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sabato 9 febbraio 2019

Trieste - Dal gesto disumano del vicesindaco contro i clochard nasce un gruppo di 40 volontari che li aiuta ogni giorno.

L'Espresso
“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” cantava Fabrizio De André. E questa storia che arriva da Modena merita di iniziare con una citazione del grande cantautore genovese.

Il letame da cui si parte è il caso del vicesindaco leghista di Trieste Paolo Polidori che si vanta circa un mese fa sui social network di aver buttato nel cassonetto le coperte di un clochard quando questi era lontano. Di più, l'esponente del Carroccio dichiara di averlo fatto “con soddisfazione”.

Lo stesso gesto di accanimento gratuito nei confronti di una persona in difficoltà fa indignare mezza Italia e diventa, che beffa per il leghista, la molla che fa scattare un'iniziativa di resistenza civile a Modena.

Appena letta la notizia che arrivava dal Friuli Venezia Giulia infatti, due ragazze che studiano e lavorano nella città emiliana decidono di fare qualcosa. Un gesto piccolo ma significativo: chiedere ai loro amici su Facebook se hanno delle coperte da mandare a Trieste per aiutare quel senzatetto. Il risultato? «Di coperte, cappotti e maglioni in appena 24 ore da quel messaggio sui social ce ne sono arrivati circa un centinaio» spiega a L'Espresso Rossella Giulia Caci, che insieme all'amica Chiara Ciccia Romito è la persona dietro questa storia.


Tanta solidarietà, in gran parte inattesa. Persino troppa forse, se mai ci può essere “troppa” solidarietà. E così, mentre la casa di Rossella si riempe di coperte, per la gioia della sua coinquilina, si decide di puntare un po' più in alto. Di quelle cento coperte raccolte, venti vanno a Sant'Egidio a Trieste, ma le altre ottanta rimangono in Emilia dove, tra Modena e Bologna, diventano il primo seme di un progetto per aiutare chi ne ha più bisogno.

Rossella e Chiara infatti non si fermano e continuano nella loro iniziativa. Intorno a loro si aggrega un nucleo di una quarantina di persone. Non sono un'associazione, non hanno un nome. Il loro gruppo WhatsApp si chiama “La voce degli ultimi”. 

Sono avvocati, commercialisti, studenti, ingegneri, alcuni già vicini al mondo delle associazioni e altri invece più scettici, che decidono di dare una mano a chi ne ha bisogno. Si incontrano di solito nel weekend e portano indumenti e coperte raccolti durante la settimana ai senza tetto che, magari per vergogna o per altre ragioni personali, decidono di non andare nei rifugi messi a disposizione del Comune.

«Nell'ultimo mese non c'è stato un solo giorno in cui non ci sia stato dato qualcosa per aiutare i clochard» spiega Rossella. «Ma il nostro aiuto cerca di andare anche oltre il semplice supporto di vestiario. Spesso parliamo con queste persone finite ai margini della società e con noi vengono anche alcuni bambini: una loro domanda che non ti aspetti può aprire un dialogo, abbattere un muro e creare una relazione». E tutto questo “grazie” a un vicesindaco che ha buttato in un cassonetto delle coperte.

Mauro Munafò

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