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giovedì 7 febbraio 2019

Sull'isola di Lesbo tra i profughi traditi dall'Europa. Sono migliaia in pessime condizioni in attesa di entrare nel vecchio continente

Avvenire
Nel campo di Moria migliaia di persone aspettano di entrare da rifugiati nel Vecchio continente. Si vive al gelo in baracche e container, ore di fila per un pasto. Ong e medici: situazione al limite.



Sin dal 2015 tappa obbligata soprattutto per siriani, afghani e iracheni diretti verso il Nord Europa lungo la rotta balcanica, Lesbo e le altre isole dell’Egeo restano ancora oggi fortemente sollecitate dall’alto numero di richiedenti asilo bloccati dopo l’accordo tra Ue e Turchia del marzo 2016. 

Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, nel solo mese di gennaio circa 1.640 persone, principalmente afghani, hanno raggiunto la Grecia via mare. Sono 547 quelli che sono approdati a Lesbo. Qui sorge l’hotspot di Moria, uno dei centri del sistema europeo per l’identificazione dei migranti. Allestito in una ex struttura militare, il campo dispone di 3.100 posti ma ospita cinquemila persone (a settembre novemila). È gestito dal governo greco con l’aiuto dell’esercito, ma molti servizi sono delegati a Ong spesso al collasso. All’interno è presente l’agenzia europea Easo, ma le domande d’asilo (per le quali gli appuntamenti vengono fissati per il 2020...) sono gestite direttamente dalla Grecia.
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I tempi di attesa per la richiesta di asilo variano da pochi mesi fino a un anno e oltre. A Lesbo ora ci sono 7mila migranti, contando anche l’altro campo di Kara Tepe. Solo a Moria sono 5mila, malgrado i posti siano 3.100. 


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