimento dei focolari e Controllarmi-rete italiana per il disarmo. 

Le associazioni chiedono a deputati e senatori di portare alle Camere una mozione conforme a quella già approvata dal Parlamento europeo il 25 febbraio 2016 - e confermata il 15 giugno - che invitava ad avviare «un'iniziativa finalizzata all'imposizione di un embargo da parte dell'Unione europea sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita», nazione alla guida dell'intervento militare di una coalizione contro lo Yemen, senza alcun mandato delle Nazioni Unite.

Il Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen, inviato il 27 gennaio al Consiglio di sicurezza dell'Onu, documenta l'uso di ordigni italiani nei bombardamenti sulle aree civili affermando che queste azioni «possono costituire crimini di guerra». 

Il cartello dei promotori ricorda che l'Italia vende bombe prodotte nello stabilimento della RWM Italia Spa di Domusnovas, vicino Cagliari. RWM Italia - azienda italiana con sede a Ghedi, Brescia, controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall - secondo la relazione al Parlamento della legge 185 sulle esportazioni di armi, nel 2016 ha ottenuto 45 nuove autorizzazioni dal nostro ministero degli Esteri per un totale di 489,5 milioni di euro. Un vero e proprio boom, rispetto al 2015 quando aveva ottenuto autorizzazioni per 28 milioni, che ha portato la RWM al terzo posto per giro d'affari nel settore Difesa in Italia.

Vendere ordigni che hanno contribuito a uccidere 4.700 civili e ferirne 8 mila secondo i promotori è una triplice violazione di legge da parte del governo: dell'articolo 11 della Costituzione, della legge 185/90, del Trattato internazionale sul commercio delle Armi ratificato dall'Italia nel luglio del 2014. La procura di Brescia ha da tempo aperto un'inchiesta. 

Oltre allo stop dell'esportazione di armi, la mozione chiederà l'attivazione e il finanziamento del fondo per la riconversione dell'industria bellica, previsto nella stessa legge 185/90, per superare l'aut-aut tra conservazione degli 86 posti di lavoro della RWM in un territorio economicamente depresso in cambio della produzione di strumenti di morte.

Quando si trattò di convertire la fabbrica di Domusnovas da produzioni civili a produzioni militari, d'altronde, i soldi pubblici vennero trovati: nel 2001 infatti lo Stato finanziò con diversi miliardi di lire la riconversione della Sei (Sarda esplosivi industriali) che produceva esplosivi per cave e miniere, all'epoca controllata dalla francese Saepc. La fabbrica venne ampliata e convertita alla produzione militare di bombe da aereo, l'attuale RWM.

Luca Liverani

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