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lunedì 29 gennaio 2018

Turchia. Il silenzio sbagliato dell'occidente sui curdi

Corriere della Sera
Difenderli non è solo una questione di giustizia, è nel nostro interesse. 
L'offensiva turca contro i Curdi in Siria
I fatti sono noti. I curdi sono stati fondamentali combattenti contro lo Stato islamico. Lo hanno combattuto perché non accettavano di finire sotto il suo giogo e per calcolo: volevano acquisire meriti davanti alla comunità internazionale allo scopo di guadagnarsi l'indipendenza politica. I duri colpi inferti allo Stato islamico negli ultimi mesi non lo hanno ancora distrutto ma lo hanno ferito a morte. Per conseguenza i curdi hanno perso valore e importanza per gli altri nemici dello Stato islamico. Per questo il vento è ora cambiato. È in corso da alcuni giorni l'operazione "Ramo d'ulivo" lanciata dalla Turchia contro i guerriglieri curdi, alleati degli americani, dello Ypg ("Unità di protezione popolare") in Siria.

I turchi considerano lo Ypg come la filiale siriana del Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, lo storico nemico che il presidente/dittatore turco Erdogan combatte con ferocia da molti mesi entro il proprio territorio nazionale. 

Obiettivo dell'operazione "Ramo d'ulivo" è liberare la città di Afrin, ora sotto controllo curdo, in territorio siriano. Ma difficilmente le ambizioni di Erdogan si placheranno. Una volta avuto ragione dei curdi siriani i turchi potrebbero, prima o poi, volere colpire anche quelli irakeni. Con lo scopo di eliminare per sempre la possibilità che al confine turco si formi uno Stato curdo indipendente capace di attrarre anche i curdi di Turchia. Non mancherebbero i complici, ossia gli Stati che ospitano minoranze curde: Iran, Irak, Siria. Nell'operazione ora in corso Erdogan gode dell'appoggio dei russi.

Gli americani, fin qui, hanno solo balbettato. Sono alleati dei curdi ma sono anche alleati (o meglio: credono di essere ancora alleati) della Turchia che è tuttora un Paese membro della Nato. Donald Trump sembra disposto, sia pure con titubanza e fatta qualche protesta di rito, a lasciare mano libera a Erdogan. 

Il presidente francese Macron ha protestato ma, nel complesso, sembra che per gli europei la questione curda sia priva di interesse. È lecito domandarsi se gli americani (e gli europei al seguito) non stiano per commettere un errore permettendo ai turchi di fare i loro comodi contro i curdi. Un errore così grave da ritorcersi, in pochi anni, contro gli uni e gli altri.

La difesa dei curdi non è solo una questione di giustizia. È nell'interesse degli occidentali. Per almeno due ragioni. I diplomatici sono spesso restii ad accettare le novità. Ma sul fronte turco la "novità" (purtroppo) c'è. Fin quando la Turchia era ancora sotto l'influenza dell'eredità di Ataturk, il fondatore della Turchia moderna, che egli volle europea, essa era alleata degli occidentali. Era un pilastro della Nato, amica di Israele, desiderosa di entrare nell'Unione europea. Tutto ora è cambiato. 

La ri-islamizzazione della Turchia era cominciata da tempo, il contro-colpo di stato di Erdogan del 2016 ne ha solo accelerato i tempi: l'eredità di Ataturk è ormai in soffitta.

[...]L'alleanza con la Russia è un tassello della sua nuova politica estera.

Si ricordi che Erdogan ebbe un ruolo nel far nascere e nel sostenere lo Stato islamico. In questo momento, per giunta, l'operazione contro i curdi di Siria non è condotta solo da truppe turche e da mercenari siriani. Stanno dando una mano a Erdogan anche le milizie armate di Al Qaeda. Non si può restare a lungo con la testa sotto la sabbia. 

Bisogna prendere atto di ciò che è diventata la nuova Turchia. Occorre che essa si trovi finalmente a fare i conti con la fermezza (fin qui inesistente) degli occidentali. I dittatori, infatti, capiscono solo il linguaggio della fermezza.
La seconda ottima ragione per difendere i curdi è che, in caso contrario, si manderebbe un messaggio demoralizzante a tutti coloro che in Medio Oriente sono impegnati, come i curdi, contro l'islamismo radicale tanto nella variante sunnita dello Stato islamico e di Al Qaeda quanto in quella sciita (Iran e i suoi alleati). 

La sfida islamista sia contro i non-islamisti del Medio Oriente sia contro gli occidentali non finirà con la sconfitta dello Stato islamico. È probabilmente destinata a durare per decenni. Appoggiare e difendere i gruppi nemici dell'islamismo radicale è nell'interesse degli occidentali. Prima lo capiremo e prima ci troveremo a disporre di una strategia di contenimento del fanatismo.

Angelo Panebianco

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