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mercoledì 3 giugno 2015

Ucraina: il caso dei 17mila "detenuti-ostaggio" nelle carceri delle terre contese

Il Messaggero
Fra le tante conseguenze prodotte dalla guerra civile in Ucraina, che da più di un anno si combatte tra autorità governative e separatisti filorussi, c'è la sorte di quasi 20mila prigionieri rinchiusi nelle carceri dei territori contesi, ora auto-proclamatisi Repubbliche popolari.
Stiamo parlando delle province che fanno capo a Donetsk e Luhansk, i due centri nevralgici di una vasta area, che occupa tutta la parte orientale del paese, e che dalla cacciata dell'ex presidente Vikctor Yanukovich ha conosciuto un succedersi di sconfinamenti da parte dell'esercito russo e di vittorie militari dei ribelli che hanno voltato le spalle a Kiev.

Ed è proprio nelle 28 carceri di questi territori che tanti detenuti (si parla di 17mila persone), alcuni in attesa di giudizio, sono stati colti alla sprovvista dalla guerra, quasi abbandonati a loro stessi, in una sorta di limbo giuridico: ne ha parlato un reportage ripreso dal Guardian, inizialmente pubblicato in russo sul sito MediaZona. 

Coloro che non sono tecnicamente né colpevoli né innocenti ora si vedono costretti ad attendere tempi più tranquilli per una migliore definizione del proprio status. Nel frattempo, gli istituti penitenziari in cui sono rinchiusi, come la Colonia penale 57 di Michurino, nella Repubblica popolare di Donetsk, sono stati pesantemente bombardati e alcuni carcerati hanno addirittura perso la vita.

"Ci hanno sbattuto in prigione e siamo piombati in una sorta di trincea" racconta uno dei detenuti. L'estate scorsa un attacco missilistico ha distrutto due blocchi della prigione, uccidendo sei persone e una guardia; per mesi, fino a poco tempo fa, nella prigione è mancata l'elettricità e l'acqua corrente; il cibo veniva portato dai parenti, gli unici a ricordarsi ancora di loro e ad occuparsene.

Ogni contatto con la capitale si è interrotto da quando i separatisti hanno preso il potere: le autorità ritengono che coloro la cui pena sarebbe terminata entro l'estate del 2014 sono riusciti ad uscire (nonostante il conflitto fosse iniziato in primavera); gli altri sono stati trattenuti. "Saremmo dovuti passare dalla parte dei separatisti - spiega un altro prigioniero - ma non molti la pensano così. Per quanto ne sappiamo, la metà di quelli che l'hanno fatto sono morti, gli altri sono tornati indietro".

L'aspetto più drammatico dell'intera faccenda riguarda quanti sono riusciti a uscire di prigione a conflitto armato in corso ma ora non hanno i documenti necessari per rifarsi una vita in Ucraina, dovendo fronteggiare svariate difficoltà.

Fin quando la guerra durerà, spiegano le autorità di Kiev, non ci sono strumenti legali per risolvere lo status giuridico di questi detenuti. "Le uniche fonti di informazione sulle condizioni nelle carceri dell'est - dice un parlamentare ucraino, membro della Commissione sui diritti umani - sono le organizzazioni internazionali e i volontari". Una delle soluzioni al vaglio del governo è un'amnistia, che darebbe alle amministrazioni carcerarie la facoltà di liberare i prigionieri. Intanto, oltre le sbarre, la guerra continua.

di Antonio Bonanata

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