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giovedì 18 gennaio 2018

Colombia: aumentano gli attacchi contro i difensori dei diritti umani. Uccisi 156 nel 2017

InDifesaDi
La Colombia sta vivendo una tragica escalation di omicidi ed attacchi ai Difensori dei Diritti Umani, in una spirale allarmante che ha toccato il suo culmine con gli omicidi avve- nuti nella regione dell’Urabá (Colombia), gli attacchi diretti contro la Comunidad de Paz de San José de Apartadó e le minacce costanti contro i leader locali. 

La rete In Difesa Di, per i Diritti Umani e chi li Difende e varie delle associazioni ed organizzazioni che ne fanno parte e che lavorano in Colombia hanno già condiviso le proprie preoccupazioni e proposte al MAECI ed alla rappresentanza diplomatica italiana a Bogotà con la quale alcune delle organizzazioni sono in contatto costante. 

In un primo briefing si sviluppavano una serie di raccomandazioni volte a rafforzare il ruolo del nostro Paese e della sua rappresentanza diplomatica, di concerto con le altre rappresentanze diplomatiche dell’Unione Europea, nell’affrontare questa situazione, mettendo in atto tutte le misure necessarie previste dalle linee guida dell’Unione Europea sui Difensori dei Diritti Umani. Con questo briefing ci rivolgiamo nuovamente al MAECI per esprimere la nostra grande preoccupazione, nella certezza che anche l’Italia - sulla scorta delle iniziative in cantiere sui Difensori dei Diritti Umani nel contesto della presidenza italiana OSCE 2018, possa agire in questo difficile momento per promuovere la sicurezza e protezione degli attivisti minacciati, delle famiglie dei leader uccisi e delle comunità locali.

La Colombia oggi è – con altri Paesi dell’America Latina (Brasile, Messico) – uno dei Paesi con il maggior numero di omicidi di Difensori dei Diritti Umani nel mondo, come ri- scontrato dai rapporti più recenti di Amnesty International e FrontLine Defenders. 

Secondo FrontLine nel 2017 dei 313 Difensori e Difensore uccise nel mondo, ben 212 erano latinoamericani, e di questi 156 sono stati uccisi in Colombia e Brasile. Pertanto la Colombia rappresenta per la comunità internazionale ed anche per le organizzazioni della società ci- vile un importante banco di prova per quei Paesi, quali l’Italia, che hanno manifestato inte- resse e volontà di impegnarsi maggiormente nella tutela dei Difensori dei Diritti Umani, a
maggior ragione quest’anno, nel quale ricorre il 20esimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani.
Una lunga scia di sangue ed impunità
Il 26 novembre 2017 è stato ucciso il difensore della terra e del territorio Mario Castaño Bravo, membro del consiglio comunitario di La Larga Tumaradó (Urabá) e della rete Comunità Costruendo Pace nel Territorio (Conpaz). Mario Castaño Bravo è stato per anni un referente dei processi di restituzione delle terre usurpate nel Curbaradó e La Larga Tumaradó. Denunciava dal 2013 il ruolo degli imprenditori nell’occupazione illegale del territorio ed il controllo territoriale e sociale delle Autodifese Gaitaniste di Colombia (AGC), gruppo neoparamilitare, evidenziando i nessi di queste organizzazioni criminali con settori delle forze militari e di istituzioni politiche locali e l’omissione dello Stato (in particolare della Fiscalía) rispetto alla responsabilità di investigare, chiarire e sanzionare i responsabili dei delitti che vengono commessi nella regione.

A pochi giorni di distanza, l’8 dicembre, nel territorio collettivo di Pedeguita e Mancilla (Riosucio), è stato ucciso Hernán Bedoya, leader comunitario anch’egli membro di Conpaz che era stato oggetto di minacce di morte da parte delle AGC fin dal 2015. Durante il 2017, Hernán si era ripetutamente e pubblicamente opposto al mega progetto di coltivazione di banane per l’esportazione e di palma africana imposto nella sua zona, denunciando l’impatto ambientale e sociale che questo progetto comporta. In questo contesto11, vorremmo sottolineare la situazione di rischio dei membri della Comisión Intereclesial de Justicia y Paz (Cijp), evidenziata nelle numerose denunce di chiamate intimidatorie, vigilanza e pedinamenti.

Drammatico è anche il caso della Comunidad de Paz de San José de Apartadó (nella regione di Antioquia), protetta dalle misure cautelari e provvisorie della Corte Interamericana per i Diritti Umani (CIDH), che da mesi denuncia pressioni e minacce da parte di gruppi neoparamilitari ascrivibili alle AGC e la mancanza di un intervento reale e concreto da parte dello Stato colombiano per smantellare questi gruppi, come previsto dagli Accordi di Pace (Punto 3.4). Gravissimo è stato l’episodio del 29 dicembre 2017, quando 5 paramilitari - di cui tre armati - hanno fatto irruzione nella bottega del cacao della Comunità di Pace con l'intento di uccidere Germán Graciano Posso, rappresentante legale della CdP, e Roviro López, membro del Consiglio Interno. Solo il tempestivo intervento di altri membri della comunità ha permesso di evitare l'ennesima tragedia colombiana, il tutto alla presenza di due gruppi di accompagnanti internazionali che sono stati testimoni diretti di quanto accaduto. Ad oggi Germán Graciano Posso e Gildardo Tuberquía, altro membro del Consiglio Interno che ha ricevuto almeno otto minacce di morte nel 2017, dopo avere pubblicamente denunciato le azioni delle AGC, anche davanti al Congresso colombiano con il supporto di documentazione foto e video, possono muoversi nella zona solo grazie all’accompagnamento internazionale. Dopo gli ultimi eventi si teme fortemente per tutti i membri della comunità in quanto i gruppi neo paramilitari considerano ormai tutta la Comunità di Pace, proprio per la sua attività di denuncia costante delle violazioni di cui è testimone e il suo impegno per la difesa dei diritti umani, un ostacolo da eliminare. 

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