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martedì 10 aprile 2018

"Gaudete et Esultate": "Accoglienza dei migranti imperativo della fede" - Papa Francesco

Blog Diritti Umani - Human Rights
Pubblichiamo un estratto dell'enciclica "Gaudete et Esultate" dove Papa Francesco afferma con forza la difesa della vita, non solo per chi non è nato ma anche per chi è già nato: povero, malato, anziano, vittima di schiavitù, scartato. Particolare attenzione rivolge al tema dell''accoglienza dei migranti imperativo della fede per i cattolici.


Dall'enciclica 
Gaudete et Esultate

Nocivo e ideologico è anche l’errore di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista. O lo relativizzano come se ci fossero altre cose più importanti o come se interessasse solo una determinata etica o una ragione che essi difendono. La difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. 

Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto. 

Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo, dove alcuni festeggiano, spendono allegramente e riducono la propria vita alle novità del consumo, mentre altri guardano solo da fuori e intanto la loro vita passa e finisce miseramente.

Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero (cfr Mt 25,35)? San Benedetto lo aveva accettato senza riserve e, anche se ciò avrebbe potuto “complicare” la vita dei monaci, stabilì che tutti gli ospiti che si presentassero al monastero li si accogliesse «come Cristo», esprimendolo perfino con gesti di adorazione,[86] e che i poveri pellegrini li si trattasse «con la massima cura e sollecitudine».

Qualcosa di simile prospetta l’Antico Testamento quando dice: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20). «Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv 19,33-34). Pertanto, non si tratta dell’invenzione di un Papa o di un delirio passeggero. Anche noi, nel contesto attuale, siamo chiamati a vivere il cammino di illuminazione spirituale che ci presentava il profeta Isaia quando si domandava che cosa è gradito a Dio: «Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora» (58,7-8).

Papa Francesco

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