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martedì 29 ottobre 2019

Etiopia. Manifestazioni violente nella regione Oromo, 67 morti negli scontri con la polizia e in faide interetniche

Il Manifesto
Oromia in fiamme. Si radicalizza lo scontro con il tycoon Jawar Mohammed, oromo come il premier. Che ora è sotto accusa anche per non aver anticipato il ritorno da Sochi. Mentre sul piano internazionale la sua popolarità gode di una crescita esponenziale, a maggior ragione dopo il Nobel per la pace ricevuto nelle scorse settimane, sul piano interno Abiy Ahmed deve affrontare la sfida forse più seria da quando è diventato premier dell'Etiopia. 

Una sfida in arrivo proprio da quell'Oromia che dalla sua sorprendente ascesa alla guida del governo sembrava avere molto da guadagnare. Perché mai prima d'ora un rappresentante del maggiore (e maggiormente discriminato) dei gruppi etnici etiopici - Ahmed è un oromo - era arrivato così in alto.

Ma mentre Ahmed partecipava al summit russo-africano di Sochi, facendosi notare da Putin per il vivo interesse manifestato nei confronti delle centrali nucleari che Mosca va seminando in mezza Africa, in Oromia tramontava definitivamente l'idillio inaugurato dalla liberazione di migliaia di detenuti politici e dalla riapertura dei media oscurati dal precedente regime.

La grana principale per Ahmed - che ora è sotto accusa anche per non aver anticipato il suo ritorno da Sochi - fa capo proprio a uno degli attori più importanti sul panorama mediatico-politico nazionale. 

L'imprenditore Jawar Mohammed, anche lui un oromo, fondatore dell'Oromia Media Network, cittadinanza americana e un portafoglio di 1,75 milioni di followers, ebbe tra l'altro un ruolo chiave nelle manifestazioni che spianarono inizialmente la strada alla svolta e all'arrivo al potere dell'attuale premier. 


Ma ora denuncia l'esistenza di un complotto per ucciderlo, nel quadro di una spietata strategia seguita da Ahmed per eliminare i suoi rivali. Il primo ministro contro-accusa i (suoi) media di fomentare odio. Ma quando le forze di sicurezza hanno fatto irruzione a casa di Mohammed, a Addis Abeba, nell'intera regione centrale dell'Etiopia la rabbia è esplosa in forme diverse.

Scontri tra manifestanti e polizia, sparatorie interetniche, vecchie faide familiari e religiose hanno mietuto decine di vittime (l'ultima stima ieri parlava di 67 morti e centinaia di feriti) a Ambo, Goru Gotu, Arsi, Adama, Hamaresa, coinvolgendo alla fine una dozzina almeno di città dell'Oromia. 

A quel punto Mohamed per provare a riportare la calma si è rivolto ai sostenitori riuniti sotto le finestre di casa sua: "Riaprite le strade bloccate - ha detto - ripulite le città dalle barricate, soccorrete coloro che sono rimasti feriti durante le proteste e riconciliatevi con coloro con cui avete litigato". Resta da vedere se lui sarà capace di fare altrettanto con il suo premier.

di Marco Boccitto

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