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lunedì 21 gennaio 2019

Migranti, il dossier di Human Rights Watch: "Libia un inferno senza uscita". Ipocrisia dell'Europa, fingere che la Libia offra condizioni dignitose ai migranti

La Repubblica
La denuncia dell'associazione: "Lì abusi e terrore che proprio le politiche dell’Italia e dell’Ue hanno contribuito a creare”.
“Un inferno senza uscita”. Questa è la condizione dei migranti in Libia. La stessa che si troveranno a vivere di nuovo anche i cento salvati la scorsa notte, dopo un soccorso lanciato solo per le pressioni di Palazzo Chigi, ora diretti a Misurata.


Ma un dossier di Human Rights Watch ricorda a tutti la grande ipocrisia dell’Europa: fingere che la Libia offra condizioni dignitose ai migranti. No, in quel Paese c’è “un ciclo estremo di abuso che proprio le politiche dell’Italia e dell’Ue hanno contribuito a creare”.
Human Rights Watch documenta i gironi di questo inferno. Una grave sovrappopolazione carceraria, mancanza di igiene, malnutrizione, assenza di cure sanitarie adeguate. “Gravi violenze sono state registrate in quattro centri di detenzione nell’ovest del Paese, incluse percosse e frustate”. 

Non sono deduzioni, non sono notizie di seconda mano ma il risultato delle ispezioni condotte sul campo. Che hanno messo in luce la situazione disperata in cui sopravvivono decine di bambini, compresi alcuni neonati, “costretti in locali spartani e inadeguati in tre dei quattro centri visitati”. Quelle piccole vittime non sono un’eccezione: il 20 per cento degli arrivi totali in Europa dalla Libia è rappresentato da bambini.
“Migranti e richiedenti asilo detenuti in Libia, anche bambini, sono intrappolati in un incubo - afferma Judith Sunderland, condirettrice per l’Europa di Hrw - e i governi dell'Ue non fanno che perpetuare questo stato di cose, invece di sottrarre i migranti agli abusi”. “Mettere toppe per migliorare le condizioni in cui si trovano - aggiunge - non assolvono l'Ue dalla responsabilità di aver consentito in prima battuta un sistema barbaro di detenzione”.
Alla denuncia dell’organizzazione umanitaria, la Commissione europea ha risposto che “il suo dialogo con le autorità libiche è concentrato sul rispetto dei diritti umani di migranti e rifugiati. Ci sono stati concreti miglioramenti, pur permanendo altre sfide”.

Ma parlare di autorità libiche è un eufemismo. Tutta la Cirenaica, da dove partono i barconi verso l’Europa, è nel caos. Persino a Tripoli si è combattuto per l’intera scorsa settimana, con lanci di razzi e cannonate che hanno ucciso tredici persone e lasciato a terra 52 feriti. Il governo riconosciuto dalle Nazioni Unite appare sempre più fragile, sgretolato dalle faide interne. 

E nel Paese c’è un solo potere: quello delle milizie. Le stesse che spesso si arricchiscono con il doppiogioco: gestiscono il traffico di migranti e poi incassano gli aiuti europei per fermarlo. 

Aprono e chiudono il rubinetto degli imbarchi secondo il loro tornaconto, trattando gli esseri umani come merce da sfruttare al massimo. “Le milizie hanno terrorizzato sia i libici che i migranti mentre nessuna autorità osa tenergli testa ed assicurare giustizia”, ha detto Hanan Salah, ricercatrice esperta sulla Libia a Human Rights Watch.

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