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giovedì 7 dicembre 2017

"La povertà non è reato" assolti 7 rom che vivevano in una baraccopoli di Milano

Avvenire
Il fatto"non costituiva reato". Lo ha detto una sentenza del Tribunale di Milano a proposito dell'occupazione abusiva contestata ai rom che abitavano nella piccola baraccopoli di via Cima. In Occasione dello sgombero del 15 marzo, sette di loro erano stati indagati per "invasione di terreni", colpevoli di vivere "all'interno di baracche fatiscenti utilizzate come dimora abituale". 


Ma ieri il giudice alla quarta sezione pennelli ha assolti. Il legale della Comunità di Sant'Egidio, che li ha difesi al processo, ha infatti invocato lo stato di necessità per salvaguardare il diritto fondamentale all'abitazione, senza causare danni a nessuno. 

Il terreno su sui sorgevano era - ed è tuttora - inutilizzato. "Dovevano riparare i bambini, non avevano alternative possibili" dice Genesa, tra gli imputati ascoltati al processo. Suo marito, invece non era indagato: la mattina dello sgombero aveva accompagnato i figli a scuola e la polizia non lo aveva trovato.

Quella di Genesa è una delle otto famiglie che abitavano nella baraccopoli, due volontari della Comunità di Sant'Egidio avevano avviato dei percorsi sociali. Tutto i minori presenti erano iscritti regolarmente dall'asilo nido alle superiori, frequentavano il doposcuola della Comunità presso la biblioteca di zona e le docce nella vicina parrocchia. Per gli adulti erano stati avviati dei percorsi di inserimento lavorativo.
Spiega Sant'Egidio:
"La sentenza  è importante perché è uno stop alla criminalizzazione della porta. Quei rom vivevano nelle baracche non per scelta ma perché poveri". 
Oggi grazie alla Comunità, le otto famiglie vivono in casa, continuano la scolarizzazione dei figli e in ciascuna almeno un componente lavora.
"La povertà non si sconfigge con le ruspe o denunce che intasano i tribunali, ma con seri progetti di accompagnamento sociale"
 ha concluso il comunicato.

Stefano Pasta

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