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martedì 8 gennaio 2019

Brasile. Bolsonaro non perde tempo: guerra agli indios

Avvenire
Come primo atto il governo ha tolto i poteri all’ente di tutela dei nativi. E li ha assegnati a una ministra che è stata leader dei latifondisti. La Chiesa: «Attacco grave e incostituzionale».
«Signor presidente, le nostre terre non sono zoo, come lei ha detto, sono la nostra casa. Occupano il 14 per cento del Brasile e a lei sembra tanto. Come giudica il fatto che i latifondisti possiedano oltre il 60 per cento del territorio?». 

A rivolgere lo scomodo interrogativo al nuovo presidente, Jair Bolsonaro, sono le comunità amazzoniche Aruak Baniwa e Apuriña in una lettera aperta diffusa ieri.

I 305 popoli indigeni brasiliani sono in allarme per il debutto del governo che a Capodanno si è insediato al Palazzo di Planalto. Terminata la cerimonia del giuramento, come primo atto, Bolsonaro ha trasferito la competenza sul processo di restituzione delle terre ai nativi dalla Fondazionale nazionale dell’indio (Funai) al ministero dell’Agricoltura. Non si tratta di una mera questione amministrativa. Il “passaggio di consegne” è uno dei cavalli di battaglia dei proprietari terrieri, a cui fanno riferimento circa un terzo dei parlamentari nazionali, riuniti nella cosiddetta “Bancada ruralista”.

Una lobby potente e combattiva, che ha tra i suoi principali obiettivi l’espansione della frontiera agricola a spese della foresta e dei suoi abitanti. A guidare il gruppo era, fino a poco fa, Tereza Cristina Corrêa da Costa Dias, ora neoministro dell’Agricoltura. A lei, dunque, toccherà decidere ora quali e quante territori saranno assegnati agli indios in usufrutto permanente. E dei quali sono questi ultimi hanno facoltà di utilizzare le risorse. Questo sistema – delineato dalla Costituzione, trentuno anni fa, al termine della dittatura militare – cerca di risarcire i nativi per gli abusi subiti. In particolare, durante la politica di “integrazione forzata” del regime che aveva causato lo sterminio dei nativi, ridotti a meno di 100mila. 
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