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mercoledì 25 dicembre 2013

Siria: la Maalula che non c'e' piu', il Natale dei rifugiati cristiani

ASCA
Roma,  Il 4 settembre un attentatore suicida di origine giordana e' esploso nei pressi di un checkpoint dell'esercito siriano aprendo la strada all'invasione jihadista di Maalula. Da allora, uno dei luoghi piu' cari ai cristiani della Siria e di tutto il Medio Oriente, e' diventato terreno di conquista di Al Qaeda e teatro di controffensive scagliate dalle forze filogovernative. 

La cittadina, edificata a 1.500 metri sulle montagne a Nord-est di Damasco e dove parte della popolazione locale parla ancora l'aramaico, la lingua di Gesu', domina la principale via di comunicazione tra la capitale e Homs, e dista pochi chilometri dal confine con il Libano. 

Li' si trovano il Santuario di Sergio e Bacco (tenuto da sacerdoti greco-melkiti) e quello di Santa Tecla, sorto intorno alla grotta santa dove secondo la tradizione locale la discepola di san Paolo passava la sua vita di ascesi e preghiera curando i malati con l'acqua di una sorgente miracolosa. 

Proprio a Santa Tecla, nei primi di dicembre, 12 suore sono state prese in ostaggio da una milizia islamiste. 

Oggi, nel giorno della vigilia di Natale, Maalula e' in gran parte un cumulo di macerie. Centinaia di famiglie sono state costrette a fuggire dalle loro abitazioni, per un bilancio che registra 1.200 cristiani uccisi e altri 450.000 sfollati. Cifre allarmanti, se si considera che la comunita' cristiana rappresenta solo il 5% della popolazione siriana. 

Un totale di 60 chiese sono state distrutte da fanatici islamisti sostenuti da cellule qaediste: e' il caso del Fronte al Nusra e dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante, entrambe - capaci di raccogliere circa 35 mila combattenti - inserite nella black list americana delle organizzazioni terroristiche. 

Il caso del rapimento di padre Dall'Oglio, il gesuita italiano sequestrato il 29 luglio scorso e di cui si sono perse le tracce, e' senza ombra di dubbio il segno piu' tangibile di una crisi giunta ormai al suo punto di non ritorno, in cui la comunita' cristiana ha finora assistito passivamente. ''Il piu' bel regalo che potrei ricevere per Natale sarebbe quello di tornare a Maalula'', dice Hneineh Taalab, a cui i jihadisti hanno ucciso il fratello e il cugino, rei di non volersi convertire alla religione islamica. 

Oggi l'esercito lealista ha ripreso parzialmente il controllo della cittadina. Il Patriarca Gregorio III Laham si riunisce regolarmente con centinaia di rifugiati in una chiesa buia e fatiscente di Damasco e prega ''per il ritorno dell'amore e della speranza''. 

''Piange coloro che sono stati uccisi'', spiega qualche residente. ''E' terribile. Siamo tutti in pericolo, i cristiani ma anche i musulmani'', afferma Laham. In questa vigilia, i pensieri vanno alla Maalula di prima, quando il Natale riusciva a raccogliere tutto il suo splendore storico. Luci, addobbi e ghirlande. Quest'anno, invece, non ci sara' alcun albero o presepe. ''Siamo rifugiati, ora - racconta un altro cristiano, Najar Fadel - siamo solo dei rifugiati''. rba/uda

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