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domenica 21 giugno 2015

La «pressione» della Cina sulle Ong. In carcere centinaia di attivisti

Corriere Sociale
In Cina, il giro di vite contro le Organizzazioni non governative (ONG) non sembra fermarsi. Nei giorni scorsi, due attivisti per i diritti umani, Guo Bin e Yang Zhanqing, sono stati tratti in arresto. Il primo è stato fermato a Shenzhen, il secondo nella provincia centrale dell’Henan. Tutti e due hanno collaborato con l’importante associazione umanitaria “Yirenping”, che dal 1996 si batte contro la discriminazione nel campo sanitario, in particolar modo per i diritti di persone affette da Hiv, epatite B, donne e persone disabili.
Guo Bin e Yang Zhanqing, gli arrestati
Ufficialmente i due attivisti sono stati arrestati per «attività economica illegale», ma non è chiaro il presunto crimine. Secondo Pang Kun, l’avvocato che si sta occupando della vicenda, gli arresti «sono un messaggio inequivocabile per le ONG che da tempo sono nel mirino delle autorità di Pechino». Della stessa opinione anche Maya Wang, ricercatore di “Human Rights Watch” (HRW) per la Cina che ha sostenuto: «Il messaggio è quello di infondere un senso di paura tra le ONG in modo che non osino fare nulla che possa esser percepito come una minaccia».

L’organizzazione sotto attacco
Nel marzo scorso, dopo una campagna per la liberazione di cinque attiviste di “Yirenping”, arrestate per aver portato avanti una protesta contro la violenza domestica e la discriminazione, la sede di Pechino dell’organizzazione era stata perquisita dalla polizia ed erano stati sequestrati diversi computer portatili presenti nell’ufficio. Il ministro degli Esteri cinese aveva minacciato di punire severamente l’associazione con l’accusa, anche in questo caso non chiara, «di aver violato la legge».

L’incubo di una nuova regolamentazione
In Cina, grazie alla legge emanata nel 2012 dal Ministero degli Affari civili, le organizzazioni senza scopo di lucro sono obbligate a pubblicare molto dettagliatamente ogni entrata e uscita economica, le donazioni che provengono dall’estero sono molto controllate e, in alcuni casi, addirittura vietate. Ma la situazione potrebbe ben presto peggiorare, perché il governo di Pechino ha preparato una bozza di legge ancora più restrittiva, soprattutto per le associazioni straniere che operano nel Paese. Per questo, un team di trenta avvocati, ha scritto una lettera aperta all’Assemblea nazionale del Popolo richiedendo l’immediato ritiro della proposta di legge. Secondo la bozza, tutte le ONG straniere, non solo dovranno ottenere l’approvazione preventiva della polizia, ma dovranno «assumere almeno la metà del personale da un’agenzia approvata dal governo e dipendente dal ministero degli Esteri». Anche per HRW, questa nuova legge, nella sua formulazione attuale, «limiterà arbitrariamente le capacità di lavoro delle organizzazioni internazionali in Cina».

Centinaia gli attivisti detenuti
L’amministrazione del presidente Xi Jinping – diventato leader del partito comunista alla fine del 2012 – ha detenuto centinaia di attivisti negli ultimi due anni e questo, purtroppo, sembra essere solo l’inizio della repressione contro il mondo delle ONG.

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