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giovedì 17 ottobre 2019

Italia - Carcere - Il sovraffollamento (60.000 detenuti in 47.000 posti) e l'assenza di speranza di miglioramento lo rende un luogo di grande sofferenza


LinkiestaCon 60mila detenuti per appena 47 mila posti disponibili, il nostro Paese non ha ancora trovato una risposta. Stipati spesso in meno di tre metri quadrati di spazio, il rischio che i reclusi possano presentare nuovi ricorsi alla Corte di Strasburgo è sempre più alto.
Dieci anni, senza soluzioni: l'Italia si trova costretta a dovere affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri. A conferma c'è il quindicesimo rapporto pubblicato dall'associazione Antigone sulle condizioni di detenzione "Il carcere secondo la Costituzione". 

Dopo un iniziale calo nel 2010, il numero dei detenuti presenti nelle strutture penitenziarie italiane negli ultimi due anni ha ricominciato a crescere. Al 30 settembre infatti si calcolano oltre 60 mila reclusi, con un tasso di sovraffollamento del 120 per cento. L'Italia che, con il Regno Unito, la Polonia, la Germania e la Spagna, si conferma uno dei Paesi con il numero più alto di reclusi nell'Unione europea non è riuscita dal 2013 - quando la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha emesso una condanna per trattamento inumano e degradante al pagamento di migliaia di euro di risarcimento per danni morali nei confronti di alcuni detenuti - a oggi a intervenire in modo incisivo su un problema che, stando anche a quanto dichiarato dal comitato dei ministri del Consiglio europeo, è strutturale. E che non riguarda singole celle o un numero limitato di detenuti.

"Il sovraffollamento è un problema da cui partire, afferma Aldo Di Giacomo, sindacalista del Corpo di Polizia Penitenziaria, ma è solo uno dei tanti che riguardano le carceri italiane". Se negli ultimi dieci anni ci sono stati diversi provvedimenti legislativi per ovviare alla situazione degli istituti penitenziari, anche a fronte di un netto calo dei crimini denunciati alle forze di Polizia, come l'indulto, o il tiepido intervento di depenalizzazione di alcuni reati, secondo Di Giacomo, la questione che non è mai stata affrontata è quella di chi sono i detenuti ospiti nelle 190 carceri italiane. 

"Tra i 60mila detenuti più di un terzo sono stranieri, uno su tre sono persone affette da disturbi psichiatrici, mentre due su tre sono tossicodipendenti o alcoldipendenti", denuncia Di Giacomo. Ma nel frattempo i posti disponibili nelle carceri italiane restano poco più di 50mila, un numero, diffuso dal ministero della Giustizia a luglio 2019, che non tiene conto delle numerose sezioni chiuse: Alba, Nuoro, Camerino - vuota dal terremoto che ha colpito l'Umbria nel 2016 - Como, Brescia, Taranto sono solo alcune. 

Per un totale di almeno 3mila posti non agibili che devono essere sottratti dai 50mila dichiarati dal ministero della Giustizia e che in alcuni istituti penitenziari, come denunciato dall'associazione Antigone, ci sono situazioni limite, con celle che non rispettano il parametro minimo dei tre metri quadrati di spazio per detenuto. E che lascia aperti i margini per la Corte di Strasburgo per nuove pesanti condanne.

Quello del sovraffollamento è solo uno dei tanti elementi di disfunzione delle carceri italiane. Negli ultimi due anni, nonostante il calo dei reati denunciati e la diminuzione degli ingressi nelle carceri, a peggiorare non sono solo le condizioni di vita dei detenuti, ma anche quelle di lavoro dei poliziotti penitenziari. Al drammatico aumento del numero dei suicidi tra i reclusi, si aggiunge quello delle guardie carcerarie, con casi sempre più frequenti di liti, abusi e violenze. Di detenuti in possesso di telefoni cellulari che, come denuncia Di Giacomo, permettono loro di avere contatti con l'esterno e di commettere, seppure all'interno delle mura penitenziarie, altri reati.


Chiara Colangelo e Lucio Palmisano

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