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mercoledì 17 ottobre 2018

Immigrazione a Firenze - Ordine del Prefetto: "Nei centri di accoglienza controllo dei pacchi (non possono contenere oggetti costosi) e rientro alle ore 20.00 (In Italia i semi-liberi tornano alle 22.00 in carcere!)"

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La Prefettura di Firenze ha emesso due circolari rivolte ai centri di accoglienza dei migranti. La prima obbliga i richiedenti asilo a rientrare nei centri entro le ore 20, la seconda chiede di controllare la corrispondenza e i pacchi loro destinati per verificare che non contengano oggetti troppo costosi acquistati online.


Contenuto e forma di queste circolari mi paiono inopportuni sul piano costituzionale. È un terreno molto delicato, che riguarda le libertà fondamentali di uomini e donne presenti sul territorio nazionale. In gioco ci sono la libertà personale, quella di circolazione, quella della segretezza della corrispondenza, che possono essere oggetto di limitazioni solo attraverso provvedimenti da parte dei magistrati.

L'anticipo alle ore 20 del rientro nei centri è una vera bizzarria. Si introduce un fuso orario speciale per i migranti, anticipando l'arrivo della notte alle otto della sera. Mi chiedo se in primavera sarà necessaria un'altra circolare per adeguarla all'ora legale.

Ancor più strana appare l'altra misura prefettizia che dispone l'apertura della corrispondenza alla presenza degli operatori dei centri. Una disposizione che non trova alcun fondamento normativo. Non mi risulta che siano in vigore "leggi suntuarie", quelle che in epoca romana regolavano i consumi e i costumi per impedire che venissero abbattute le barriere fra i diversi gruppi sociali e quindi la contaminazione tra i vari ceti.

Queste disposizioni caricano gli operatori sociali di compiti che non di loro competenza, finendo per rendere i centri di accoglienza straordinaria simili ai centri di permanenza per il rimpatrio, creando confusione nell'opinione pubblica e alimentando la discriminazione dei richiedenti asilo. Il rischio è di generare un'assimilazione delle condizioni degli ospiti dei centri a quelle previste per soggetti posti in condizioni detentive.

Emerge una tendenza ad affrontare la questione dei flussi migratori come problema di decoro e ordine pubblico, trascurando una concreta gestione dell'immigrazione: insegnamento della lingua italiana; conoscenza dei principi della Costituzione; politiche di integrazione; opportunità di lavoro.

Siamo in un tempo triste in cui, a Lodi come a Riace, enti locali e organi di governo conducono esperimenti di biopolitica, che alludono più alla nostra cattiva coscienza che al rapporto con le leggi. Non potendo operare apertamente una discriminazione nei confronti degli stranieri e delle nuove minoranze, escogitiamo provvedimenti al limite della costituzionalità e dei diritti universali, iniziative che in modo subliminale esprimono la ricerca del "capro espiatorio".

Resto convinto che una maggiore integrazione e un maggior controllo sociale possano esistere esclusivamente grazie ai piccoli centri di accoglienza, al potenziamento dei programmi di insegnamento della lingua italiana, all'impiego degli ospiti dei centri in forme di lavoro socialmente utile alla comunità e al superamento del sistema di accoglienza straordinaria, a favore di un maggior coinvolgimento dei Comuni e degli enti locali.

L'ispirazione di queste iniziative viene direttamente dai decreti e dalle dichiarazioni del ministro Salvini, creando un discrimine tra cittadini di serie A e di serie B, come nel caso delle sospensioni della domande d'asilo e la revoca della cittadinanza. A ottant'anni dalle leggi razziali, si ricomincia.


Enrico Rossi

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