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lunedì 1 febbraio 2016

Uganda, omo e transessuali a rischio a un mese dalle elezioni

La Repubblica
I difensori dei diritti umani si schierano contro il governo. L’organizzazione Soleterre – Strategie di Pace lancia l’allarme. Le minoranze dello stato africano sono sempre più esposte a vessazioni e violenze. E l’appuntamento del 18 febbraio potrebbe portare Kampala a nuove leggi draconiane


Roma – La battaglia politica che infiamma i palazzi del potere della capitale ugandese potrebbe avere gravi ripercussioni sulle fasce più deboli della popolazione. Questo perché, a pochi giorni dal suo 30° anniversario dalla presa del potere, il presidente Yoweri Museveni, deciso a ripresentarsi e vincitore secondo i sondaggi, vuole rafforzare il consenso. A rischio è soprattutto la comunità Lgbti (Lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuali) usata in passato dallo stesso Museveni per riunire elettori attorno alla condivisa intolleranza verso i differenti orientamenti sessuali.

Duplice attacco. Nel novembre 2015 lo stato dell’Africa orientale ha approvato l’Ngo Bill, una legge che regola l’operato delle organizzazioni non governative su suolo ugandese. Già nei mesi precedenti la sua approvazione, la legge ha generato un’ondata di dissenso da parte della comunità internazionale e degli operatori umanitari poiché a causa di questa norma, le organizzazioni umanitarie perdono gran parte della propria indipendenza. Lo stato infatti, attraverso ministero degli Esteri e Consiglio nazionale, possono sospendere le attività, richiedere ispezioni senza necessità di dare una valida motivazione, avere accesso ai dati sensibili e chiudere l’ong senza la possibilità di ricorrere in appello. Una limitazione evidente dei diritti degli operatori che rischiano fino a otto anni di reclusione per le attività svolte sul campo.

Un coro di denucia. Per questo l’organizzazione italiana Soleterre, già da un anno presente sul territorio, ha deciso di schierarsi al fianco dei difensori dei diritti umani. Nonostante le difficoltà condivise da tutti gli operatori umanitari, i più a rischio sono gli attivisti per i diritti della comunità Lgbti, da sempre capro espiatorio di una politica opportunista e cieca di fronte alla sofferenza delle fasce sociali più deboli. “Il ruolo dei difensori dei diritti - afferma il presidente di Soleterre Damiano Rizzi - è fondamentale in paesi a rischio come l’Uganda. Per noi agire in loro sostegno è una priorità: solo riconoscendo e proteggendo il loro lavoro per l’uguaglianza e la giustizia sociale si contribuisce fattivamente alla democrazia e alla pace globale, condizioni necessarie per il pieno rispetto dei diritti umani e per lo sviluppo”.

Da Kato all’Anti Homosexuality Act. Da tempo la comunità Lgbti è vittima di violenze, vessazioni e rappresaglie da parte delle fasce più estremiste della popolazione. Simbolo della battaglia per i diritti Lgbti è David Kato, fondatore di un’organizzazione a loro difesa e ucciso nel 2011 a bastonate nella sua abitazione dopo che un giornale ugandese aveva diffuso la sua foto con la scritta “Impiccatelo”. Un sentimento d’odio cavalcato dal governo di Kampala che nel 2009 ha proposto la pena di morte per gli omosessuali, pena poi tramutata in ergastolo nel 2014. La legge contro l’omosessualità è stata poi ritirata in quanto decretata anticostituzionale dalla massima corte ugandese. Un sospiro di sollievo per la comunità Lgbti che però a oggi non ha visto diminuire le violenze contro gli omosessuali.

Pericolo elezioni. Il 18 febbraio, 15 milioni di ugandesi andranno alle urne per eleggere il nuovo presidente. Dopo 30 anni di potere, in molti danno per scontato la rielezione del presidente uscente che se eletto inizierebbe il suo quinto mandato. Il rischio è che la comunità Lgbti diventi un campo di battaglia decisivo per il risultato degli exit poll. Questa volta infatti Museveni deve fare bene i suoi conti. Da un lato il suo partito, il Movimento di resistenza nazionale (Nrm), spinge affinché il leader rimetta mano alla legge contro l’omosessualità dettando norme draconiane che strizzerebbero l’occhio alla larga fetta di elettorato più intransigente, dall’altra il presidente ugandese è consapevole delle ripercussioni che una tale legge avrebbe sulle relazioni internazionali del paese e gli aiuti umanitari. Inoltre tra i candidati alle elezioni c’è anche l’ex primo ministro Amama Mbabazi, primo candidato nella storia delle presidenziali ugandesi a schierarsi apertamente contro l’omofobia e la discriminazione per orientamento sessuale.

Spegnete la radio. Nel frattempo, a pochi giorni dalle elezioni, una serie di azioni coercitive del governo stanno mettendo a tacere la stampa critica nei confronti del suo operato. Le denunce da parte di giornalisti e Ong finora sono cadute nel vuoto. Anche la ong Human rights watch ha chiesto a Kampala di porre fine alle vessazioni contro la stampa e ha documentato casi di corruzione in cui esponenti del Nrm hanno pagato giornali e tv per articoli a loro favore. A questo va affiancato l’operato dei Crime Preventers, una forza volontaria composta da oltre 1 milione di civili affiliati all’Nmr, reclutati e gestiti dalla polizia, formalmente istituiti per garantire la sicurezza del paese, ma autori di assalti ed estorsioni arbitrarie nei confronti delle organizzazioni che tutelano le minoranze. “Ci uniamo all’appello che molte Ong locali e internazionali stanno rivolgendo al governo – conclude Damiano Rizzi - perché la campagna elettorale e il voto delle imminenti elezioni si svolgano in un clima libero e senza violenze, nel rispetto della legalità e del diritto dei cittadini ugandesi di poter scegliere in libertà e sicurezza i loro rappresentanti”.

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