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mercoledì 3 aprile 2019

Migranti nel Mediterraneo, ormai è anarchia totale. Ed è l’ora più buia della storia d’Europa

Linkiesta
Migranti che dirottano le navi mercantili, i governi europei che abbandonano la missione Sophia, la propaganda che domina su tutto. Così il Mediterraneo è fuori controllo e il destino degli ultimi nelle mani di criminali. Non è morta solo la politica, nel Mediterraneo. È morta la civiltà europea.


Mediterraneo addio. Incapace di assumersi le loro responsabilità i Paesi europei chiudono di fatto l’operazione Sofia di contrasto agli scafisti seppellendo sotto un compromesso indecente interessi geopolitici, diritti umani nonché duemila anni di storia nei quali – senza i mezzi, le capacità, le reti dell’età contemporanea – il Vecchio Continente e specialmente i suoi stati rivieraschi, Italia in primis, aveva costruito i principi ordinatori del Mare Nostrum, le sue leggi scritte e le sue regole consuetudinarie, non meno efficaci.


La decisione presa dai 28 ambasciatori degli Stati membri è la seguente: pattugliamento in mare sospeso, navi ritirate, resta solo la vigilanza aerea e l’addestramento della guardia costiera libica L’Italia canta vittoria perché conserva il comando di questa missione-fantasma senza doversi far carico dei migranti ripescati. 

La Francia è soddisfatta perché pensa di prendersi la guida di Sofia fra sei mesi, sostituendoci nel rapporto privilegiato con la Libia. La Germania fa buon viso a cattivo gioco: interessi diretti non ne ha, lascia volentieri la questione agli alleati, che se la spiccino loro.


Dai prossimi giorni, insomma, nel Mediterraneo agirà la legge del più forte, grosso modo come all’epoca dei pirati saraceni. Anzi, agisce già fin da ora. Il mercantile turco El Hiblu 1 che ieri aveva soccorso un gruppo di 108 disperati e stava riportandoli a Tripoli è stato costretto a invertire la rotta dalla ribellione dei naufraghi terrorizzati dalla prospettiva del ritorno nei lager libici. Ora vaga tra Malta e Lampedusa cercando un porto che nessuno vuole dargli, ed è immaginabile cosa farà il prossimo capitano della prossima nave commerciale che incrocerà un gommone semi-affondato: si girerà dall’altra parte, farà finta di non vedere e consegnerà la sorte dei fuggiaschi agli dei, visto che tra gli uomini anche le regole primigenie del salvataggio in mare e dell’approdo sicuro sono saltate.
Consegnare il Mediterraneo a questo caos non è lotta all’immigrazione. È resa agli schiavisti, ai trafficanti, ai mostri della tratta di donne e bambini, ai Paesi che li cullano e li proteggono, a cominciare dalla Libia
Senza più la bussola di un sistema condiviso, di catene di comando sicure e adempimenti prefissati, si sgretola anche ogni certezza nell’azione pubblica. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini si è appena salvato dall’inchiesta per sequestro di persona relativa alla nave Diciotti che già se ne profila un’altra. La Procura di Roma ha trasmesso un esposto sul blocco della Sea Watch alla procura di Siracusa che a sua volta lo ha girato per valutazioni al tribunale dei ministri di Catania. Fu reato trattenere al largo per dodici giorni quella nave, con 47 naufraghi a bordo? Chi vietò l’approdo, su ordine di quale autorità, in base a quale norma?

Tra cinque minuti ciascuna di queste domande e di queste vicende sarà avvolta da un polverone tale che distinguere giusto e sbagliato diventerà impossibile. Oltre la fuliggine della demagogia, tuttavia, si avanza un interrogativo politico importante: che ce ne facciamo di esecutivi europei – tutti o quasi tutti – che risultano palesemente incapaci di costruire decisioni oltre la propaganda? Consegnare il Mediterraneo a questo caos non è lotta all’immigrazione. È resa agli schiavisti, ai trafficanti, ai mostri della tratta di donne e bambini, ai Paesi che li cullano e li proteggono – a cominciare dalla Libia – e capitolazione di un’intera civiltà nata dalla capacità di governare il mare e di dettare le sue regole a chi lo attraversava.

Il paradosso è che la rinuncia a questa millenaria prerogativa, con la consegna all’anarchia e alla prepotenza dei confini meridionali dell’Europa, è l’esito diretto del prevalere di una narrazione dichiaratamente sovranista: quella dei Paesi di Visegrad,che hanno fatto blocco contro ogni riforma delle regole sui rifugiati; quella italiana, che ha rotto i vecchi patti senza sostituirli con nuovi; quella francese, che per calcolo politico ha promosso la sterilizzazione degli interventi navali. Ma il sovrano è colui che governa gli eventi e impone la sua norma politica e morale. Qui di sovrani non se ne vedono, piuttosto si scorgono poteri fragili e rinunciatari che ostentano il manto d’ermellino e lo scettro davanti alle opinioni pubbliche impaurite ma, alla fin fine, non sanno come usarli.

Flavia Perina

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