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lunedì 12 dicembre 2016

Algeria. Morto in carcere il blogger Tamalt, aveva criticato il presidente Bouteflika

La Stampa
Morire in carcere solo per aver osato criticare il presidente. È quanto accaduto al giornalista e blogger algerino Mohamed Tamalt. Una voce libera e dissidente che esprimeva senza filtri le sue analisi e critiche sull'Algeria e sull'operato del presidente Abdelaziz Bouteflika attraverso il suo blog, Facebook e almeno due giornali con i quali collaborava dalla Gran Bretagna. 

Mohamed Tamalt
Paese nel quale aveva continuato i suoi studi, acquisito la cittadinanza e forse anche quell'illusione di sentirsi una penna libera anche guardando al suo paese d'origine. 

L'Algeria, paese opaco, difficile da penetrare, raccontare e seguire proprio perché la voce del dissenso è soffocata così come non è concesso a tutti i giornalisti varcare la frontiera algerina.
Tamalt infatti si era dovuto rifugiare quasi in esilio in Gran Bretagna per poter scrivere liberamente del suo paese e solo attraverso alcune rassicurazioni politiche - a quanto si apprende da varie fonti - si era fidato a tornare ad Algeri. Una vera trappola. Si era infatti dovuto ricredere quest'anno quando in pieno Ramadan, il 17 giugno, fu arrestato nella capitale e in seguito condannato il 4 luglio a due anni di carcere e 200mila dinari di multa perché per il tribunale algerino, Tamalt aveva osato criticare la figura del Presidente Bouteflika.
A nulla servirono le richieste dei colleghi e non solo - in nome della libertà di stampa - per il suo rilascio, così come non servirono da attenuante nemmeno le sue condizioni di salute, molto precarie a causa della sua malattia. Per non parlare degli appelli delle varie organizzazioni internazionali dei diritti del uomo. 

Dal 17 giugno, anche le visite dei suoi parenti erano vietate e da qualche settimana aveva iniziato uno sciopero della fame, sfidando la sua malattia e chi lo aveva ingiustamente incarcerato.
Nella settimana che ricorda la giornata mondiale dei diritti umani, un'altra voce coraggiosa viene soffocata e si spegne. L'amministrazione penitenziaria parla di infezione polmonare. Amnesty International chiede alle autorità internazionali di aprire un'inchiesta indipendente.
Tamalt, intanto, non può più osare criticare il suo presidente perché ormai non c'è più. Ma il suo nome e i suoi scritti, sono nero su bianco, continuano e continueranno a viaggiare sul web attraverso i social network, da un profilo all'altro. Fino a quando invece l'Algeria continuerà a chiudersi e a credere di poter silenziare ogni sintomo di critica?

di Karima Moual

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