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domenica 7 ottobre 2018

Jamal Khashoggi, giornalista saudita dissidente scomparso in Turchia all'interno dell'Ambasciata dell'Arabia Saudita

Il Post
Secondo molte fonti dei giornali americani Jamal Khashoggi sarebbe stato ucciso nel consolato saudita di Istanbul, ma per ora non ci sono prove.


Secondo le autorità turche, il giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi – scomparso a Istanbul il 2 ottobre dopo essere entrato nel consolato del proprio paese – sarebbe stato ucciso. 

Lo hanno detto fonti anonime legate all’indagine al Washingon Post (giornale con cui Khashoggi collaborava), all’agenzia di stampa Reuters e al New York Times, spiegando che l’omicidio sarebbe avvenuto dentro all’edificio. 

L’unica forma di smentita da parte dell’Arabia Saudita finora è stato un comunicato diffuso dall’agenzia di stampa di stato, che cita un funzionario del consolato non identificato, che ha definito «senza fondamento» gli articoli pubblicati dai quotidiani americani.

Jamal Khashoggi è un giornalista saudita che scrive per il Washington Post e che è stato spesso critico verso la politica estera dell’Arabia Saudita, soprattutto riguardo al boicottaggio del Qatar, alla crisi con il Canada e alla guerra in Yemen. 

Khashoggi, che ha 59 anni e per molto tempo è stato vicino all’élite politica saudita, decise di lasciare il suo paese per trasferirsi negli Stati Uniti dopo che nel giugno 2017 il principe Mohammed bin Salman divenne primo in linea di successione al trono di suo padre, l’82enne Re Salman, e quindi di fatto la persona che comanda in Arabia Saudita. 

Di recente Khashoggi si è schierato contro le campagne di arresti di attivisti e dissidenti politici e le repressioni delle libertà individuali decise da Mohammed bin Salman. Per questo temeva di essere arrestato in caso di ritorno in Arabia Saudita.

Al momento della sparizione Khashoggi, che da qualche anno vive in un esilio auto-imposto negli Stati Uniti, era in Turchia per sposarsi con la sua compagna, una donna turca di nome Hatice Cengiz. Martedì era andato al consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul per risolvere delle questioni burocratiche legate al matrimonio; era già stato al consolato il 28 settembre. 
Prima di entrare aveva lasciato il proprio cellulare alla compagna dicendole di essere preoccupato che lo avrebbero trattenuto: per questo le aveva detto di chiamare un politico turco del partito del presidente Recep Tayyip Erdoğan, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), nel caso non fosse uscito dall’edificio. Dopo quattro ore Cengiz aveva chiamato la polizia.

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