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mercoledì 19 novembre 2014

Qatar, le promesse non mantenute del governo sui diritti dei lavoratori immigrati trattati da schiavi

La Repubblica
Dopo sei mesi, niente è cambiato: salari e condizioni di lavoro continuano a violare i diritti fondamentali dei lavoratori. A dirlo il rapporto di Amnesty international. Il sistema della Kafala prevede che il datore di lavoro faccia da "sponsor" e diventi responsabile del visto e dello status sociale del migrante, innescando un sistema di ricattabilità che spesso sfocia nel lavoro forzato
Roma - A poco sono servite le promesse fatte dal governo di Doha, che a maggio 2014 aveva messo sul tavolo una serie di riforme per combattere lo sfruttamento dei lavoratori migranti, in vista dei mondiali di calcio del 2022. Dopo sei mesi, niente è cambiato: salari e condizioni di lavoro continuano a violare i diritti fondamentali dei lavoratori. A dirlo il rapporto di Amnesty international "No time extra: How Qatar is still failing on workers' rights".

Il Mondiale dello sfruttamento. Sotto accusa sono soprattutto due leggi: la Kafala e la norma che definisce le modalità d'uscita dal paese degli stranieri. Il sistema della Kafala prevede che il datore di lavoro faccia da "sponsor" e diventi responsabile del visto e dello status sociale del migrante, innescando un sistema di ricattabilità che spesso sfocia nel lavoro forzato. Nel secondo caso invece, il principale può monitorare gli spostamenti del dipendente fino al punto di poter vietargli l'uscita dal paese. Sponsorizzazione e norme d'uscita sono solo due delle gravi violazioni riportate dalle organizzazioni umanitarie. A queste vanno aggiunti salari irrisori, condizioni di lavoro insicure, abusi fisici e psicologici e povertà estrema. "Nonostante le ripetute promesse in vista della Coppa del Mondo - afferma Sherif Elsayed-Ali, responsabile Amnesty dei diritti di migranti e rifugiati - il governo del Qatar non ha ancora attuato nessuno dei cambiamenti più importanti, come l'abolizione del permesso di uscita e la revisione del sistema di sponsorizzazione abusiva".

Promesse non mantenute. Criticato da stampa, istituzioni e organizzazioni umanitarie, il governo di Doha alla fine del 2013 ha aperto un'indagine per verificare le accuse di abuso. Nel maggio 2014 lo studio legale a capo della verifica ha redatto una relazione molto dettagliata che tra le altre cose, criticava duramente il sistema di sponsorizzazione. Poco dopo, il governo del Qatar ha annunciato una serie di riforme, tra cui proposte di modifica del sistema della Kafala e del permesso di uscita e di abolire una regola che impedisce ai lavoratori di tornare in Qatar per due anni dopo la fine di un contratto. Oltre ad essere insufficienti per arginare la piaga dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, le riforme previste da Doha non sono state mai attuate. "Il tempo - continua Sherif Elsayed Ali - si sta esaurendo velocemente. Sono passati quattro anni da quando il Qatar ha vinto la gara per ospitare la Coppa del Mondo e finora la risposta sugli abusi non è andata oltre le promesse e i piani di azione. Occorre un intervento urgente per evitare che il Mondiale ponga le basi sul lavoro forzato e lo sfruttamento".

I punti cruciali. Il rapporto analizza la risposta del governo ai punti considerati cruciali per garantire dignità e diritti ai lavoratori migranti in Qatar.

- Niente è stato fatto per risolvere il problema della Kafala, dell'exit-pass
- Nulla per quanto riguarda gli abusi fisici e sessuali o per garantire un salario accettabile
- Poco, troppo poco, invece è stato compiuto per migliorare le condizioni di sicurezza ed eliminare altri tipi di abuso.

Insomma, ciò che è stato fatto finora è insufficiente. Non agendo rapidamente per contrastare la violazione dei diritti dei lavoratori, il Qatar rischia di danneggiare seriamente la sua credibilità e mettere in discussione il suo ruolo rispetto ai diritti umani".

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