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sabato 1 ottobre 2016

Ungheria vota per dire no a 1294 rifugiati, ma con 300mila euro da il permesso di soggiorno ad extracomunitari

Avvenire
Lo sapevate? Dall’inizio della crisi migratoria il numero di molestie nei confronti delle donne è schizzato in alto in Europa». La scritta campeggia su migliaia di poster pubblicati dal governo ungherese per il referendum che si terrà domani contro le quote di richiedenti asilo, otto milioni gli elettori chiamati alle urne.
Victor Orban
«Volete – si legge nel quesito referendario – che l’Ue, senza l’autorizzazione del Parlamento possa imporre l’insediamento obbligatorio di cittadini stranieri in Ungheria?». Un referendum fortemente voluto dal premier Viktor Orban, leader del partito nazionalista-conservatore Fidesz, che detiene la maggioranza assoluta nel parlamento di Budapest. Orban ha fatto del suo totale rifiuto del piano di ridistribuzione dei richiedenti asilo varato un anno fa dall’Ue la sua bandiera, insieme al muro anti-migranti costruito al confine con la Serbia. Un referendum, su questo concordano gli osservatori, fatto per cementare il suo potere interno e la sua posizione verso l’Europa, il Parlamento magiaro ha già respinto le quote di Bruxelles.

L’Ungheria avrebbe dovuto farsi carico di appena 1.294 richiedenti asilo dei 160.000 da ridistribuire da Italia e Grecia in tutta l’Ue. Una decisione contro cui Budapest ha già fatto ricorso alla Corte Ue, mentre il referendum, assicura il governo si riferisce a decisioni future. A sentire la propaganda del governo, a rischio è nientemeno che l’intero Occidente «invaso» da orde di musulmani pronti a seminare il terrore. «Più migranti ci sono – ha detto anche ieri Orban in un’intervista al canale televisivo Tv2 – tanto maggiore è il rischio terrorismo. Vogliamo che l’Ungheria resti il Paese sicuro che è ora».

Non basta, Orban ha proposto di espellere tutti i migranti giunti irregolarmente in Europa, incluso quello che hanno diritto all’asilo. «Dovremmo radunarli tutti – ha detto al portale Origo – e deportarli. Non in altri Paesi Ue, ma in territori fuori dall’Ue». Dove? «In campi finanziati dall’Ue sorvegliati da personale armato, può essere un isola o qualche tratto della costa nordafricana». Una vera e propaganda anti-migranti di Stato, che ha suscitato proteste in tutta Europa. Critiche Budapest sta avendo anche dai Paesi scandinavi, per il rifiuto ungherese di riprendersi migranti irregolari entrati nell’Ue dal suo territorio, ma anche per una legge che stride non poco con la retorica contro i migranti: pagando 300.000 euro a un fondo di Stato, un cittadino extra-comunitario può ottenere dalle autorità ungheresi il permesso di soggiorno illimitato per sé e l’intera famiglia. Dal 2013 già 9.735 cittadini extracomunitari (soprattutto russi e cinesi) hanno fatto uso di questo sistema, che oltretutto prevede la concessione di un visto per l’intera area Schengen valido 90 giorni.

Della serie: per 1.294 siriani o eritrei in fuga dalla guerra non c’è posto, per quasi 10.000 ricchi cinesi o russi sì. Intanto Amnesty International ha pubblicato un rapporto secondo il quale, si legge, «migliaia di richiedenti asilo, compresi minori non accompagnati, subiscono violenze, respingimenti illegali e detenzioni arbitrarie da parte delle autorità ungheresi, che hanno approntato un sistema palesemente destinato a scoraggiarli». «Orban – ha tuonato John Dalhuisen, direttore di Amnesty per l’Europa – ha sostituito lo stato di diritto con uno stato di paura».

L’esito del referendum non è dubbio, nei sondaggio il no è al 70%, la partita semmai per Orban si gioca sull’affluenza: se non sarà raggiunto il 50% degli aventi diritto al voto, la consultazione non sarà valida, sarebbe uno schiaffo per il premier. Il quale, invece, in caso di vittoria promette non meglio precisate modifiche alla legislazione, anche alla Costituzione, la speranza del premier è di diventare una sorta di leader di quella che definisce una «controrivoluzione» con emuli in tutt’Europa. L’opposizione, che chiede compatta di boicottare il voto, sostiene che Orban punti a elezioni anticipate se il voto andrà bene, per consolidare ulteriormente il suo potere. Per ora Bruxelles non si pronuncia, «non abbiamo mai paura di referendum democratici» ha detto pochi giorni fa il commissario europeo alla migrazione Dimitris Avramopoulos.

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