Ricordare, prima di tutto, le troppe vittime dei viaggi in mare
Non ci si ferma mai. Neanche di fronte a chi muore. Nel tritacarne mediatico del botta e risposta sull'immigrazione, quasi sempre politico e strumentale, non si ha un attimo di tempo per fermarsi e riflettere, considerare che si tratta di persone: uomini, donne, bambini, famiglie, storie.
Tanti che rischiano ogni giorno la loro vita pur di arrivare. E troppi che la perdono nel Mediterraneo, tragico Mare Nostrum. Dall'inizio dell'anno oltre 2.000 le vittime, uno ogni 35 che riesce a salvarsi, percentuale da brivido e in aumento rispetto al 2016.

Nella basilica, affollata, lo hanno fatto in tanti: italiani insieme a centinaia di immigrati, tra cui alcuni sopravvissuti ai terribili viaggi per giungere in Europa, familiari e amici di chi ha perso la vita insieme a chi, invece, è arrivato in sicurezza con i corridoi umanitari. Durante la veglia sono stati letti alcuni nomi di chi è scomparso e sono state accese altrettante candele.
"Morire di speranza" si svolgerà nei prossimi giorni anche in altre città italiane ed europee. Per invitare altri a fermarsi, per ricordare che il salvataggio in mare è un obbligo morale. Prima di tutto. Su questo non si può discutere. E poi che occorre accogliere, ma soprattutto integrare. Se non si vuole restare schiacciati sul presente, quello del botta e risposta politico e mediatico, ma si vuole guardare al futuro dell'Europa e dell'Italia.
"Morire di speranza" si svolgerà nei prossimi giorni anche in altre città italiane ed europee. Per invitare altri a fermarsi, per ricordare che il salvataggio in mare è un obbligo morale. Prima di tutto. Su questo non si può discutere. E poi che occorre accogliere, ma soprattutto integrare. Se non si vuole restare schiacciati sul presente, quello del botta e risposta politico e mediatico, ma si vuole guardare al futuro dell'Europa e dell'Italia.
Roberto Zuccolini
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