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domenica 30 agosto 2015

Egitto, giornalisti di Al Jazeera condannati a tre anni di carcere

Corriere della Sera
Sono l’australiano Peter Greste, l’egiziano-canadese Mohamed Fahmi e il producer egiziano Baher Mohammed. 
Il reato, false informazioni a favore dei Fratelli Musulmani

Il tribunale del Cairo ha condannato tre giornalisti di al Jazeera a tre anni di carcere. Così si conclude il processo di appello per l’australiano Peter Greste, l’egiziano-canadese Mohamed Fahmi e e il producer egiziano Baher Mohammed per il reato di aver diffuso false informazioni a favore degli islamisti dei Fratelli Musulmani e del deposto presidente Mohamed Morsi. Tra i loro avvocati c'è Amal Alamuddin, moglie di George Clooney.

La vicenda giudiziaria
I tre giornalisti furono arrestati il 29 dicembre 2013 in un hotel dove soggiornavano al Cairo e il processo iniziò il 20 febbraio del 2014. Il 23 giugno dello scorso anno la Corte d’assise condannò Peter Grestie e Mohamed Fahmi a 7 anni di reclusione, mentre Mohamed Baher a 10 anni, pena più dura perché, secondo l’accusa, era stato trovato in possesso di un proiettile. La sentenza scatenò critiche e polemiche da parte di associazioni che difendono la libertà di stampa e attivisti per i diritti e il 1° gennaio 2015 la Corte di Cassazione annullò il processo di giugno disponendo che venisse rifatto. Dopo 400 giorni di carcere, il primo febbraio 2015 le autorità egiziane avevano rilasciato l’australiano Greste e lo avevano espulso dal Paese. Gli altri due reporter erano stati scarcerati (uno su cauzione), in regime di libertà vigilata. Greste ha commentato al decisione del tribunale su Twitter: «Scioccato. Offeso. Arrabbiato. Niente di tutto ciò descrive come mi sento adesso. Una condanna a tre anni è totalmente sbagliata».
Nuova legge contro il terrorismo

L'Egitto ha approvato recentemente un nuovo pacchetto di misure per contrastare il terrorismo. La legge prevede nuove pene per chi si rende complice di complotti e atti terroristici fino alla condanna a morte, ma anche sanzioni per i giornalisti che pubblicano informazioni false o in contraddizione con quanto diffuso dal ministero della Difesa.

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