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venerdì 4 gennaio 2019

Ispi - Decreto Sicurezza nato per ridurre i clandestini li porterà da 500 mila a 630 mila. 130 mila irregolari in più, +26%

Il Dubbio
L'Ispi (istituto per gli studi della politica internazionale) è uno dei più importanti centri italiani di studio. Esiste da quasi 90 anni. È prestigioso in tutto il mondo. Agisce sotto il controllo del ministero degli esteri e del ministero dell'economia e della Corte dei conti.

Diciamo così: non è un centro sociale o un circolo di propaganda politica. L'Ispi ieri ha fornito le sue proiezioni sugli effetti che avrà il decreto Salvini sull'assetto dell'immigrazione in Italia. Beh, queste proiezioni lasciano senza parole: in due anni, 130 mila irregolari in più. Cioè un aumento di un quarto. Si passa da circa 500 mila a circa 630 mila immigrati irregolari ("clandestini").
Non è che ci vuole una volpe per capire che se una legge studiata per porre un freno alla clandestinità ha come effetto quello di moltiplicare la clandestinità, bisogna cambiare la legge. 
La rivolta dei sindaci si spiega anche così. L'aumento del numero dei clandestini è un problema per chi deve governare e amministrare. Magari potrà far piacere ai "caporali" o agli imprenditori senza scrupoli, che in questo modo vedranno scendere ancora il costo del lavoro in nero. 

Ma un esercito di persone senza diritti e senza doveri, che vive solo per trovare il modo per sbarcare il lunario, che non gode dello stato sociale, dell'assistenza, delle strutture di accoglienza, che non può lavorare legalmente, che deve nascondersi, diventare invisibile, voi capite che è come un carico di dinamite sistemato per far saltare gli assetti sociali, aumentare l'illegalità e per radere al suolo qualunque politica di sicurezza.

I sindaci, e in particolare il sindaco Orlando, probabilmente hanno contestato il decreto anche per altre ragioni. E cioè perché ritengono incostituzionali, oltre che inumane, alcune sue disposizioni. Come la fine dei permessi umanitari, la limitazione del diritto d'asilo, la sottrazione della cittadinanza. Probabilmente le obiezioni, diciamo così, etiche, non sono infondate. Ma sono qualcosa in più. Sono un problema di coscienza che si aggiunge a una grande questione di politica, o anche, addirittura, di logica formale.

Perciò il governo, e in particolare il ministro Salvini, farebbero bene a prendere molto sul serio la rivolta dei sindaci. Non deve immaginare che in Italia tutti gli amministratori e tutti i politici si muovano avendo in testa solo e unicamente la campagna elettorale. E quindi vanno contrastati perché danneggiano la sua campagna elettorale. Non è così. C'è molta gente, a destra e a sinistra e anche tra i 5 Stelle, che prova a ragionare, a immaginare il futuro, a cercare soluzioni. Non solo voti.

Del resto è molto difficile che scelte politiche a favore dei migranti e dei profughi possano portare voti. Non li portano. E questa considerazione è stata alla base, nella scorsa legislatura, della scelta del Pd di rinunciare alla legge - civilissima - dello Ius Soli. Dopodiché è bene evitare gli anatemi contro chi solleva dubbi morali su alcune scelte della maggioranza. 

Qualunque sia la maggioranza. Possibile che in Italia l'unica obiezione di coscienza ammessa e santificata sia quella contro l'aborto, che pure spesso lede il diritto delle donne all'interruzione della gravidanza? Io sono favorevolissimo alla legge sull'interruzione della gravidanza, che è una norma civilissima e che garantisce le donne e la loro libertà di scelta. 

Eppure non mi sognerei mai di mettere in discussione il diritto all'obiezione di coscienza per i medici cristiani, che pure spesso paralizza i reparti di ginecologia degli ospedali, e che credo - almeno talvolta non è proprio espressione di fede in Dio ma più probabilmente è un mezzo per evitare la parte meno esaltante del proprio lavoro.

Capisco che il principio è giusto e basta. Anche se se ne abusa: se la mia coscienza mi vieta una certa azione lo Stato non può impormi di compierla. E se la mia coscienza mi vieta di perseguitare un povero profugo, e mi spinge invece a rispettare la Costituzione (articolo 10, per esempio) e la Carta dei diritti dell'uomo dell'Onu, perché mai lo Stato dovrebbe impormi di non farlo, e di rispettare la legge e di violare la Costituzione?

Piero Sansonetti

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