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sabato 23 febbraio 2019

Stati Uniti. Amnesty: "Via pena di morte solo per risparmiare? Ok, purché lo facciano"

gnewsonline.it
Secondo il Wall Street Journal in sei Stati degli Usa si sta discutendo una proposta - avallata anche dai Repubblicani - per abolire la pena di morte. Si tratta di Kansas, Kentucky, Missouri, Montana, Wyoming e New Hampshire. 

In Alabama se ne discuterà nei prossimi mesi. La motivazione non è legata a valori etici. "Va abolita perché costa troppo alle casse dello Stato" è l'opinione dei proponenti. Ne parliamo con Antonio Marchesi, presidente della sezione italiana di Amnesty International.

"Non bisogna stupirsi - premette Marches, negli Stati Uniti l'approccio a questo tema è molto pragmatico. In Europa i favorevoli e i contrari alla pena di morte si basano su argomentazioni di carattere filosofico, etico o religioso. Negli Usa sappiamo che la maggioranza della popolazione in linea di principio è tendenzialmente favorevole ma poi scattano altre valutazioni".

Quali?
"Si interrogano se la pena di morte sia utile o meno, se serva effettivamente come deterrente ossia se rappresenti uno strumento realmente efficace per la prevenzione dei crimini".
Una domanda a cui voi rispondete no...
"Certo, secondo noi di Amnesty International la pena di morte non funge da deterrente. Ma non lo diciamo soltanto noi, lo testimoniano anche gli studi criminologici delle Nazioni Unite. Però poi entrano in gioco anche altri fattori, per esempio nell'Illinois la pena capitale è stata abolita perché sono stati registrati troppi errori giudiziari. Badi bene, non si è trattato di un'abolizione per principio ma soltanto perché, dopo averle giustiziate, si sono resi conto che molti condannati erano innocenti".

Invece ora subentrano delle considerazioni più strettamente economiche...
"Fino a qualche tempo fa c'era chi sosteneva che la pena dell'ergastolo avesse un costo più alto per la società perché lasciare in carcere un detenuto, che ha commesso un grave crimine, voleva dire mantenerlo in vita per trenta o quarant'anni. In realtà non è così perché il modo in cui si svolgono i processi capitali, gli appelli, le istanze per la grazia, nonché l'esigenza di tenere efficienti tutte le strutture e le strumentazioni necessarie a dare la morte al condannato fanno in modo che una condanna capitale costi di più per lo Stato rispetto a una lunga pena detentiva".

E qual è la vostra reazione di fronte a questi conti?
"A noi di Amnesty International, ma posso dire a tutto il movimento abolizionista, interessa l'obiettivo finale che è quello appunto di cancellare ovunque la pena di morte. Noi siamo fermamente convinti che lo strumento della pena capitale sia ingiusto ma con quei Paesi che decidono, in maniera molto pragmatica, di non praticarla per convenienza economica, dialoghiamo volentieri. E accogliamo la loro decisione. Ci mancherebbe".
Tra gli Stati che starebbero per prendere la decisione di rinunciare definitivamente alla pena di morte ce ne sono due - Kansas e New Hampshire - che da molto tempo non fanno più esecuzioni capitali. Sembra un controsenso...
"No, perché la macchina della pena capitale è molto costosa: si devono mantenere in funzione gli strumenti che servono a mettere a morte, gli uffici giudiziari competenti, il personale, la commissione per valutare le domande di grazia, i bracci della morte. Sono settori vuoti ma ci sono. In realtà stiamo parlando di Stati che di fatto hanno smesso da tempo di fare esecuzioni capitali. Questa decisione comporterebbe lo smantellamento dell'apparato e farebbe diventare questa tendenza una scelta definitiva".

Invece c'è lo Stato del Texas che continua a praticarla convintamente e che neanche si pone il problema economico..."Sì, il Texas continua a mandare a morte, le esecuzioni sono state 559 dal 1976 a oggi. Magari decidesse di tornare sui propri passi".

Sarebbe un esempio importante anche per tutti quei Paesi che continuano a condannare a morte...

"E' chiaro. La strategia per l'abolizione della pena di morte è molto articolata, ha tempi lunghi e si procede un passo alla volta. Però oggi, nel mondo, c'è una sensibilità diversa rispetto a quarant'anni fa: nel 1975 o nel 1980 la maggioranza delle nazioni era favorevole, ormai si va verso l'abolizione".
Come si costruisce una cultura in questo senso?
"Prima le scelte devono essere fatte dalle autorità, secondo proprie motivazioni, poi una volta attuate - quando si vede che non c'è un aumento della criminalità - i cittadini si abituano al fatto di essere in uno Stato abolizionista. Normalmente il consenso all'abolizione cresce successivamente al provvedimento".

Massimo Filipponi

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