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giovedì 12 settembre 2013

Giappone, eseguita pena di morte di un 73enne a Tokyo, è la sesta esecuzione del 2013

MISNA
Questa mattina, un 73enne colpevole di omicidio e rapina è stato il sesto condannato a morte impiccato in un carcere giapponese – in questo caso della capitale – dall’inizio dell’anno. L’uomo, nel 2004 aveva sparato, uccidendolo, a un ristoratore per sottrargli una borsa contenente l’equivalente di circa 3000 euro.

Quella di oggi è stata la terza tornata di impiccagioni dell’anno in corso. A febbraio erano stati portati davanti al boia tre detenuti e altri due in aprile.

Sono attualmente 132 i giapponesi che aspettano l’esecuzione nei bracci della morte giapponesi, ma le notizie che li riguardano sono pressoché segrete fino a impiccagione avvenuta. I periodi di attesa sono a volte molto lunghi, in un caso fino a 32 anni, in condizioni di isolamento e senza i diritti garantiti ai detenuti comuni. Abitualmente l’esecuzione avviene senza che venga dato alcun preavviso al condannato o ai suoi congiunti. Una procedura, insieme al mantenimento della pena capitale (comminata per reati di omicidio multipli o particolarmente efferati), che ha più volte portato pesanti critiche al governo di Tokyo, che dalla sua ha però un’opinione pubblica in maggioranza favorevole, come ha rilevato il ministro della Giustizia Sadakazu Tanigaki, subito dopo le impiccagioni di aprile.

Un riesame della legislazione in proposito non ha alcun posto nel programma del primo ministro Shinzo Abe, che guida dallo scorso dicembre una coalizione di centro-destra arrivata al potere con un ampia maggioranza e la cui politica economica e finanziaria gode di notevole popolarità.

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