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lunedì 18 novembre 2019

Bambino di 9 mesi morto per disidratazione nel campo di Moria a Lesbo. Accade in Europa

Corriere della Sera
Morire a 9 mesi di disidratazione nel 2019. Accade in Europa, sull’isola greca di Lesvos. «L’ospedale di Lesvos ci ha confermato che un bambino di 9 mesi è morto alcuni giorni fa per una grave disidratazione nel campo di Moria, in Grecia. Siamo devastati da questa nuova tragedia». 


E’ sabato sera quando l’ong Medici Senza Frontiere denuncia su Twitter l’accaduto. La notizia arriva dopo che le autorità greche hanno trasferito 424 migranti e rifugiati dall’isola di Lesvos alla terraferma nell’ambito di un piano elaborato dal governo di Atene per ridurre il numero di persone che vivono nei centri di accoglienza sulle isole.

E mentre per mercoledì è prevista l’evacuazione di altri 200 stranieri, l’agenzia di stampa Amna spiega che sono circa 15mila le persone accolte nel centro di Moria a Lesbo. Attualmente il centro ospita un numero di persone tre volte superiore alla sua capacità. Solo nel fine settimana sono più di 300 i migranti e i richiedenti asilo arrivati a Lesvos. A settembre sono stati invece oltre 10mila i migranti arrivati sulle isole, contro i quattromila del 2018, secondo dati Onu.

Come denuncia la ong Medici Senza Frontiere «le terribili condizioni di vita e la mancanza di cure adeguate» nel centro per migranti sull’isola greca sono le responsabili di questo decesso. «Oggi ci sono oltre 15.000 persone intrappolate nel campo di Moria, tra cui 5.000 minori. Dovrebbero essere allontanati da questo inferno ORA», conclude Msf. Sul campo di Moria infatti più volte sono stati presentati appelli, inchieste e interrogazioni.

E se sulle isole - Lesvos e Samos gli hotspot principali - la situazione è tragica, non va meglio a terra. Secondo la rivista tedesca Der Spiegel, la Grecia è accusata di aver respinto illegalmente 60 mila migranti ai suoi confini con la Turchia. 

Nella fattispecie, si tratterebbe dei cosiddetti «push backs», respingimenti che violano il diritto europeo e internazionale, secondo cui gli Stati hanno l’obbligo di assicurare la possibilità di presentare domanda d’asilo, con tutto quel che tali procedure comportano. 

Secondo le accuse, che sono condivise anche da alcune organizzazioni per i diritti umani, le autorità greche respingerebbero da anni illegalmente migranti al fiume Evros. L’ultimo caso sarebbe di pochi giorni fa: lo scorso 3 novembre la polizia turca aveva intercettato 252 profughi vicino al confine di Kapikule. Qui gli agenti si sarebbero resi conto che i migranti erano riusciti ad arrivare fino in Grecia: ma da qui sono stati rimandati via senza che fosse data loro la possibilità di presentare domanda d’asilo.

Sul tema migranti le relazioni tra la Turchia e la Grecia sono sempre più tese: a inizio mese il ministero degli Esteri di Ankara ha parlato esplicitamente di arresti arbitrari, di migranti picchiati, talvolta derubati dei loro vestiti e poi rispediti in Turchia senza passare dalle regolari procedure. «Abbiamo documenti e fotografie», ha aggiunto il ministero. Dichiarazioni che però vanno inserite nel quadro dei rapporti tra Ankara e Bruxelles, complicati anche dal lancio dell’operazione militare nel nord Est siriano. Il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, ha reagito seccamente: «Coloro che usano la crisi dei migranti per utilizzare i perseguitati come pedine per i propri obiettivi geopolitici dovrebbero fare più attenzione quando si rivolgono alla Grecia». La polemica, peraltro, va ad aggiungersi ai ripetuti avvertimenti lanciati dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che ha minacciato di «riaprire i confini» verso l’Europa, se l’Ue non manterrà le promesse fatte al tempo della sottoscrizione dell’accordo sui migranti del 2016, che Ankara ha chiesto di rinegoziare.
Marta Serafini

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