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venerdì 26 giugno 2015

Tortura, "Negli ultimi 5 anni ci sono stati casi in 141 Paesi e in Italia manca ancora una legge"

La Repubblica
Sostenitori e attivisti di Amnesty International in oltre 55 paesi si apprestano a svolgere eventi, iniziative pubbliche e raccolte di firme per celebrare il 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di tortura, e ricordare che sono migliaia ancora oggi le persone che subiscono la tortura in ogni parte del mondo


Roma - A 31 anni dall’ entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, ratificata ormai da 157 paesi, i governi del mondo utilizzano ancora metodi rudimentali o sofisticati di tortura per estorcere informazioni, ottenere confessioni, mettere a tacere il dissenso o semplicemente come forma di punizione. Negli ultimi cinque anni, Amnesty International ha denunciato casi, isolati o regolari, di tortura o altri maltrattamenti in 141 paesi. Dal lancio della campagna Stop alla tortura”, il 13 maggio 2014, Amnesty International ha pubblicato rapporti su Filippine, Marocco, Messico, Nigeria e Uzbekistan, paesi in cui la tortura è praticata con allarmante frequenza in un clima di complessiva impunità.

La raccolta delle firme. Il 26 giugno, Amnesty International lancerà una raccolta di firme relative a due casi di tortura:

- Yecenia Armenta, madre di due figli, che ha trascorso quasi tre anni in carcere in Messico per aver “ confessato” di aver ucciso il marito dopo 15 ore di tortura, compresa la violenza sessuale e la minaccia di violentare i suoi figli;
- Muhammad Bekzhanov, giornalista dell’ Uzbekistan, in carcere dal 1999 dopo essere stato giudicato colpevole di aver preso parte ad alcuni attentati. La condanna si è basata su una “ confessione” estorta con la tortura, tra cui i pestaggi, il soffocamento e le scariche elettriche.

L'appello al Parlamento italiano. Sempre in occasione della Giornata internazionale per le vittime di tortura, Amnesty International Italia invita ancora una volta il Parlamento italiano a fare in modo che, a oltre un quarto di secolo dalla legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, l’Italia introduca nel codice penale una normativa che preveda e punisca adeguatamente il reato di tortura. Il 23 giugno il ministro dell’ Interno Alfano, intervenendo al convegno “Sicurezza globale per lo sviluppo e la legalità”, nel rassicurare le forze di polizia che il reato di tortura non dovrebbe essere e non sarà usato per criminalizzare il loro operato complessivo, ha sottolineato l’ importanza dell’ introduzione della norma anti-tortura in Italia.

Una legge che rassicurerebbe anche la polizia. “Apprezziamo il fatto che il ministro dell’Interno riconosca la necessità della legge sul reato di tortura - si legge in un documento di Amnesty che ricorda come - l’introduzione del reato di tortura, sanzionando comportamenti criminali individuali, sarebbe nell’interesse delle forze di polizia e potrebbe contribuire a rafforzare il clima di fiducia tra la popolazione e le stesse forze di polizia”, ha detto Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia. “Dopo aver giustamente rassicurato le forze di polizia, il ministro Alfano dovrebbe anche rassicurare la Corte europea dei diritti umani, il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e la comunità internazionale nel suo complesso che c’è la volontà effettiva del governo italiano a onorare l’impegno preso ormai 26 anni fa, con la ratifica della Convenzione contro la tortura. Dopo quattro Legislature, non può trascorrerne ancora un’ altra senza il reato di tortura”, ha concluso Marchesi.

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