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sabato 27 ottobre 2018

L'OIM riferisce che un ragazzo somalo di 20 anni, rimandato indietro in Libia dalla Guardia Costiera si è ucciso dandosi fuoco .

Globalist
Un ragazzo di vent'anni, il cui nome è ignoto, parte di quella moltitudine di avanzi umani riconsegnati alla Guardia Costiera libica nel corso dell'ultimo anno, si è dato fuoco nel centro di detenzione di Triq al Sikka. 


Lo riferisce l'Irish Time, riportando il resoconto della Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Il ragazzo si è verdato addosso del gasolio e si è ucciso, secondo i testimoni per aver perso le speranze di poter andare in un paese sicuro.

Le fonti contattate da Irish Time parlano di veri e propri campi di concentramento, dove il cibo viene distribuito bene che vada una volta al giorno e comunque sempre a seconda dell'umore dei direttori del centro. Malattie come la tubercolosi trovano terreno fertile a causa delle condizioni igieniche disastrose e torture, violenze e stupri sono all'ordine del giorno.

Queste sono realtà da tempo confermate anche dall'Unhcr, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ma per il nostro governo la Libia è un porto sicuro in cui rispedire i disperati che noi non vogliamo. 

Grazie a Salvini e compagnia ci stiamo rendendo complici di un nuovo Olocausto di cui prima o poi dovremo pagare il conto alla Storia.

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