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domenica 13 marzo 2016

India, l’inferno dei 30 mila che lavorano nei tombini di Mumbai

Corriere Sociale
Mumbay – Sono oltre 30 mila gli addetti alla manutenzione dei tombini di Mumbai in India, i cosiddetti Municipal conservancy workers, che lavorano in condizione inumane e degradanti. 


Nella città più popolosa del mondo (oltre 12 milioni di abitanti), i ‘manutentori’ sono soggetti a grave pericolo di morte, la percentuale di decessi sul lavoro fra di loro è altissima, contraggono gravi patologie, ricevono paghe da fame e vivono in tuguri con le loro famiglie, hanno una speranza di vita media fra le più basse rispetto a qualsiasi altro gruppo sociale.


Tutti gli addetti di Mumbai appartengono all’etnia dei Dalit, un tempo chiamati “intoccabili”, e ancora oggi non hanno diritti civili né umani essendo esclusi dalle quattro caste della società indiana. 
I Dalit sono discriminati, privati del diritto alla proprietà, esclusi dall’accesso alle pari opportunità, costretti a lavorare come schiavi e sottoposti ad abusi sia da parte delle forze dell’ordine che della magistratura.

E’ la testimonianza di EveryOne Group, ong in difesa dei diritti umani, che dopo aver raccolto documenti e immagini, ha inviato un appello urgente – firmato dai presidenti Roberto Malini, Dario Picciau e Glenys Robinson – alle istituzioni della città, al governo dell’India, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e al Commissario europeo per i diritti umani affinché si fermi questa inaccettabile violazione dei diritti umani. 

L’appello chiede l’approvazione di leggi che pongano i manutentori di Bombay e i Dalit nel loro complesso in una condizione di uguaglianza rispetto agli altri cittadini. Nel frattempo, chiede l’attuazione di misure urgenti per garantire sicurezza, igiene e modalità umane in relazione all’opera di manutenzione dei Municipal Conservancy Workers di Mumbai e di tutta l’India.

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