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martedì 8 luglio 2014

Marocco: detenuto morto per sciopero fame, ministero della Giustizia sotto accusa

Ansa
Abdelati Zouhri aveva 32 anni. Arrestato alcuni mesi fa con le accuse di omicidio premeditato e associazione per delinquere e per questo condannato all'ergastolo, è morto dopo uno sciopero della fame durato 56 giorni. 

Una morte - dopo le tre, per le medesime ragioni, del 2013 nelle carceri marocchine - che, ancora una volta, ha messo sotto accusa l'amministrazione della Giustizia nel Regno, accusata di una chiusura netta nel rapporto con i detenuti, soprattutto con coloro che si ribellano apertamente alle condanne ritenendole ingiuste.

La storia del giovane è abbastanza simile a quella di tanti altri che dicono di essere stati arrestati e condannati senza che sia stata condotta una istruttoria degna di un Paese che si dice democratico e garante dei diritti civili.

Abdelati, sino al momento dell'arresto, aiutava il padre, proprietario di un chiosco per la vendita di sandwich, vicino alla stazione di Beni Mellal, centro a nord di Marrakesh. Poi le accuse, l'arresto, il processo in tempi brevi, la condanna, durissima, al carcere a vita. Poi il 13 maggio l'inizio dello sciopero della fame, per rivendicare la riapertura del processo e quindi una nuova istruttoria, anche sulla base di nuove prove che ne avrebbero attestato l'innocenza. Richieste cadute nel vuoto perché per la Giustizia marocchina tutto si era svolto nel pieno rispetto della legge. Ed allora Abdelati ha deciso di andare sino in fondo, scegliendo di morire.

L'Associazione marocchina dei diritti umani non ha dubbi su quanto accaduto, sostenendo che "la giustizia marocchina è responsabile della morte di Abdelati Zouhri", riaprendo quindi un tema che ormai è vecchio di anni e che, nel caso del giovane, però, ha degli elementi non completamente chiariti. Secondo la stessa Associazione, in passato molti detenuti hanno fatto lo sciopero della fame anche di oltre cento giorni. Perché, si chiede ora l'Associazione, Zouhri è deceduto dopo 56 giorni? Cos'ha fatto per lui il personale medico del carcere di Beni Mellal?

Domande alle quali l'Amministrazione penitenziaria ha risposto ribadendo la correttezza delle procedure e quindi dell'assistenza prestata al giovane detenuto, che è stato più volte portato in ospedale e sottoposto agli esami clinici necessari. Risposte che però non sembrano contribuire a placare le polemiche che hanno trovato fertile terreno nella situazione generale della popolazione carceraria in Marocco, che lamenta condizioni precarie e poche garanzie.

Sono molti i detenuti in carceri marocchine che scelgono lo sciopero della fame come forma estrema di protesta. Tra essi ci sono anche nove ragazzi, diplomati e in cerca di lavoro, arrestati tre mesi fa nel corso di una manifestazione contro la disoccupazione ed ancora in attesa di un processo, dove dovranno rispondere di accuse gravissime (come quella di attentato alle forze di sicurezza). Tra i detenuti che protestano ci sono anche una ventina di francesi, bloccati nelle carceri del Marocco nonostante l'esistenza di un trattato tra Rabat e Parigi che ne prevede, in casi come i loro, il trasferimento in reclusori transalpini.

di Diego Minuti

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